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Neve in Italia: ancora marcato il deficit rispetto ai dati storici

18 gennaio 2024
2 min di lettura
18 gennaio 2024
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La riduzione delle precipitazioni nevose in Italia non è un problema solo per la fruizione degli sport invernali, ma soprattutto per la riserva idrica che la neve rappresenta, oltre che essere fondamentale per la costituzione di nuovo ghiaccio di ghiacciaio. Nonostante le precipitazioni cadute tra dicembre e inizio gennaio, vie è ancora un deficit significativo rispetto agli anni passati.

Secondo i dati pubblicati dalla Fondazione CIMA, che monitora costantemente le precipitazioni nevose, l’Equivalente Idrico Nivale (il valore che descrive l’acqua contenuta nella neve) è pari al 39%: si tratta di un deficit significativo rispetto al periodo 2011-2021, nonostante vi sia un miglioramento rispetto a dicembre (44%). Le Alpi se la passano meglio degli Appennini: l’arco alpino ha “solo” il 26% di neve in meno rispetto alla media storica (nel 2023 in questo periodo il deficit era pari a -67%), mentre la catena appenninica arriva, in alcune zone montuose che alimentano il bacino del Tevere, a sfiorare un ammanco del 90%. «Come evidenziamo sempre, i due fattori principalmente responsabili della scarsità (o dell’abbondanza!) di neve sono le temperature e le precipitazioni. Dobbiamo il deficit attuale, che purtroppo non è una novità rispetto agli inverni scorsi, a temperature alte associate a precipitazioni scarse», spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. «L’anomalia di temperatura è stata particolarmente significativa sull’arco appenninico, nel quale, tra ottobre e dicembre, si sono registrate temperature di anche +2,5 °C superiori rispetto alla media».

Inoltre, è importante segnalare che, nonostante una situazione sulle Alpi globalmente migliore rispetto allo scorso anno, il bacino del Po continua a registrare deficit importanti. C’è ancora qualche mese freddo in cui le precipitazioni nevose potrebbero almeno in parte colmare i deficit attuali. Per gli Appennini, per esempio, i mesi tra gennaio e febbraio sono quelli più nevosi. Difficile, però, sarà tornare alle medie storiche. Una situazione che si ripropone da molti anni, segno dell’impatto della crisi climatica sull’Italia. “La crisi climatica altera il pattern delle precipitazioni, neve inclusa, e questo avrà un impatto inevitabile su molte nostre attività, dal turismo invernale all’agricoltura”, conclude il ricercatore di Fondazione CIMA.