1314723933

Interessanti paesaggi non li possiamo osservare solo sulla superficie terrestre, ma anche nelle profondità della Terra. Parliamo di cavità sotterranee, di grotte, molto importanti per diversi aspetti. Ogni modificazione di quanto circonda la grotta, come movimenti tettonici, variazioni climatiche, modificazioni della topografia, provoca modifiche all’interno dei sistemi carsici, che tendono a rimettersi in equilibrio con la nuova situazione. Le grotte non sono quindi qualcosa di stabile e immutabile nel tempo e nello spazio e occorre tenere sempre presente che si sono formate in situazione topografiche e climatiche ben diverse da quelle attuali. Lo studio dei sedimenti trasportati all'interno delle grotte, con le loro caratteristiche, la loro composizione, il loro contenuto fossilifero, permette di ricostruire le variazioni dell'ambiente e del clima della superficie. Gli acquiferi carsici rappresentano un'importantissima risorsa idrica in moltissime regioni della Terra: le zone carsiche, infatti, sono, per loro stessa natura, prive di acque superficiali e tutta la circolazione idrica avviene in profondità. Si tratta, però, di risorse molto delicate da utilizzare e da proteggere. Gli acquiferi carsici, infatti, per alcune loro caratteristiche, sono particolarmente vulnerabili agli inquinamenti e all'eccessivo sfruttamento.

La maggior parte delle rocce possiede, al proprio interno, pori e cavità, ma in genere questi non sono percorribili dall'uomo. Le grotte sono delle cavità, dei vuoti all’interno di un ammasso roccioso che possono essere percorsi dall'uomo. Esistono molti tipi di grotte, che si formano per processi diversi: alcune sono di piccole dimensioni, nelle quali l'uomo difficilmente può penetrare, altre invece si snodano nel sottosuolo per decine e centinaia di chilometri, raggiungendo profondità superiori ai 2000 m. I processi di formazione condizionano l’estensione, lo sviluppo, le forme delle grotte, e anche le difficoltà esplorative che vi si incontrano.

La maggior parte delle grotte di più grande sviluppo non è una cavità isolata, ma è costituita da un sistema, a volte anche molto complesso, di sale, pozzi, cunicoli, meandri e gallerie intercomunicanti, che si organizzano a formare un sistema, o complesso carsico.

Attraverso i sistemi carsici si muovono grandi quantità di acque sotterranee: le grotte possono quindi essere sub-aeree, cioè occupate da aria, completamente asciutte, o possono essere percorse da corsi d’acqua, essere saltuariamente allagate, o permanentemente invase da acque sia dolci che salate. 

I processi per formare un vuoto

Molti sono i meccanismi che portano alla formazione di cavità e vuoti sotterranei. Alcune grotte sono “primarie”, poiché si generano contemporaneamente alla roccia che le contiene, altre, invece, si formano successivamente, per processi di alterazione della roccia, che ne modificano le caratteristiche originarie.

Vai al testo completo

Prima il vuoto, poi la roccia

Grotte biocostruite.
Tra le grotte primarie, le più diffuse sono le grotte che si formano a opera di organismi costruttori, come i coralli e le alghe incrostanti di scogliere coralline: la crescita di questi organismi, tutt’altro che uniforme e omogenea, crea vuoti di varie forme e dimensioni, che spesso sono abbastanza grandi da poter essere visitati dall’uomo. Chiunque abbia fatto immersioni su una barriera corallina ha avuto modo di osservare queste grotte: per la maggior parte si tratta di anfratti e rientranze, a volte si sviluppano piccoli camini o gallerie dalla forma irregolare, che sovente permettono di attraversare la scogliera da parte a parte, con ingressi a quote differenti.

Vai al testo completo

Prima la roccia, poi il vuoto

A differenza delle grotte primarie, che si formano contemporaneamente alla roccia in cui si trovano, le grotte di origine secondaria implicano processi diversi che agiscono su rocce già esistenti, a volte anche molti milioni, o decine di milioni di anni dopo la formazione della roccia stessa. Grotte eoliche.Grotte di estensione ridotta, non più di pochi metri, si formano per l’azione abrasiva del vento e per particolari processi di alterazione in zone aride e desertiche o in prossimità di coste, su rocce tenere e facilmente sfaldabili…

Vai al testo completo

La maggior parte delle grotte più lunghe e più profonde si sviluppa per processi di corrosione chimica in rocce che, per le loro caratteristiche e per i minerali che le costituiscono, sono particolarmente solubili in acqua. L’insieme di questi processi di dissoluzione prende il nome di carsismo.

L'acqua e la roccia. Tutti i minerali sono più o meno solubili in acqua, ma alcuni lo sono in misura molto maggiore, e in tempi molto brevi (in senso geologico, naturalmente), mentre altri necessitano di tempi molto lunghi, e sono, quindi, considerati praticamente insolubili. Le rocce costituite dai minerali più solubili sono quelle che più facilmente vanno incontro allo sviluppo di forme carsiche, anche se, in realtà, il carsismo è un processo complesso, dove la composizione della roccia è soltanto uno dei tanti fattori che concorrono al fenomeno.

Studiando la solubilità dei principali minerali che costituiscono le rocce più diffuse sulla superficie terrestre, si può osservare come la solubilità dei diversi minerali differisca di vari ordini di grandezza. Per questo motivo, rocce come il salgemma, costituite da cloruro di sodio (NACl, il comune sale da cucina), uno dei minerali più solubili in acqua, sono praticamente assenti in climi umidi, poiché rapidamente disciolte, mentre in rocce come le quarziti, costituite da quarzo (SiO2), uno dei minerali più resistenti all’alterazione, si possono sviluppare forme carsiche solo in condizioni climatiche particolari e in aree dove le acque abbiano avuto a disposizione tempi molto lunghi, nell’ordine dei milioni di anni, per disciogliere la roccia (per esempio, i sistemi di cavità nelle quarziti dei Tepuy amazzonici).

Non solo acqua. In natura, però, le cose non sono così semplici: le acque naturali, infatti, non sono mai acque pure, ma sono delle soluzioni acquose che contengono disciolte sostanze diverse che possono incrementarne l’aggressività e il potere corrosivo su alcuni tipi di rocce, complicando la semplice reazione di dissoluzione. Il processo è ben noto a chi si occupa della pulizia dei bagni in una casa: per rimuovere le incrostazioni di “calcare” che deturpano i nostri sanitari (geologicamente parlando, si tratta di cristalli di carbonato di calcio, CaCO3, calcite; calcare è il nome che si dà a una roccia composta prevalentemente di calcite), ci si serve di soluzioni acquose arricchite di acidi in grado di aumentarne il potere corrosivo, come l’acido cloridrico (noto alle casalinghe come acido muriatico) o l’acido acetico, presenti in molti prodotti per la pulizia della casa. Queste sostanze rendono facile la rimozione delle incrostazioni in due modi: da una parte aumentano la solubilità della calcite, dall’altra accelerano grandemente la velocità di reazione (che è molto rapida e violenta, come testimoniano le bolle gassose che si liberano durante l’utilizzo). Anche la semplice acqua potrebbe ottenere lo stesso risultato, ma in tempi decisamente oltre la scala di osservazione umana... e al di là della pazienza della casalinga! Le acque naturali si comportano, infatti, allo stesso modo dei detergenti, soltanto, poiché si tratta di soluzioni acide molto più diluite e con acidi molto più deboli, le reazioni sono molto più lente, per lo meno alla scala dell’osservazione umana. La natura, al contrario della casalinga, non ha alcuna fretta, ma i risultati sono anche più spettacolari!

Anidride carbonica, un’alleata

Tra le sostanze in grado di aumentare il potere corrosivo delle acque naturali, l’anidride carbonica(o biossido di carbonio, CO2) è quella che gioca il ruolo più importante. Essa è già presente nelle acque meteoriche, essendo uno dei gas che compone l’atmosfera, con percentuali, però, molto basse (0,03 atm), ma la sua concentrazione aumenta moltissimo nelle acque che attraversano spessi strati di suoli coperti da abbondante vegetazione. L’arricchimento in CO2 e in altri acidi organici prodotti dalla vegetazione e dall’attività biologica nelle acque che vengono a contatto con la roccia può far aumentare di diversi ordini di grandezza la solubilità di minerali come la calcite e la dolomite.

Vai al testo completo

Le rocce più adatte

Calcite e dolomite (rispettivamente, carbonato di calcio e carbonato di calcio e magnesio) sono minerali molto abbondanti sulla superficie terrestre e sono i costituenti principali di particolari rocce sedimentarie, che prendono il nome di rocce carbonatiche, come i calcari e le dolomie. Queste non sono le rocce più carsificabili in assoluto (gessi e salgemma lo sono molto di più), ma sono, tra le rocce carsificabili, le più diffuse e quelle che presentano corpi di maggiori dimensioni e di maggiori spessori: per questo motivo le grotte più lunghe e più profonde del pianeta si trovano in questo tipo di rocce.

Vai al testo completo

Le acque dal sottosuolo

Le acque che più comunemente circolano nel sottosuolo, e che possono quindi dare origine alle grotte, sono per lo più acque di origine meteorica, ma a queste possono aggiungersi, a volte mescolandosi in vario modo tra loro, acque “connate”, cioè antiche acque rimaste intrappolate nelle rocce sedimentarie al momento della loro formazione, in genere ricchissime di sali, e quindi potenzialmente molto aggressive, e acque profonde, dette juvenili, prodotte da attività magmatica, spesso molto calde e anch'esse aggressive, o ancora acque meteoriche portate in profondità e qui riscaldate e arricchite di sali e acidi e che ritornano a giorno attraverso faglie, in genere con caratteristiche di acque idrotermali.

Vai al testo completo

Acque calde, acque fredde

L’aggressività delle acque nei confronti della roccia con cui vengono a contatto dipende quindi dalla composizione chimica delle acque e dai minerali che costituiscono la roccia stessa, ma altri fattori intervengono a complicare le reazioni. In particolare, la temperatura è un fattore fondamentale, che agisce in due modi, apparentemente contrastanti tra loro. Dalla temperatura, infatti, dipende la quantità di CO2 che può sciogliersi in acqua: tanto più è bassa la temperatura, tanto maggiore è la quantità di CO2 che può essere sciolta.

Vai al testo completo

Acque aggressive e sovrassature

L’acqua che viene a contatto con la roccia è inizialmente sottosatura, cioè è in grado di sciogliere i minerali della roccia arricchendosi progressivamente di ioni liberati dalla reazione di dissoluzione, fino a raggiungere le condizioni di saturazione, cioè di soluzione acquosa che contiene la massima quantità possibile di un particolare ione per determinate condizioni di temperatura, pressione atmosferica o contenuto in altri acidi. Raggiunta questa condizione di saturazione, le acque non hanno più effetti chimici sulla roccia, che possono attaccare soltanto con processi meccanici di erosione (come accade per le acque dei fiumi in superficie).

Vai al testo completo

Un po’ di geologia

Gli ingredienti fondamentali per produrre i processi carsici sono acqua abbondante e ricca di CO2 e acidi organici, e rocce di tipo adatto, ma per avere sistemi di grotte lunghe e profonde non sono sufficienti. Pori e fratture. Le rocce carbonatiche, quelle più favorevoli alla carsificazione, sono in genere rocce molto compatte, con i granuli che le costituiscono molto addensate tra loro: i meccanismi di formazione fanno sì che queste rocce abbiano una porosità (cioè una percentuale di vuoti) e una permeabilità (cioè una percentuale di vuoti intercomunicanti, che possano permettere il passaggio dell’acqua) molto basse.

Vai al testo completo

Depositi chimici

Tutte le grotte sono occupate in misura più o meno importante da depositi chimici, le concrezioni, e depositi fisici, sedimenti di vario tipo per lo più trasportati dall’acqua all’interno delle grotte. Questi, che nel loro complesso prendono il nome di speleotemi, costituiscono un preziosissimo archivio di dati sull'evoluzione geologica, ambientale e, soprattutto, climatica del passato. I sedimenti chimici si formano quando le acque sature di carbonato di calcio subiscono delle variazioni di temperatura o di contenuto in CO2, o si concentrano per evaporazione, divenendo così sovrassature.

Vai al testo completo

Depositi fisici

I depositi fisici comprendono una grande varietà di materiali che si accumulano in grotta per effetto della gravità (massi di crollo) o per trasporto da parte dell’acqua. I sedimenti possono essere autoctoni, prodotti all’interno della grotta (come i massi di crollo, o l’argilla formata dai minerali insolubili contenuti nel calcare), o alloctoni, trasportati all’interno delle grotte da agenti diversi, in genere dall’acqua. Il materiale trasportato dall’acqua si distingue per il grado di arrotondamento, tanto maggiore quanto più lungo è stato il trasporto e tanto più è tenero il materiale.

Vai al testo completo

Moltissimi sono i fattori che influenzano la formazione di sistemi di grotte: fattori chimici e climatici controllano la capacità di dissoluzione delle acque, fattori geologici controllano il tipo di roccia, la struttura geologica e lo stato di fratturazione, che a loro volta condizionano la circolazione delle acque sotterranee e lo sviluppo e l'andamento nello spazio delle grotte, e fattori topografici, come l'energia del rilievo, i dislivelli, la presenza di valli profonde, controllano lo sviluppo prevalentemente verticale o orizzontale dei sistemi carsici. Le grotte, quindi, mostrano caratteristiche diverse a seconda delle condizioni e del luogo in cui si sono formate.

Grotte tropicali. In ambiente tropicale, le grotte mostrano caratteristiche simili. Sono spesso organizzate in vastissimi sistemi sotterranei, in genere a prevalente sviluppo orizzontale, spesso percorsi da veri e propri fiumi sotterranei, con ambienti di grandi dimensioni e ricchissimi di concrezioni: la velocità di reazione elevata, infatti, fa sì che le acque che si infiltrano nel sottosuolo, molto aggressive per la presenza di CO2 e acidi organici che derivano dalla fitta copertura vegetale, dissolvano rapidamente grandi quantità di calcare in prossimità della superficie, per divenire presto sature o sovrassature, e formare quindi grandi quantità di concrezioni.

Grotte d'alta montagna. All'estremo opposto, le grotte in ambiente di alta montagna mostrano andamento prevalentemente verticale, a causa del potenziale energetico dovuto ai grandi dislivelli e a una struttura geologica in genere complessa, con grandi pozzi, spesso molto profondi (anche più di 600 m): a causa della velocità di dissoluzione più lenta per le basse temperature, le acque che si infiltrano possono rimanere aggressive anche in profondità, formando così sistemi profondi e verticali. Le concrezioni, invece, a causa delle basse temperature, sono molto scarse. In superficie si osservano spesso pozzi verticali, la cui formazione è spesso legata all'azione congiunta di processi di carsismo e processi legati alla presenza di ghiaccio e neve.

Il paesaggio carsico in superficie

Il paesaggio carsico ha due caratteristiche peculiari, che lo rendono immediatamente riconoscibile anche dove le rocce sono coperte da suoli e vegetazione: particolari forme di dissoluzione in superficie e l’assenza pressoché totale di corsi d’acqua superficiali, poiché tutta l’acqua, o buona parte di essa, viene rapidamente portata in profondità. Questa caratteristica rende il lavoro degli speleologi particolarmente importante, poiché le aree carsiche sono in genere caratterizzate da problemi di approvvigionamento idrico.

Vai al testo completo

Il paesaggio sotterraneo

Osservando uno spaccato verticale di un sistema carsico, si osservano diverse zone, in funzione di come l’acqua vi è presente e vi si muove. La zona di assorbimento è la zona più superficiale, dove le acque di superficie e meteoriche si infiltrano in profondità. L’assorbimento può avvenire attraverso sistemi di innumerevoli fratture, in modo diffuso, che non dà molte evidenze in superficie, oppure in punti di assorbimento concentrato, come le doline, depressioni che raccolgono e concentrano le acque superficiali.

Vai al testo completo

Il livello di base

Tutte le grotte sono occupate in misura più o meno importante da depositi chimici, le concrezioni, e depositi fisici, sedimenti di vario tipo per lo più trasportati dall’acqua all’interno delle grotte. Questi, che nel loro complesso prendono il nome di speleotemi, costituiscono un preziosissimo archivio di dati sull'evoluzione geologica, ambientale e, soprattutto, climatica del passato.

Vai al testo completo

Le grotte hanno forma

Le morfologie di grotta sono spesso complesse e difficili da descrivere; tuttavia, possono in genere essere ricondotte a poche forme elementari: gallerie, pozzi, meandri, sale. Le gallerie sono i tratti ad andamento prevalentemente orizzontale o poco inclinato, in genere di grandi dimensioni (se le dimensioni sono piccole, si parla di cunicoli, ma questa è una definizione esclusivamente speleologica e non geologica: dal punto di vista dell'origine, non c'è alcuna differenza tra un cunicolo e una galleria). I diametri delle gallerie possono essere impressionanti: la galleria più grande al mondo si trova nella Deer Cave, in Sarawak, e ha un diametro medio di più di 80 m.

Vai al testo completo

Diverse zone, diverse forme

Le morfologie di grotta rispecchiano la zona in cui si sono formate: nella zona vadosa prevalgono forme di erosione meccanica (come forre e meandri e pozzi cascata) e di crollo, come le sale, mentre nella zona satura prevalgono forme di corrosione. Il ritrovamento di forme tipiche di zona satura in una zona vadosa (o, più raramente, viceversa) è un prezioso indizio per ricostruire l'evoluzione e la storia geologica della grotta.

Vai al testo completo

Molte sono le motivazioni che spingono alcuni uomini e donne verso la speleologia: per alcuni è l’aspetto sportivo, o tecnico, per altri il desiderio di avventure e di emozioni “forti”, curiosità di sapere “cosa c’è oltre”, ricerca scientifica, molto spesso una giusta miscela di tutto questo, e altro ancora. In ogni caso, lo scopo dello speleologo non è quasi mai soltanto la visita di un ambiente sotterraneo, sia subaereo, sia allagato, ma l’esplorazione di nuovi condotti e gallerie, la congiunzione di grotte tra loro, per ricostruire un unico, grande sistema carsico, sempre più esteso e sempre più profondo, la comprensione di come queste grotte si siano formate ed evolute, la conoscenza delle potenzialità del sistema e di quanto questo potrà divenire grande e profondo.

L'uomo, tuttavia, non è adattato all'ambiente di grotta, per cui per esplorarlo occorre conoscere alcune tecniche particolari ed equipaggiarsi in modo adeguato. Poiché non siamo in grado di muoverci al buio, occorrono almeno due fonti di illuminazione, di cui la principale è di solito costituita da un impianto ad acetilene. È necessario proteggersi dal freddo e dal fango, utilizzando indumenti in pile e apposite tute. A volte è necessario anche l'utilizzo di una muta subacquea, per percorrere tratti molto bagnati senza incorrere nel pericolo dell'ipotermia. Ai piedi, in genere, stivali o scarponcini da montagna, e guanti di gomma per proteggere le mani dall'abrasione della roccia e delle corde. Per affrontare i tratti verticali, si utilizzano corde statiche da 10 o 9 mm di diametro, un’imbragatura (simile, con qualche modifica, a quelle utilizzate in alpinismo) e appositi attrezzi per salire e scendere.

I pericoli nell'esplorare una grotta sono molti, ma tutti, in realtà prevedibili e superabili con la giusta preparazione tecnica e le giuste attrezzature: non è possibile improvvisarsi spelelologi!

Contrariamente a quanto comunemente si pensa, nessuno speleologo è mai morto incastrato in una strettoia o per il crollo del soffitto di una grotta (cosa che invece può avvenire in una miniera, dove il vuoto è di origine artificiale, e quindi instabile): i pericoli maggiori sono rappresentati dalla caduta di pietre (sempre provocata dal passaggio degli esploratori) e dell'acqua. Poiché la propagazione delle piene in un sistema carsico può essere a volte molto rapida, è possibile che, in concomitanza con eventi piovosi in superficie, gallerie normalmente asciutte vengano allagate, anche totalmente: questa è una delle più frequenti cause di intrappolamento in grotta di incauti speleologi (quasi sempre alla prime armi e con scarsa conoscenza del sistema sotterraneo), che richiede l’intervento di squadre di soccorso speleosubacqueo e arricchisce la letteratura di aneddoti talora raccapriccianti, anche se, fortunatamente, per la maggior parte a lieto fine (come l’incidente alla grotta francese della Vittarelle, dove alcuni speleologi sono rimasti bloccati per giorni a bordo di un canottino, in una sala che si andava trasformando in un lago: la risalita delle acque si è arrestata quando il canotto si trovava ormai a un paio di metri dalla volta...). In grotta, comunque, il passaggio dell’acqua lascia tracce inequivocabili ed evidenti, per cui chi normalmente frequenta questo tipo di grotte ne conosce il comportamento e lo prevede facilmente: è inutile dire che prima di avventurarsi in cavità complesse, specie se in prossimità di sorgenti, è indispensabile raccogliere informazioni presso i gruppi grotte locali.

Studiare il percorso delle acque

A volte, l’appartenenza di una grotta e di una sorgente al medesimo sistema è di immediata intuizione, soprattutto nel caso dei cosiddetti trafori idrogeologici, dove il percorso delle acque sotterranee può essere fisicamente seguito dagli speleologi dall’inghiottitoio alla sorgente. Altre volte, invece, non ci sono evidenze dirette delle relazioni di una grotta con sorgenti carsiche, anzi, può capitare che le sorgenti più vicine, e logicamente più probabili candidate a essere in connessione con un sistema carsico, non appartengano in realtà a quest’ultimo.

Vai al testo completo

L’età delle grotte

Possono, infatti, essere facilmente datati, con un metodo basato sul decadimento di alcuni isotopi della "famiglia" radioattiva del 238U. Quest'ultimo, infatti, decade in una serie di elementi: 234Th, 234Pa, 234U, 230Th, fino a 206Pb, che è stabile. Le concrezioni di grotta contengono uranio, che sostituisce il calcio nel reticolo cristallino della calcite, ma non contengono torio.

Vai al testo completo

Le grotte ricordano il passato

Quando il livello di base si abbassa, per l’erosione continua delle valli, le gallerie singenetiche si trovano sospese al di sopra del livello di base, e lentamente si svuotano, mentre iniziano ad allargarsi nuove gallerie più in profondità. I sistemi carsici tendono sempre a mettersi in equilibrio con il livello di base, ma se le variazioni di quest’ultimo sono rapide, o, meglio, più rapide della capacità di adeguamento delle grotte, si può registrare un certo disequilibrio, con la presenza di sorgenti di troppo pieno o sorgenti sospese, e di tratti allagati anche al di sopra del livello di base.

Vai al testo completo

L’evoluzione di una grotta

Le grotte si formano progressivamente, in tempi geologici relativamente lunghi, e sono in continua evoluzione: la loro storia dipende da molti fattori, tra cui la quantità d’acqua (che dipende in gran parte dal clima), le modalità con cui questa entra nel sistema, le variazioni del livello di base e della topografia superficiale, le cui modificazioni possono variare l’alimentazione idrica di una grotta, causando, per esempio, il passaggio da condotte sature a condotte vadose, o variando la posizione e il funzionamento delle sorgenti, e molto altro ancora.

Vai al testo completo

Evoluzione del paesaggio

In generale, l'evoluzione dei sistemi carsici segue quella del rilievo del massiccio montuoso in cui si trovano. La tendenza generale è di un graduale approfondimento dei sistemi di grotte, a seguito dell'approfondimento del livello di base delle vallate. Ma non è sempre così: il livello di base può anche innalzarsi, venendo così a determinare l’invasione di acqua in gallerie precedentemente fossilizzate. Questo è accaduto, per esempio a tutte le grotte in aree costiere, dove, nel corso degli ultimi 2 milioni di anni, le glaciazioni continentali hanno determinato fluttuazioni del livello marino.

Vai al testo completo

Il clima del passato

Lo studio dei sedimenti trasportati all'interno delle grotte, con le loro caratteristiche, la loro composizione e il loro contenuto fossilifero, permette di ricostruire le variazioni dell'ambiente e del clima della superficie: in particolare, sono interessanti i resti di suoli formatisi in clima tropicale, oppure i sedimenti legati al clima freddo, come materiale proveniente da depositi glaciali o periglaciali. Le concrezioni, invece, si formano prevalentemente in clima caldo e sono quindi dei marker climatici molto importanti.

Vai al testo completo

Un esempio vicino in Italia

Anche le grotte in prossimità dei grandi laghi prealpini (Maggiore, Como, Garda) hanno subìto un’analoga evoluzione: il Lago di Como, per esempio, è impostato su un profondo canyon, la cui formazione risale a più di 5 milioni di anni fa, e non è quindi di origine glaciale (così come i suoi fratelli Maggiore, Iseo e Garda): il lago è attualmente profondo 400 m, vale a dire che il suo fondo si trova 200 m al di sotto del livello del mare, ma il fondo del canyon, riempito di sedimenti, è 700 m più in basso. Circondato com’è da rocce altamente carsificabili, è molto probabile che vi si siano sviluppati sistemi carsici assai profondi e complessi, in equilibrio con l’antico livello di base sul fondo del canyon.

Vai al testo completo

Le acque normalmente presenti in rocce porose, come sabbie o ghiaie, occupano in modo continuo tutti i vuoti presenti, ma in rocce carsificate queste si organizzano in corsi d’acqua, a volte veri e propri fiumi sotterranei, che percorrono enormi gallerie di parecchi metri di diametro e diversi chilometri di sviluppo. Le acque dei corsi sotterranei si muovono con le stesse modalità dei corsi d'acqua superficiali: come questi, sono soggette a piene causate da precipitazioni in superficie (che in grotta giungono con un certo ritardo, dovuto alla lentezza dell'infiltrazione), e sono in grado di scavare ed erodere la roccia con processi meccanici di abrasione, possono trasportare sedimenti di varia granulometria e possono creare depositi alluvionali all'interno delle grotte.

Immense riserve

La zona satura di un sistema carsico presenta uno sviluppo e una profondità che dipendono dalla struttura geologica: a volte la zona satura può essere di spessore molto piccolo, o assente, come nei sistemi carsici "sospesi" sul livello di base, a volte può avere spessore di centinaia di metri, e costituire un'immensa e preziosa riserva idrica. La zona più superficiale della zona satura, detta zona epifreatica, subisce delle variazioni stagionali e può risalire anche di parecchie decine di metri nei periodi più piovosi.

Vai al testo completo

Le sorgenti

Le fuoriuscite di acque sotterranee in superficie prendono il nome di sorgenti se l’origine dell’acqua è sconosciuta o proviene da assorbimento diffuso, e di risorgenti se sono invece la venuta a giorno di corsi d’acqua inghiottiti più a monte, come il già citato caso del Timavo. Le sorgenti possono essere classificate in vario modo, in funzione della portata, della costanza del flusso o delle caratteristiche geologiche che ne determinano la formazione. Molte sorgenti hanno un flusso perenne, anche se le variazioni di portata possono essere notevoli, in funzione delle precipitazioni.

Vai al testo completo

Il movimento dell’acqua

Le sorgenti carsiche presentano una forte dipendenza dagli eventi piovosi esterni per diversi motivi. La velocità delle acque della zona vadosa è elevata, paragonabile a quella dei corsi d’acqua esterni, ma non solo: l’aumento del carico idraulico conseguente all’entrata in grotta di grandi quantità di acqua può esercitare una forte pressione sulle acque della zona satura, che vengono letteralmente spinte all’esterno, con un effetto detto di pistonaggio, termine che rende bene l’idea del meccanismo.

Vai al testo completo

Gli acquiferi carsici

Gli acquiferi carsici rappresentano un’importantissima risorsa idrica in moltissime regioni della Terra: i terreni carsici, infatti, sono, per loro stessa natura, privi di acque superficiali, e tutta la circolazione idrica avviene in profondità. Si tratta, però, di risorse molto delicate da utilizzare e da proteggere. Gli acquiferi carsici, infatti, per alcune loro caratteristiche, sono particolarmente vulnerabili agli inquinamenti e all’eccessivo sfruttamento. Un utilizzo eccessivo e incontrollato delle riserve delle zone sature profonde può essere un pericolo per questo tipo di acquiferi.

Vai al testo completo

L'ambiente delle grotte, buio e misterioso, ha da sempre stimolato la fantasia dell'uomo, suscitando un misto di curiosità e timore. L'uomo ha quindi popolato le grotte di esseri arcani e fantastici, quasi sempre legati al mondo dell'oltretomba e al culto dei morti: presso le culture occidentali gli abitanti delle grotte erano visti come maligni e diabolici, ma in molte altre culture, specie quelle orientali, erano (e in molti casi sono tuttora) esseri soprannaturali positivi, protettori e apportatori di buona fortuna. Con il procedere delle conoscenze e delle ricerche su questo particolare ambiente, ci si è resi conto che le grotte non ospitano né diavoli né draghi, bensì una microfauna di esseri piccolissimi e schivi, difficili da osservare, ma interessantissimi per lo studio dell'evoluzione e dell'adattamento all'ambiente.

Biologi speciali. La biospeleologia è la branca della zoologia che studia gli animali, grandi e piccoli, che vivono nelle grotte, i loro cicli vitali e gli adattamenti che permettono loro di vivere in un ambiente con caratteristiche del tutto particolari.

La prima segnalazione di un interesse da parte dell'uomo per gli abitanti delle caverne è antichissima: 15.000 anni fa in una grotta sui Pirenei (Francia) è stato ritrovato un osso di bisonte sul quale un nostro antenato raffigurò un insetto che ancora oggi si incontra facilmente nelle grotte, una cavalletta del genere Troglophilus (da trogo, grotta, e philo, amico).

Bisogna tuttavia attendere il 1500 per avere le prime descrizioni scientifiche di animali di grotta, anche se fu soltanto nel 1700 che gli studiosi si interessarono a questo ambiente in modo più diffuso e sistematico. La biospeleologia nacque nel 1907 con il lavoro del naturalista rumeno Racovitza, che diede la prima impostazione moderna a questo tipo di studi. La biospeleologia inizialmente si occupava soltanto degli animali che vivono nelle grotte, ma con il progredire degli studi i ricercatori si sono resi conto che, per quanto riguarda gli animali più piccoli (come insetti, ragni e altri Artropodi) anche una piccola fessura o una valletta ombreggiata hanno le stesse caratteristiche dell'ambiente cavernicolo. Di conseguenza il termine biospeleologia ha ora un significato più ampio, interessandosi di tutte le forme di vita che occupano ambienti con caratteristiche simili a quelle delle grotte.

Inquilini temporanei e non

I biospeleologi suddividono gli abitanti delle grotte in tre grandi categorie: troglosseni, troglofili e troglobi. Questi nomi un po' difficili indicano animali che possono trovarsi in grotta per caso (troglosseni) o per necessità (troglofili), o animali che vivono tutto il loro ciclo vitale in grotta (troglobi). Questi ultimi hanno sviluppato adattamenti particolari, tanto che non possono sopravvivere al di fuori delle grotte. I troglosseni sono gli animali che vengono a trovarsi in grotta per caso, per esempio perché caduti all'interno di un pozzo o di una spaccatura o trascinati dentro una grotta da un torrente in piena o da acque di ruscellamento.

Vai al testo completo

Un ambiente particolare

L'ambiente di grotta possiede alcune caratteristiche fisiche e morfologiche che lo rendono molto particolare e diverso da tutti gli altri ambienti terrestri. Queste caratteristiche fanno sì che non tutti gli organismi vi possano vivere, ma soltanto quelli che hanno sviluppato particolari adattamenti evolutivi. L'ambiente ipogeo può essere suddiviso in diversi sottoambienti: ambiente di superficie, ambiente endogeo (suolo), sotterraneo superficiale (fessure e fratture della roccia) e sotterraneo profondo.

Vai al testo completo

Gli adattamenti

L'ambiente di grotta è un ambiente severo e selettivo e pochissimi organismi vi si sono adattati sviluppando caratteristiche morfologiche e metaboliche particolari. Le modificazioni non sono immediate, ma sono il frutto di un'evoluzione che può durare anche qualche milione di anni, a partire da specie che vivevano all'esterno che sono rimaste per varie ragioni isolate all'interno di cavità sotterranee. Le specie che da più tempo si sono adattate alla vita sotterranea sono quelle che mostrano le modificazioni più specialistiche.

Vai al testo completo

Tigri in miniatura

Data la mancanza di vegetali, nell'ambiente ipogeo la piramide alimentare è strutturata in modo differente: la base dell'alimentazione è rappresentata da batteri autotrofi, cioè organismi che riescono a produrre sostanza organica non dalla luce, ma direttamente dalle sostanze minerali, come nitrobatteri (che utilizzano l'azoto), solfobatteri (che utilizzano lo zolfo) e molti altri. Esiste poi una fauna batteriofaga, che vive nel fango e che si nutre dei batteri. I batteriofagi sono a loro volta predati dalla fauna limivora (lombrichi, crostacei, larve di insetti), che si nutre "setacciando" il fango...

Vai al testo completo

Stili di vita

L’ambiente cavernicolo è un ambiente povero di cibo. La parola d'ordine sottoterra è il risparmio energetico, per cui gli organismi meglio adattati sono quelli che hanno bisogno di poca energia per vivere e per riprodursi. Per questo, la maggior parte degli abitanti delle grotte ha un metabolismo molto rallentato: una crescita lenta, ridotte dimensioni, un lungo ciclo vitale. Sono lenti e si muovono poco, raggiungono la maturazione sessuale molto lentamente e spesso mantengono i caratteri tipici delle forme giovanili, si riproducono poco, si accontentano di quantità di cibo molto ridotte e spesso hanno un basso consumo di ossigeno.

Vai al testo completo

Piccoli diavoli da proteggere

L'animale simbolo delle grotte è sicuramente il pipistrello. In molte grotte in aree tropicali i pipistrelli formano colonie di migliaia, a volte milioni di individui. Lo spettacolo offerto da questi animali è uno dei più affascinanti della natura: al tramonto si muovono nel cielo, disegnando un "serpente" nero, per andare a caccia di insetti. Questo animale possiede caratteristiche del tutto particolari: è l'unico mammifero in grado di volare, con ali e muscolatura adatta a differenza di altri mammiferi "volanti", come certe specie di scoiattoli, dotati solo di membrane di pelle.

Vai al testo completo

Storie di draghi

L'animale che più spesso la fantasia dell’uomo ha collocato nelle grotte, di solito a guardia di immensi tesori o di principesse rapite, è il drago. Ma si tratta davvero soltanto di leggende? Molto spesso le leggende non sono altro che esagerazioni della realtà e la leggenda dei draghi non fa eccezione. I draghi sono quasi sempre dotati di ali, guarda caso simili a quelle dei pipistrelli (e di ogni diavolo che si rispetti, del resto): forse il timore di questi piccoli abitanti delle grotte li ha fatti, in qualche caso, vedere più grandi di quello che sono in realtà?

Vai al testo completo

Il proteo

Si tratta di un anfibio, lontano parente delle salamandre, che presenta uno dei più sorprendenti adattamenti alla vita nelle grotte. Vive nelle grotte dell'area mediterranea orientale, in Dalmazia, Slovenia e nel Carso triestino e goriziano. È lungo 20-30 cm, di colore roseo e forma allungata, con una lunga coda e quattro piccole zampe (dotate di tre dita quelle anteriori e di due dita quelle posteriori), che non sono, però, in grado di sostenerlo, per cui il proteo non può camminare, ma solo nuotare. Alla nascita presenta occhi sviluppati, ma questi, crescendo, si atrofizzano completamente.

Vai al testo completo

Grotte

PDF 364.58 KB
PDF 364.58 KB

Grotte junior

PDF 424.40 KB
PDF 424.40 KB