Il Parlamento europeo dice che negli oceani fluttuano 150 milioni di tonnellate di plastica e che una valanga di materiale plastico, del peso stimato di 5-12 milioni di tonnellate, finisce in mare ogni anno. La plastica in mare colpisce la pesca e il turismo provocando un danno economico calcolato tra 259 e 695 milioni di euro. Quali danni alla fauna? Agli ecosistemi? I rifiuti di plastica feriscono gli animali che possono restare intrappolati nei pezzi più grandi o tra le reti da pesca abbandonate. Pezzi di plastica possono essere ingeriti e uccidere uccelli, mammiferi e pesci. Uno dei problemi principali è il fatto che la plastica non si decompone, non esistono in natura organismi capaci di digerire completamente le materie plastiche, e questo perché si tratta di sostanze artificiali e di recente invenzione, la Natura non ha avuto modo di evolvere sistemi per smantellarla. Infatti la plastica non si decompone ma si sbriciola: l’azione dei raggi ultravioletti, dell’abrasione, della pioggia e del vento, sminuzza la plastica in pezzetti sempre più piccoli: le microplastiche. Queste briciole di plastica misurano da un micron (un millesimo di millimetro) a un millimetro. Nel mare, le microplastiche entrano nella catena alimentare perché pesci, molluschi e crostacei le scambiano per plankton e se le mangiano. E dal mare la microplastica entra nelle nostre cucine. Non solo, c’è microplastica nell’acqua che beviamo, nelle bibite, nel sale.
E che dire delle balene? Loro che per nutrirsi filtrano ettolitri di acqua per ogni boccone, quanta microplastica mangiano? Un gruppo di ricercatori californiani ha pubblicato la risposta sulla rivista scientifica Nature Communications. La balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) è l’animale più grande del mondo, misura fino a 24 metri di lunghezza e pesa fino a 150 tonnellate. Per nutrirsi riempie l’enorme bocca di acqua di mare (fino a 80.000 litri) e la spinge con la lingua (il muscolo più grande del regno animale) verso i fanoni che espellono l’acqua e trattengono le particelle alimentari, come il krill, costituito da piccoli gamberetti, e pesciolini. I fanoni formano un sistema di filtraggio molto efficiente, infatti, oltre al cibo, trattengono anche una grande quantità di frammenti di plastica. I ricercatori stimano che le balenottere azzurre possano ingoiare fino a 10 milioni di pezzi di microplastica ogni giorno per un totale di 43,5 chilogrammi. Si potrebbe pensare che la maggior parte della plastica ingerita dalle balene provenga direttamente dall’acqua. Invece si calcola che solo una piccola parte della plastica ingerita venga dal mare, il resto, il grosso, si trova negli organismi divorati dalle balenottere.
I ricercatori hanno studiato anche altre specie di cetacei, come le balenottere comuni (Balaenoptera physalus) e le megattere (Megaptera novaeangliae) ma nessuna come la balenottera azzurra ingoia, in proporzione, più plastica. Cosa comporta l’ingestione di quella grande quantità di plastica per la salute dei cetacei non è ancora chiaro. È probabile che tentare di digerire qualcosa di non digeribile determini un dispendio energetico supplementare e che i frammenti di plastica, migrati nello spesso strato di grasso che difende le balene dal freddo delle acque, possano influire negativamente sulle capacità di isolamento. Ciò che è certo è che la plastica nell’ambiente è tra i fattori inquinanti più importanti e persistenti.
A cura di Andrea Bellati
Fonte: https://rdcu.be/cZjrY