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La maledizione blu, storia di un cristallo di carbonio

21 novembre 2023
3 min di lettura
21 novembre 2023
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I diamanti sono cristalli di carbonio forgiati tra le rocce dal tempo e dal fuoco. “Diamante” deriva da una parola greca che significa indomabile, indistruttibile. Si formano nella litosfera, a 140-190 chilometri sotto la superficie terrestre dove la temperatura arriva a 1.300 gradi centigradi e la pressione esercitata dalle rocce è di 50.000 bar, ovvero quasi 23.000 volte quella dell’aria nelle gomme di un’automobile. Al primo piano del Museo Nazionale di Storia Naturale Smithsonian di Washington c’è un oggetto speciale e unico sulla Terra: è il diamante Hope, anche noto come il Blu di Francia.

Si tratta di una pietra dal colore blu intenso, incastonata in un ciondolo pieno di diamanti trasparenti. Il valore inestimabile non è determinato tanto dalle dimensioni, pesa solo 45,52 carati ossia poco più di 9 grammi, ma dalla sua bellezza assoluta e dalla sua storia secolare e spaventosa. Il diamante Hope ha la fama di essere il più potente porta sfortuna del pianeta. Fu scoperto nelle miniere di Golconda, nell’India Meridionale, una città ora in rovina ma che un tempo era sinonimo di prosperità, tanto era ricca grazie ai diamanti. Inizialmente era enorme: una pietra blu di 115 carati, 23 grammi. Secondo la leggenda, il diamante era uno dei due occhi della statua che raffigurava una divinità indiana molto potente e vendicativa. Nel 1642 un mercante francese lo staccò dal volto della statua: il dio non la prese bene e maledisse il diamante per l’eternità. Chiunque avesse toccato la pietra avrebbe fatto una brutta fine. E non si sa se fu per caso o per via della maledizione ma davvero morirono in molti. Al rientro in Francia, il mercante cadde in disgrazia e morì. Il diamante passò nelle mani di re Luigi XIV, meglio noto come il Re Sole. Il Re, che lo fece tagliare a forma di cuore dimezzandone il peso, morì anziano ma di morte atroce così come il suo successore Luigi XV, che ereditò regno, gioiello e maledizione. Maria Antonietta ne fece un ciondolo ma da quel collo il diamante si staccò insieme alla testa della sfortunata regina quando durante la Rivoluzione francese fu ghigliottinata col marito, Re Luigi XIV. Nei tumulti rivoluzionari, il diamante si perse e si narra che i molti disgraziati che ebbero la sfortuna di possederlo, fecero una brutta fine. Ma questa è leggenda. I primi documenti certi sono del1839 quando il diamante fu acquistato da un nobile inglese, Lord Hope che battezzò la pietra col suo nome, la fece tagliare ulteriormente fino alle attuali dimensioni. La famiglia Hope cadde in disgrazia e fu costretta a vendere il gioiello. Questo passò per diverse mani, morì altra gente in circostanze a volte raccapriccianti e finalmente fu comperata da Pierre Cartier, il famoso gioielliere. Cartier vendette la pietra a McLean un ricco signore, proprietario del Washington Post, uno dei quotidiani più importanti degli Stati Uniti. Dopo aver sterminato la famiglia McLean, con una serie di incidenti e suicidi, il diamante fu venduto a Harry Winston, il gioielliere più noto d’America soprannominato il re dei diamanti. Quando Marilyn Monroe cantava che “I diamanti sono i migliori amici di una ragazza”, in un verso della canzone rivolgeva una supplica proprio Winston, il Re delle pietre luccicanti. Nel 1958, Winston donò il gioiello allo Smithsonian Museum dove tuttora è esposto in una teca a prova di ladro. Winston inviò la pietra al Museo con una normale spedizione dell’ufficio postale: un pacchetto di carta marroncina che conteneva la pietra inestimabile, con tutti i suoi timbri e i francobolli e che ora è in mostra al Museo insieme al mitico diamante blu.