Alle scuole elementari impariamo che nulla si crea e nulla si distrugge. È una frase che abbiamo sentito talmente tante volte che ormai ci sembra un proverbio della nonna. Di solito alle medie il professore di scienze aggiunge anche un ma tutto si trasforma.
Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, significa che la materia sulla Terra è sempre la stessa da miliardi di anni e diventa prima una cosa e poi un’altra in un serie di continue trasformazioni. Per esempio, un po’ del calcio che si trova nelle mie ossa un tempo faceva parte di una roccia, poi forse è stato in un dinosauro, si è fatto un giro nell’oceano prima di far parte di una fragola, di un dito di Giulio Cesare, di uno scarafaggio… Questo movimento di materia è alimentato dall’energia del Sole. La vita funziona grazie all’energia che introduciamo con il cibo e che, in definitiva, deriva dal Sole. A bene vedere siamo proprio delle macchine a energia solare. Tra gli esseri viventi, il Sole e la Terra c’è uno scambio continuo di materia e di energia. Tra chi mangia e chi è mangiato nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Il padre di questo principio eterno è il più grande chimico di tutti i tempi, il francese Antoine-Laurent de Lavoisier che nel 1789 scrisse il primo, monumentale libro di chimica. La frase di Lavoisier si applica bene alle catene alimentari che studiamo alle scuole elementari: l’energia del sole fa crescere le piante, gli erbivori mangiano le piante, i carnivori mangiano gli erbivori e i decompositori mangiano la materia morta e la rimettono in circolazione. È un ciclo perfetto e dinamico: c’è chi mangia e chi è mangiato e alla fine muoiono tutti.
Anche Lavoisier morì: l’8 maggio del 1794, fu ghigliottinato in piena Rivoluzione Francese. Il grande scienziato aveva scoperto cose incredibili: capì che l’acqua è fatta di molecole piccolissime formate da due elementi che chiamò idrogeno e ossigeno; studiò le cose che bruciano e scoprì che la combustione assomiglia moltissimo alla respirazione degli animali perché l’una e l’altra hanno bisogno di “aria“: senza “aria” la fiamma si spegne, così come la vita. Inventò il modo per dare un nome ai composti chimici ed è lo stesso che usiamo ancora oggi. Comprese che l’atmosfera è una miscela di gas costituita principalmente da azoto e da ossigeno. Si occupò di fisica, di economia, di agraria, di istruzione e sanità pubblica. Creò una scienza, la chimica, e le dedicò la vita. Fu il primo a mettere in dubbio l’esistenza del flogisto, una sostanza misteriosa e immaginaria che si liberava dalle fiamme e che era stata inventata per spiegare che cosa è il fuoco.
Ma Lavoisier era anche “fermier général” cioè un esattore delle tasse e per questo fu arrestato e giudicato colpevole dal Tribunale della Rivoluzione. Ma è probabile che dietro alla morte dello scienziato ci fosse l’invidia di un certo Jean Paul Marat, un rivoluzionario, un uomo di potere detto Amico del Popolo. Marat era uno scienziato ambizioso e mediocre, credeva nel flogisto ed era molto criticato dalla comunità scientifica. La fama luminosa del grande Lavoisier schiacciava Marat in un angolo, dove covava invidia, rancore e un sentimento di vendetta. Appena ne ebbe l’occasione, Marat facilitò volentieri la condanna di Lavoisier. Si narra che alle suppliche per salvarlo il presidente del Tribunale abbia risposto: “la Repubblica non ha bisogno di scienziati.”
Ma nulla si crea e nulla si distrugge, nemmeno il male: anche Marat fece una brutta fine. Fu pugnalato mentre faceva il bagno nella vasca dalla giovane rivoluzionaria Charlotte Corday. Il delitto ha ispirato gli artisti e la scena è stata ricostruita dal pittore Jaques-Louis David nel celebre quadro che mostra Marat pallido a mollo nell’acqua, mentre stringe tra le mani un foglio con gli ultimi appunti e il nome della sua assassina. Edvard Munch, quello che dipinse il famosissimo Urlo, ha ritratto Charlotte in piedi, accanto alla vasca con dentro l’Amico del popolo morto. In questa terribile storia, anche Charlotte non poteva che finire male: fu ghigliottinata pure lei.
Il grande matematico e astronomo italiano Joseph-Louis Lagrange, amico di Lavoisier, quando seppe della morte del chimico francese disse: “Sono bastati pochi istanti per tagliare quella testa, ma ci vorrà almeno un secolo perché ne rinasca un’altra uguale”.
A cura di Andrea Bellati