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Il clima influenza continuamente la nostra intera esistenza. Il cielo è spesso la prima cosa che guardiamo appena svegli di mattino. La pressione e l’umidità influiscono sul nostro corpo e sul nostro umore; chi, infatti, non ha mai detto “oggi sono depresso: sarà colpa della pioggia!”. Almeno una volta al giorno quasi tutti ci informiamo sulle previsioni del tempo e fin dalla nascita siamo abituati a cicli stagionali che regolano i cicli biologici di tutti gli esseri viventi. Sono stati anche inventati dei detti popolari proprio sul tempo che spesso ci sembrano banali luoghi comuni; ma la frase “le stagioni non sono più quelle di una volta”, nonostante sia una lamentela davvero antica, poiché la diceva già Virgilio 2000 anni fa, non ci è sembrata mai così attuale come in questi ultimi anni. Negli ultimi anni, infatti, assistiamo a primavere che sembrano estati, inverni che sembrano autunni e nel frattempo i media ci martellano con l’effetto serra e il riscaldamento globale della temperatura, gli ambientalisti lanciano catastrofiche previsioni per il futuro, mentre gli scienziati e i politici sembra che cerchino di calmare gli allarmismi. In tutta questa enorme confusione siamo sempre noi “persone comuni” a non riuscire ad avere le idee chiare e quindi è nostro dovere almeno cercare di capire un po’ meglio come stanno realmente le cose.

La parola clima deriva dal greco κλιμα, ovvero inclinazione. Il clima, infatti, è in parte determinato dall'inclinazione dei raggi solari sulla superficie della Terra al variare della latitudine e delle stagioni. Il termine “clima” viene spesso utilizzato come sinonimo di “tempo” meteorologico, anche se in realtà hanno significati ben diversi. Il tempo meteorologico è l’insieme degli elementi meteorologici che caratterizzano l’atmosfera in un preciso istante. Se guardiamo fuori dalla finestra, possiamo renderci subito vedere che tempo fa. Il clima, invece, viene definito come “l’insieme dei fenomeni meteorologici (ad esempio temperatura, precipitazioni, venti, ecc.) che caratterizzano lo stato medio dell’atmosfera in un punto della superficie terrestre” (secondo la definizione di J. Hann, un meteorologo austriaco). Data l’estrema variabilità dei parametri meteorologici, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha stabilito che, per poter individuare le caratteristiche climatiche, e quindi “lo stato medio dell’atmosfera”, di una data località, la durata minima delle serie storico-temporali dei dati meteorologici deve essere di almeno 30 anni. La disciplina che studia il clima, i suoi elementi e i suoi fattori e classifica i tipi climatici è la climatologia.

Il Sole e il clima

Se la Terra ruotasse intorno al Sole in modo perfettamente verticale come una trottola, il clima non varierebbe durante l’anno, ovvero non ci sarebbero le stagioni, perché non cambierebbe la quantità di radiazioni solari che attraversando l’atmosfera arriverebbe al suolo. Se l’asse terrestre non avesse alcuna inclinazione rispetto al piano dell’orbita, non solo non ci sarebbero le stagioni, ma neppure differenze tra un emisfero e l’altro e ovviamente nemmeno i tropici esisterebbero. Invece, per nostra fortuna, durante l’anno la posizione relativa dell’asse terrestre rispetto ai raggi del Sole cambia e, quindi, ci ritroviamo con diverse angolazioni di incidenza dei raggi solari. 

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Il bilancio radiativo e l’effetto serra

A parte una piccola quantità di energia proveniente dall’interno della Terra, l’energia che alimenta il sistema climatico del nostro pianeta proviene essenzialmente dal Sole. La Terra, infatti, riceve dal Sole energia radiante (cioè trasportata dalla radiazione elettromagnetica) composta per circa metà da luce visibile, da una piccola parte di ultravioletto e per il resto da infrarosso. La radiazione solare che colpisce la superficie terrestre in un’ora è pari a circa 342 w/m2; di questi solo 235 w/m2 sono effettivamente assorbiti dalla superficie terrestre, mentre i restanti 107 sono immediatamente riflessi nello spazio. 

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Come anticipato, l'effetto serra è un fenomeno naturale, provocato da una miscela di gas presenti nell'atmosfera (definiti, appunto, gas serra) e senza il quale non potrebbe esserci vita sulla Terra. In questo ultimo secolo, però, l'intensa attività produttiva umana ha provocato un aumento della concentrazione di "gas serra" nell'atmosfera. Le cause sono duplici: da una parte, le crescenti emissioni originate prevalentemente dai processi tradizionali di produzione di energia (combustibili fossili); dall'altra, la progressiva distruzione delle foreste che, grazie alla fotosintesi clorofilliana delle piante, sono in grado di "assorbire" l'anidride carbonica presente nell’aria e trasformarla in materia organica (foglie, rami e radici), funzionando come dei veri e propri "serbatoi" o “pozzi” (in inglese "sink") di anidride carbonica. Se la concentrazione di gas serra continua ad aumentare ai ritmi degli ultimi decenni, c’è il rischio che si inneschi un rapido riscaldamento del clima terrestre, poiché la capacità dell'atmosfera di trattenere il calore sulla Terra diventa sempre maggiore. Un aumento eccessivo e in tempi brevi delle temperature dell'atmosfera e degli oceani avrebbe effetti drammatici sugli equilibri climatici, e notevoli impatti sull'uomo. Secondo alcuni esperti di clima, se non si modificheranno i comportamenti umani, nei prossimi 100 anni la temperatura della Terra potrebbe aumentare in media di 1,0 – 3,5°C. Altri dati ci danno un'indicazione delle variazioni intervenute nell'ultimo secolo: dalla rivoluzione industriale ad oggi la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera è aumentata del 30%; nello stesso periodo la concentrazione di metano - emesso principalmente dalle risaie e dall'allevamento - è cresciuta del 145%. Molti studiosi, incaricati da organizzazioni nazionali ed internazionali, tra le quali il IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change), da alcuni anni effettuano un monitoraggio sul clima del nostro pianeta e studiano i possibili effetti dell'aumento di temperatura della bassa atmosfera e della superficie terrestre, che saranno approfonditi in seguito.

Cambiamenti climatici: conseguenze

Sulla base delle ricerche dell’Organismo Internazionale che studia i cambiamenti del clima, l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera è la maggiore causa dell’intensificazione dei seguenti fenomeni:

  • Aumento della temperatura del pianeta. 
  • Aumento delle precipitazioni: soprattutto nell’emisfero Nord, e in particolare alle medie e alte latitudini. Nelle regioni tropicali e subtropicali, invece, diminuzioni delle piogge…

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I gas serra

I gas serra naturali comprendono il vapor d’acqua, l’anidride carbonica, il metano, il protossido d’azoto e l’ozono. Alcune attività dell’uomo contribuiscono ad aumentare la concentrazione in atmosfera di questi gas e, inoltre, liberano nell’aria altri gas serra di origine esclusivamente antropogenica. Vediamo ora in dettaglio quali sono le caratteristiche dei principali gas ad effetto serra.

Vapore acqueo. Il vapore acqueo è il principale gas serra, responsabile dei 2/3 dell’effetto serra naturale per la sua abbondanza in atmosfera e per la sua efficacia…

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Gas serra a confronto

Per calcolare il contributo dei differenti gas all’effetto serra bisogna considerare tre parametri fondamentali:

  • la concentrazione in atmosfera
  • il forcing radiativo di ogni gas, cioè la capacità di intrappolare l’energia che va dal nostro Pianeta verso lo spazio
  • la persistenza in atmosfera di ogni gas, cioè il tempo medio in cui un gas rimane in atmosfera; infatti, se un gas rimane in atmosfera per poco tempo avrà un minor effetto di uno che ci rimane a lungo.

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Quando “nacque” l’effetto serra

Nel 1824 lo scienziato francese Jean Baptiste Fourier, famoso per alcune scoperte nel campo della fisica e della matematica, fu il primo a parlare di “effetto serra” e a misurarlo con l’eliotermometro. Secondo questo fenomeno l’atmosfera si comporta come il vetro di una serra, cioè è “trasparente” alla radiazione solare che proviene dal Sole, mentre è parzialmente “opaca” a quella termica emessa dalla superficie terrestre. L’effetto serra è quindi un fenomeno naturale e sussiste sempre sui corpi celesti che possiedono un’atmosfera. Il vero problema, quindi, è dato dalla composizione dell’atmosfera che può aumentare o diminuire gli effetti.

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Che cos’è l’IPCC?

A partire dalla fine degli anni ’80, si diffuse tra gli scienziati la consapevolezza che le grandi quantità di gas serra emesse dalle attività umane stavano provocando un aumento dell’effetto serra e, di conseguenza, importanti cambiamenti sul clima che potevano comportare molti problemi. Per avere una conoscenza il più possibile esaustiva e chiara della situazione la World Meteorological Organization (WMO) e il United Nations Environment Programme (UNEP) istituirono nel 1988 l’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, ovvero il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico.

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Sin dalle origini della Terra, circa 5 miliardi di anni fa, si sono alternati periodi freddi, culminati in numerosi episodi di glaciazione durati milioni di anni, e periodi di clima temperato o caldo, della durata di centinaia di milioni di anni. Il clima ha profondamente condizionato la vita degli esseri viventi che abitano la Terra e ad ogni sua variazione, piante, animali e uomo hanno dovuto adattarsi anche agli ambienti più inospitali. Ci sono sempre state, quindi, delle variazioni climatiche nei secoli ma è importante analizzare l’ampiezza delle variazioni, cioè quanto influenzano la nostra vita, e la loro durata. Se consideriamo l’esperienza personale della vita di un uomo, si possono osservare variazioni stagionali o annuali, ad esempio anni più caldi o più piovosi di altri. Nei secoli, infatti, ci sono state variazioni climatiche molto più ampie rispetto ad oggi. L’innalzamento della temperatura è sempre associato alla fusione dei ghiacci polari e continentali, con conseguente aumento del livello dei mari. Negli ultimi 500 milioni di anni ci sono state variazioni del livello del mare anche di alcune centinaia di metri rispetto ad oggi (200-300 metri), ma con durata molto lunga, circa 300 milioni di anni, quindi non apprezzabile durante la vita di un uomo.

Quaternario o Era glaciale

Grandi variazioni climatiche si sono avuto soprattutto durante il periodo Quaternario (cioè negli ultimi 2,5 milioni di anni), periodo in cui si è vista anche la comparsa dell’uomo sulla Terra. La causa di queste variazioni è dovuta principalmente alle espansioni massicce delle calotte polari ogni circa 100 mila anni, che hanno, a loro volta, causato l’abbassamento del livello dei mari addirittura di circa 120-140 metri rispetto ad oggi. Ricordiamo che l’ultima glaciazione ha permesso la diffusione dell’uomo sulla Terra, facilitata proprio dai corridoi di terre emerse sorti a causa dell’abbassamento del livello del mare. 

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Tempi recenti: l’anno senza estate

Durante l’epoca romana il clima è piuttosto caldo, una testimonianza ci arriva da alcune piscine che gli antichi romani utilizzavano per l’allevamento delle anguille. In queste piscine, infatti, si trovavano due fori, uno in corrispondenza della alta marea e uno della bassa marea. Durante l’alta marea entrava acqua fresca dal primo foro, mentre durante la bassa marea, l’acqua ristagnante usciva dal secondo, in questo modo si aveva un continuo rinnovo di acqua, funzionava, infatti, come i filtri dei moderni acquari. 

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Il mito della Groenlandia rigogliosa

Si sente spesso riportare come prova contro i cambiamenti climatici causati dall’uomo, l’esempio della Groenlandia. Il vichingo Erik il Rosso, circa mille anni fa, chiamò l’isola più grande del mondo “Grönland”, cioè “terra verde”, terra che oggi è ricoperta dai ghiacci per l’84% della superficie. Il vichingo nel 982 d.C. era scappato dal sud-ovest della Norvegia, sua terra natia a causa di alcuni omicidi e avventurandosi verso ignoti lidi, aveva raggiunto prima l’Islanda e in seguito la Groenlandia. 

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Dal caldo al freddo

Tutti avranno sentito parlare su giornali e libri di “periodo caldo medievale” e “piccola era glaciale”. Questi termini, oggi entrati nell’uso comune, sono stati introdotti rispettivamente dallo storico del clima Hubert Lamb nel 1965 e da un glaciologo, Francois Matthes, nel 1939. Gli storici del clima e i paleoclimatologi non sono però in accordo sulla collocazione temporale e sulla durata di questi periodi e anche le stime delle variazioni di temperatura che li hanno caratterizzati sono diverse. 

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Tamigi “frozen”

Dato che e c’è stata una continua alternanza di periodi molto freddi e periodi molto caldi nei tempi passati, alcuni credono che le variazioni di temperatura attuali siano del tutto naturali e trascurabili. In questo modo si minimizza l’importanza dei cambiamenti climatici e diventa “comodo” credere che sia tutto un’invenzione dei media. Come prova di un passato molto più freddo rispetto ad oggi, viene spesso citato il Tamigi ghiacciato. 

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Venezia on ice

Un’altra prova citata per dimostrare il freddo durante la piccola era glaciale è quella della laguna di Venezia ghiacciata. Molte sono le testimonianze scritte sulle difficoltà causate dal gelo durante la stagione fredda del 1788-1789 e persino dipinti raffiguranti barche incastrate nel ghiaccio, che impediva i rifornimenti e la navigabilità. In realtà le gelate nella laguna di Venezia sono avvenute molte altre volte, anche dopo la presunta piccola era glaciale. Infatti, si trovano testimonianze di questi eventi alla fine del 1920, nel 1956, nel 1985 e persino ultimamente nel 1991. 

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Il carotaggio è una tecnica di campionamento che serve per la ricerca di risorse minerarie nel sottosuolo con perforazioni di pozzi, per analisi di terreno a altre attività di scavo a scopi di ingegneria civile. Il carotaggio consiste nel prelievo di campioni di roccia cilindrica o ghiaccio chiamate carote. Da queste carote è possibile ricavare molte informazioni sulle variazioni climatiche del passato grazie a quello che rimane imprigionato nel ghiaccio come: bolle di gas, elementi chimici che compongono il ghiaccio, sedimenti, fossili e molto altro. Queste tracce sono dei veri e propri testimoni di epoche passate, utili per ricostruire la storia climatica della Terra. Le carote di ghiaccio, infatti, mantengono le caratteristiche chimiche ed isotopiche acquisite dalla neve nell’atmosfera, all’atto della condensazione e precipitazione, caratteristiche che rimangono in gran parte inalterate nel ghiaccio. Questo è possibile nelle zone interne della Groenlandia e dell’Antartide poiché la temperatura rimane sempre al di sotto dello zero e quindi non si ha una fusione superficiale, e la neve che si accumula ogni anno forma una successione stratigrafica regolare e continua di nevicate sovrapposte. Con l’andare del tempo la compattazione della neve riduce gli spazi vuoti e la neve si trasforma prima in nevato e successivamente in ghiaccio. Proprio durante il passaggio da nevato a ghiaccio si ha l’occlusione dei pori e quindi l’intrappolamento di bolle di aria che perciò rappresentano campioni di atmosfera del passato.

Pollini fossili

Lo studio dei pollini può ricostruire la storia della vegetazione del passato e quindi dei cambiamenti climatici nel tempo. Ad esempio, possiamo immaginare un lago fossile, custodito all’interno di altri sedimenti, come un archivio con tanti cassetti: ogni strato è un cassetto che contiene i pollini di tutte le piante che crescevano in quel dato momento nell’area circostante. Ci sono piante, infatti, che sono considerate indicatori climatici: vivono, cioè, in una certa regione solo se il clima è adatto alle loro esigenze. 

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Stratigrafia isotopica

La stratigrafia isotopica si basa sullo studio degli isotopi soprattutto del carbonio e dell’ossigeno. Questa tecnica può essere utilizzata per lo studio delle variazioni di temperatura, della salinità e del volume di masse di ghiaccio nel tempo. In genere si studiano i Foraminiferi planctonici e bentonici che vivono negli strati superficiali del mare o nei sedimenti marini. Dopo il trattamento degli organismi, mediante un apposito strumento, si misura il rapporto isotopico tra ossigeno “pesante” (180) e ossigeno normale (160) contenuto nella calcite dei gusci dei Foraminiferi. 

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Indicatori geologici

Non è di certo facile risalire alle variazioni di livello dei mari che si sono succedute nei vari millenni. Per poter ricostruire questo andamento si sono adottate varie tecniche geologiche, che studiano luoghi particolari nei pressi delle zone costiere. Il mare scava alla base di una falesia un solco orizzontale sopra il pelo dell’acqua chiamato “solco di battente”, che si approfondisce nel tempo. Quando il livello del mare scende, si forma una nuova incisione. 

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Variazioni del mare nel passato

Quando si hanno tanti indicatori geologici si può costruire una curva eustatica, che ci indica i differenti livelli del mare durante i millenni. Ed esempio 220.000 anni fa il mare si trovava tre metri al di sotto del livello attuale e circa 140.000 anni fa addirittura 140 metri al di sotto di oggi. Subito dopo è risalito molto bruscamente, in un Periodo chiamato Tirreniano, circa 125.000 anni fa, fino a 7 metri più alto rispetto ad oggi. Questo è stato un periodo molto caldo, molto più di oggi e anche la concentrazione di anidride carbonica era molto superiore rispetto ai giorni nostri. 

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Cambiamenti climatici

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