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La parte solida della Terra è formata da rocce che possono essere raccolte direttamente dalla superficie terrestre o estratte da miniere sia sulla terraferma sia sul fondo degli oceani. Le rocce possono essere quelle che costituiscono una montagna sulla quale ci arrampichiamo, ma possono essere anche formate da depositi creati da una gran quantità di frammenti cementati fra di loro sui quali camminiamo ogni giorno. Le rocce sono formate dall’associazione di più minerali, sostanze solide definite da una precisa formula chimica che si trovano in natura. Di conseguenza lo studio e l’analisi delle rocce e dei minerali è molto importante, perché ci permette di definire la struttura e la composizione non solo della superficie terrestre, ma anche dell’interno della Terra. 

I minerali sono sostanze solide che si trovano allo stato naturale e possono essere formati da un solo elemento o da più elementi legati fra di loro (composti chimici). L’oro, l’argento e il carbonio sono elementi che da soli formano un minerale e si chiamano elementi nativi. Il normale sale da cucina è invece un composto chimico chiamato salgemma, cioè un minerale formato da ioni sodio e ioni cloro. Gli atomi, gli ioni e le molecole che formano un minerale sono disposti nello spazio in modo ordinato e secondo forme geometriche ben definite che vengono chiamate reticoli cristallini. La struttura del reticolo cristallino definisce la forma del cristallo che noi vediamo; questa forma dipende anche dallo spazio che ha a disposizione il minerale quando si sviluppa. Ad esempio, il salgemma o sale da cucina è un minerale formato da cristalli che hanno la forma cubica; stessa forma ha il suo reticolo cristallino formato da ioni sodio e cloro disposti nello spazio in modo alternato. La disposizione degli atomi nello spazio e come essi si legano fra loro, determina il modo in cui un minerale si può rompere o meglio si sfalda; infatti, la sfaldatura è la proprietà che hanno alcuni minerali di rompersi in particolari modi seguendo la loro forma geometrica. La composizione chimica determina anche il colore del cristallo come il giallo del topazio, il rosso dei rubini, il viola del quarzo ametista. Un’altra caratteristica di un minerale è la durezza, ovvero la sua resistenza ad essere scalfito, e viene classificata con dei numeri (da 1 a 10) con la scala di Mohs. Ai primi posti della scala troviamo minerali molto teneri che possono essere scalfiti con un’unghia come il talco, il gesso e la calcite. All’ultimo posto troviamo il diamante che è il minerale più duro esistente in natura.

Quanti minerali conosciamo?

In natura esistono moltissimi minerali: si conoscono circa 2000 specie, alcune sono rare e altre sono molto diffuse, ma solo una trentina di questi compongono le rocce della crosta terrestre. Questi minerali sono formati da diversi elementi chimici che li differenziano. In base alla composizione chimica, i minerali vengono classificati nei seguenti gruppi. I silicati sono molto importanti: solo l’8% dei minerali che costituiscono la Terra non appartengono al gruppo. Questi minerali sono sempre formati da silicio e ossigeno che possono legare alluminio, ferro, calcio, magnesio, sodio e potassio.

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Che cosa sono le rocce

I 2000 minerali conosciuti si possono aggregare fra loro in infinite combinazioni per dare origine ad un numero elevatissimo di rocce. I processi che formano una roccia non portano ad una completa separazione dei diversi minerali che la compongono, di conseguenza è difficile trovare rocce costituite da un unico minerale. Osserveremo che nella realtà le rocce sono formate da un miscuglio di minerali diversi; solo i minerali presenti in maggior quantità identificano il tipo di roccia. Ad esempio, il granito è una roccia magmatica formata da molti minerali, ma in particolare sono sempre presenti in gran quantità i quarzi, i feldspati e le miche.

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Rocce magmatiche

I 2/3 della crosta terrestre sono costituiti da rocce magmatiche che si formano dal raffreddamento di una massa di minerali allo stato fuso mischiati a sostanze gassose. Questo miscuglio si chiama magma: è composto da minerali che possono essere assai diversi, ma sempre appartenenti al gruppo dei silicati. Il graduale raffreddamento della massa magmatica comporta la cristallizzazione dei minerali e la formazione della roccia. Le strutture cristalline si formano più facilmente quando nel magma sono disciolte sostanze gassose che vengono trattenute più facilmente quando la roccia si forma all’interno della Terra.

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Rocce sedimentarie

L’azione dell’acqua e dell’aria tende a trasformare e demolire i minerali che compongono le rocce, provocando la loro disgregazione e formando frammenti di varie dimensioni che si chiamano detriti. Le acque dei fiumi e dei mari, il vento e i ghiacciai trasportano i detriti e li accumulano nelle depressioni della superficie terrestre formando inizialmente dei depositi sciolti. Nel corso del tempo i sedimenti trasportati si accumulano sopra quelli già esistenti comprimendo quelli sottostanti. I detriti compressi sono sottoposti ad una pressione che porta alla perdita dell’acqua presente tra i frammenti, così che in modo progressivo il materiale si compatta.

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Rocce metamorfiche

Le rocce sedimentarie e magmatiche, nel momento in cui si verificano movimenti tettonici, possono essere trascinate in profondità e trovarsi in condizioni di temperature e pressioni molto elevate che trasformano la loro struttura cristallina. Questo processo viene chiamato metamorfico e trasforma rocce sedimentarie e magmatiche in metamorfiche. Ad esempio, le rocce carbonatiche che subiscono il processo metamorfico formano il marmo; le arenarie e le argilliti si trasformano in rocce chiamate gneiss.

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L’interno della Terra

La Terra è un corpo sferico formato al suo interno da più strati di vario spessore (crosta, mantello, nucleo esterno e nucleo interno). Il passaggio da uno strato ad un altro è identificato da superfici di discontinuità:

  • la crosta è divisa dal mantello a circa 30-40 chilometri di profondità dalla discontinuità di Mohorovicic o Moho;
  • il mantello è diviso dal nucleo esterno a circa 2900 chilometri di profondità dalla discontinuità di Gutenberg;
  • il nucleo esterno è diviso dal nucleo interno a circa 5100 chilometri di profondità dalla discontinuità di Lehmann.

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Un terremoto, lo dice la parola stessa, è un moto, un movimento della Terra, chiamato anche sisma, dal greco “scossa”. La Terra è un pianeta “vivo”, che si muove continuamente sotto ai nostri piedi, a causa della sua dinamica interna e dei processi tettonici: basti pensare che ogni anno le coste dell’America e dell’Europa si allontanano di qualche centimetro. Normalmente, i movimenti avvengono in modo continuo e impercettibile, tuttavia a volte, a causa della resistenza offerta dalle rocce, le spinte e le deformazioni tettoniche si accumulano progressivamente, come in una molla che si carica. Al superamento della resistenza delle rocce, si verificano improvvisamente la rottura e il movimento lungo la superficie di frattura: questo provoca un improvviso rilascio di energia, che si propaga poi all’interno della Terra, producendo una serie di vibrazioni, le onde sismiche, fino a raggiungere la superficie. È proprio qui che noi percepiamo gli effetti, spesso distruttivi, talora catastrofici, dei terremoti. I punti dove si verificano rottura e movimento delle rocce sono le faglie, superfici a volte di enormi dimensioni e di estensione chilometrica, lungo le quali rocce diverse, ma anche interi continenti, spinti dalle forze tettoniche, vengono a contatto tra loro e si deformano, fino alla rottura finale. Le dimensioni delle faglie possono essere molto diverse: da enormi cicatrici che percorrono tutto il nostro pianeta segnando il contatto tra diverse placche litosferiche, a piccole superfici di pochi metri quadrati. L’energia del terremoto dipende, però, non tanto dall’estensione della superficie, quanto dall’entità del movimento e dalla quantità di energia che si era accumulata prima della rottura. In genere, però, i sismi di maggior intensità si localizzano in corrispondenza delle faglie di maggiori dimensioni. A queste in genere si accompagnano superfici di movimento più piccole, che possono provocare sismi di minore intensità, a volte come conseguenza di un sisma più importante, come accade con le scosse di assestamento che seguono l’evento principale. Il terremoto di qualche giorno fa in Indonesia potrebbe proprio essere di questo tipo, un movimento secondario, se pure di grandissima intensità, a seguito del fortissimo sisma di dicembre. Faglie molto attive, che si muovono in continuazione, possono sembrare pericolose perché generano una grande quantità di piccoli terremoti; tuttavia, sono le faglie che si muovono poco, e che quindi si “caricano” lentamente di grandi quantità di energia, quelle che dobbiamo temere di più.

Dove si verificano i terremoti

Studiando la distribuzione dei sismi più potenti, con un paziente lavoro di raccolta di migliaia di dati, negli anni Sessanta si è potuta costruire una mappa per l’intero pianeta. Questa mappa mostra che i terremoti non sono distribuiti a caso, ma quelli più frequenti e di maggior intensità si distribuiscono in fasce ben precise. Confrontando questa mappa con la carta dei margini delle placche o zolle litosferiche, si può osservare come la distribuzione dei terremoti sottolinei in modo pressoché perfetto i limiti delle placche stesse.

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Potenza e distruzione

Una stima dell’energia liberata da un terremoto viene spesso fatta utilizzando la “scala Mercalli” (in realtà, si tratta della scala modificata Mercalli-Cancani-Sieberg): è una delle prime scale elaborate per valutare l’intensità dei sismi, quando ancora mancavano strumenti più precisi (la prima versione di Mercalli è della seconda metà dell’800), ma è ormai entrata nell’uso collettivo. Non si tratta, però, di una vera “misura” dell’energia liberata: è infatti costruita sulla base dei danni causati dal sisma.

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L’energia si libera in superficie

L’energia liberata da un terremoto si propaga nelle rocce della crosta e della litosfera terrestre attraverso due tipi di onde sismiche, le onde P, o primarie, così dette perché sono le prime che giungono ai sismografi, e le onde S, o secondarie, più lente. Le onde P sono onde di compressione, simili alle onde sonore. Quando le onde interne raggiungono la superficie terrestre, si modificano, propagandosi con meccanismi diversi. Sono le onde che percepiamo noi, e quelle che provocano i danni maggiori. Normalmente, si percepiscono vibrazioni di tipo ondulatorio o di tipi sussultorio.

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Non solo terremoti

I terremoti hanno un elevatissimo potere distruttivo, da una parte per gli effetti diretti delle vibrazioni, dall’altra parte perché possono provocare numerosi effetti indiretti, a volte di entità anche superiore ai danni provocati dalle scosse. Terremoti molto forti possono indurre drammatiche modificazioni del paesaggio, innescando frane, aprendo crepe nel terreno, deviando corsi d’acqua e provocando per questo alluvioni, innescando o sommandosi a eruzioni vulcaniche. Si possono formare geyser di sabbie e fango liquefatti dalle vibrazioni, i cui getti a volte superano i 6 metri di altezza.

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Localizzare un terremoto

L’ipocentro è il punto, in profondità nella Terra, dove si è verificata la rottura che ha provocato il terremoto. L’epicentro è il corrispondente punto sulla superficie. Normalmente la zona dell’epicentro è quella che registra i danni più gravi, mentre l’intensità del terremoto si affievolisce allontanandosi. Lo studio dei tempi di arrivo delle onde in stazioni poste a distanze diverse dall’epicentro permette di determinare con precisione la posizione dell’ipocentro e anche il meccanismo del movimento che ha prodotto il terremoto.

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Corsi e ricorsi storici

I terremoti, proprio perché legati a situazioni geologiche e tettoniche, tendono a ripetersi nel tempo nelle medesime aree, spesso con modalità simili. È molto importante, quindi, raccogliere i dati storici di eventi sismici che vadano il più indietro possibile nel tempo. Alcuni studi geologici permettono anche di ricostruire eventi sismici di un passato ancora più lontano, studiando, per esempio, particolari forme del terreno, antiche frane o la rottura di concrezioni all’interno di grotte. Vengono in questo modo costruite delle mappe, per ogni regione, dei sismi del passato, che permettono di costruire delle carte di rischio sismico, realizzando la cosiddetta zonazione sismica.

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La zonazione sismica

Conosciuti i tempi di ritorno dei sismi in una data zona, tutte le costruzioni umane dovranno tenere conto di questo e si dovranno mettere in opera opportune difese, prima fra tutte la realizzazione di costruzioni antisismiche. Esempi di costruzioni antisismiche sono antichissimi, come si osserva, per esempio, nelle mura incaiche di Cuzco, in Perù. Una costruzione antisismica, naturalmente, non potrà resistere a tutti i terremoti possibili: per essere davvero sicura, è sufficiente (e necessario!) che possa resistere al sisma di massima intensità mai registrato nella regione.

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Prevedere i terremoti

A parte le previsioni che possono essere fatte su base statistica, analizzando gli eventi storicamente avvenuti, i movimenti che generano un terremoto non sono in genere improvvisi, ma sono preceduti da una serie di segni premonitori che, se percepiti in tempo, possono aiutare a prevedere il verificarsi dell’evento. Purtroppo, però, questi sintomi sono spesso così flebili e rilevabili solo strumentalmente, da passare spesso inosservati. Inoltre, nessuno di questi è in grado di predire con esattezza la data e l’ora di un terremoto, cosa che rende molto difficile programmare gli allarmi e le eventuali evacuazioni delle popolazioni.

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Allarmi internazionali

In Italia è attiva una rete di stazioni di rilevamento sismico gestita da enti di ricerca pubblici e da università; in particolare, l’Istituto Nazionale di Geofisica gestisce le 32 stazioni di monitoraggio nazionale, distribuite sul territorio italiano e collegate in tempo reale con la sede centrale di Roma. Dal 1981 è attivo il Gruppo Nazionale per lo studio dei problemi inerenti alla difesa dei terremoti, promosso dal Consiglio dei Ministri, mentre il Servizio Sismico Nazionale ha il compito di vigilare sull’esecuzione della legge sismica che regolamenta la normativa edilizia in campo sismico.

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I terremoti in Italia

L’Italia è, come ben noto, un Paese particolarmente esposto al rischio sismico. Il Mediterraneo è infatti stretto nella morsa tra due giganti, l’Africa e l’Europa, che inesorabilmente si avvicinano l’una all’altra. Il contatto tra le due placche ha già creato, in passato, la catena alpina; quindi, è evidente che le forze in gioco sono tutt’altro che trascurabili. Esistono importanti zone di subduzione, come nell’arco alpino, al di sotto della pianura padana e in una fascia che va dalla Sicilia all’Egeo.

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I calcari, le arenarie e le rocce ignee facilmente lavorabili sono spesso impiegati nella costruzione di murature speciali, ovvero nella costruzione di cornici, frontoni, colonne e pilastri di palazzi. In certe costruzioni rustiche, specialmente in montagna, si adoperano sottili lastre naturali di ardesia in sostituzione delle tegole. In opere edilizie sontuose o in costruzioni monumentali è molto diffuso l’impiego di marmo, tufi calcarei e alabastro. Per rivestimenti pregiati si adottano rocce sedimentarie dai disegni molto aggraziati dette “onici”. Rocce magmatiche, metamorfiche e soprattutto calcaree, facilmente lucidabili e resistenti all’usura vengono utilizzate per le pavimentazioni di interni; mentre per le pavimentazioni stradali in pietra si possono utilizzare ciottoli fluviali o rocce ancora più resistenti come i graniti, i porfidi, le sieniti e gli gneiss. Ghiaia e pietrisco sono utilizzati per le massicciate stradali e ferroviarie (il fondo su cui poi viene posato l’asfalto o i binari). Per la difesa di rive fluviali o lacustri o di litorali marini, si usano comunemente grandi massi di roccia molto resistenti e pesanti, soprattutto rocce effusive e metamorfiche compatte e scure.

Lavorazione del ferro

Il ferro allo stato puro è raro in natura, ma si trova più spesso combinato con altri elementi in minerali, detti minerali di ferro, tra cui i più importanti sono l’ematite, la limonite, la magnetite, la pirite e la siderite. La prima fase di lavorazione dei minerali di ferro avviene negli altoforni e porta ad un prodotto particolare detto ghisa. L’altoforno è costituito da due tronchi di cono uniti per la base, impiantati su una base cilindrica. È una costruzione muraria alta dai 20 ai 30 metri, con un diametro di 8-10 metri.

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Mattoni e ceramiche

Le argille vengono utilizzate come materie prime in diverse produzioni industriali, in particolare nella produzione delle ceramiche e dei laterizi (essenzialmente mattoni, tegole e mattonelle). Assai importanti dal punto di vista economico sono pure le bentoniti, argille particolari prodotte dall’alterazione di depositi di ceneri vulcaniche in ambiente lacustre. Queste vengono utilizzate nei lavori di perforazione del suolo (in quanto sono in grado di sostenere le pareti del foro), per la costruzione di stampi da fusione nelle fonderie, oppure nel processo di cracking del petrolio come catalizzatori.

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Le rocce come isolanti

Tra i materiali più usati come isolanti, soprattutto in passato, c’è l’amianto. In effetti è un minerale particolarmente resistente alle alte temperature, utilizzato per la preparazione di cartoni, tessuti e funi incombustibili. Dal 1994 è tuttavia vietato ogni impiego di amianto, in quanto questo materiale disperde nell’aria fibre nocive per la salute, che provocano gravi malattie all’apparato respiratorio. Di più recente utilizzo sono invece la vermiculite e la perlite. La vermiculite è un minerale molto ricco d’acqua che viene “espanso” per riscaldamento a 900 – 1000°C.

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Cemento e gesso

I leganti sono prodotti utilizzati nell’edilizia. Queste sostanze, impastate con acqua, permettono di ottenere malte che, in seguito ad un fenomeno chimico particolare detto “presa”, induriscono e acquistano resistenza meccanica. I leganti vengono distinti in aerei e idraulici, a seconda che il fenomeno della presa avvenga a contatto dell’aria oppure dell’acqua. I calcari rappresentano la materia prima per la preparazione della calce aerea, utilizzata per ottenere la nota malta utilizzata nell’edilizia.

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Il vetro

La materia prima fondamentale per la preparazione del vetro è la silice. La silice è presente in natura nelle sabbie e in alcune rocce compatte (quarziti). Le sabbie utilizzate devono essere molto pure e fini. I materiali, polverizzati, vengono riscaldati fino a 1200 – 1400°C in opportuni forni fusori. Dopo la fusione la massa viene lasciata riposare a 1400 – 1500°C per diverse ore. Quindi, dopo un lento raffreddamento, viene sottoposta a foggiatura.

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Gemme e pietre preziose

La gemma in assoluto più preziosa è il diamante, composta da carbonio. Le caratteristiche che lo rendono così pregiato sono l’elevata durezza, l’inalterabilità, la lucentezza e la trasparenza. I più comuni diamanti sono in genere incolore, tuttavia i più abbondanti in natura hanno una pallida colorazione sul giallo o marrone. Diamanti rossi, verdi e blu sono estremamente rari e costosi. L’India è il paese dove sono stati scoperti i primi giacimenti di diamante; ora questi giacimenti sono quasi del tutto esauriti, mentre rilevanti sono le estrazioni in Brasile e Sudafrica.

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Con il termine di giacimenti minerari si indicano quelle zone in cui vengono estratti dal sottosuolo i minerali e le rocce utilizzati dall’uomo. È bene precisare che, dal punto di vista formale, siamo in presenza di un giacimento minerario solo se la qualità e quantità di rocce e minerali presenti consente all’uomo lo sfruttamento economico di quella risorsa. Alcuni minerali metallici sfruttati in campo industriale (come, ad esempio, il mercurio) si trovano ormai in quantità e zone limitate, e potranno quindi esaurirsi nel giro di pochi anni, rendendo obbligatoria la pratica del riciclo o la loro sostituzione con altre sostanze.

Sfruttare un giacimento. Prima di iniziare lo sfruttamento di un giacimento minerario deve essere eseguita una serie di analisi sul suolo e sottosuolo della zona. Si comincia necessariamente con una attenta osservazione delle cartine geologiche della località d’interesse. Una carta geologica illustra, mediante differenti colori, l’area di ciascuna formazione rocciosa, mettendo in risalto le linee di contatto tra rocce diverse per tipo ed età. La scelta di una determinata zona, dove sorgerà una cava, dipende dalla qualità e dall’abbondanza della roccia, nonché dalla maggiore o minore facilità di poterla raggiungere attraverso le grandi linee di comunicazione (linee ferroviarie, porti, autostrade) per poter distribuire con facilità e a basso costo il prodotto. Ciò che guida questo tipo di scelta è principalmente il calcolo economico, che porta a insediare attività nelle zone in cui le condizioni economiche per l’estrazione e il trasporto del materiale risultano essere le più convenienti. Ancor prima di dare inizio all’estrazione, vengono prelevati campioni di roccia, analizzati in laboratorio per determinarne le proprietà fisiche e meccaniche. Le coltivazioni di una cava possono essere a cielo aperto oppure in sotterraneo. Nelle coltivazioni a cielo aperto si scava progressivamente il terreno, partendo dall’alto, costruendo in questo modo gradoni alti dai 10 ai 20 metri. Quando la risorsa si trova invece a grandi profondità, si procede con la coltivazione in sotterraneo (miniere).

Giacimenti e miniere in Italia

In Italia la maggior parte delle miniere esistenti all’inizio del 1900 è stata ormai chiusa. Apprezzabili giacimenti di mercurio (sotto forma di cinabro) sono presenti sul Monte Amiata, il cui sfruttamento è terminato negli anni ’70 del secolo scorso, e minerali di fluoro (fluorite) venivano estratti nelle miniere sarde di Silius fino a pochi anni fa. Invece, le miniere di ferro (presenti a Cogne, in Val D’Aosta, nell’Isola d’Elba e in Sardegna) e di carbone (nella zona del Sulcis, in Sardegna) sono state abbandonate a causa della bassa concentrazione di minerale presente e dei maggiori costi di produzione rispetto ad altri giacimenti situati all’estero.

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I combustibili fossili

La moderna società industriale consuma notevoli quantità di energia per il riscaldamento, i trasporti e le industrie. Le fonti di energia principali sono le sostanze naturali combustibili, ed in particolare quelle che hanno una resa energetica maggiore sono i combustibili fossili. I carboni fossili sono sostanze che si sono formate nel sottosuolo da materiale vegetale proveniente da antiche foreste che hanno subito processi chimici e fisici per milioni di anni. In questo periodo, il materiale vegetale perde idrogeno, ossigeno e azoto, mentre si arricchisce di carbonio, aumentando così il suo potere calorifico.

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I metalli

L’uomo estrae dal sottosuolo molti minerali dai quali ricava, attraverso opportune tecniche di raffinazione, sostanze per costruire manufatti, macchinari e strumenti. Un esempio sono i metalli (ferro, rame, alluminio, zinco, cobalto, manganese titanio, cromo e platino) che si lavorano con facilità e hanno la capacità di condurre corrente elettrica. Nella maggior parte delle rocce i minerali utili sono presenti in modesta quantità, per cui l’estrazione è conveniente solo nel caso in cui il minerale necessario abbia formato un giacimento.

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Sfruttare il sottosuolo

Tutte le risorse del sottosuolo hanno la caratteristica di essere esauribili in tempi più o meno brevi. Anche le rocce e i minerali, quindi, non potranno essere estratti all’infinito dall’uomo. E anche per essi, come per l’energia, vale la raccomandazione di farne un utilizzo oculato, efficiente, privo di sprechi e soprattutto di incentivare e praticare, ove possibile, il riciclo dei materiali. A parte la questione della disponibilità limitata delle risorse del sottosuolo, vi è un problema più generale e, in alcuni casi ben più importante, di inquinamento associato all’attività di estrazione.

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Ripristino di una cava

Nel caso di una cava a cielo aperto in un’area pianeggiante, l’area escavata può essere riempita in parte con lo stesso terreno vegetale in precedenza asportato e ricoperta con humus agricolo. Per questo motivo durante la coltivazione della cava si deve cercare di non mescolare il terreno vegetale asportato con il materiale di scarto. Se, invece, il fondo dello scavo di una cava in argilla viene a contatto con una falda freatica, si può cercare di destinare l’area di scavo ad un laghetto. Questi bacini, residuati dall’attività estrattiva, possono essere adibiti a pesca sportiva, tempo libero, itticoltura, uso irriguo, oasi naturalistica, o, se di una certa grandezza, a sport nautici.

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Sottosuolo

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Sottosuolo Junior

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