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Che lingua parla la scienza?

10 aprile 2020
11 min di lettura
10 aprile 2020
11 min di lettura

Vi ricordate quel gioco chiamato “il telefono senza fili”? I partecipanti dovevano disporsi in fila e il gioco aveva inizio quando il primo giocatore bisbigliava una parola o una frase all’orecchio del suo vicino. Questi doveva ripetere la stessa frase al giocatore successivo, e così via fino all’ultimo della fila, che ripeteva la frase ad alta voce. Il divertimento stava nel fatto che la maggior parte delle volte la frase veniva riportata scorrettamente a causa dell’accumularsi degli errori di trasmissione lungo tutta la fila. Come in questo gioco anche nella vita di tutti giorni ci sono molte informazioni che ci vengono riportate scorrettamente, a causa delle diverse interpretazioni dei fatti che i vari interlocutori riportano. Uno dei problemi più grandi e più frequenti che gli scienziati devono affrontare è la difficoltà di comunicazione con chi non è del settore: la patria di Leonardo Da Vinci e Galileo Galilei, infatti, continua a mostrare una certa incomprensione nei confronti della scienza e dei ricercatori. Come nel telefono senza fili, nel momento in cui il mondo della ricerca vuole comunicare con il grande pubblico spesso nascono incomprensioni e fraintendimenti, a volte a causa dei media, a volte per la difficoltà degli argomenti trattati, difficili da semplificare per chi non è un esperto.
Molte idee hanno infatti lasciato il mondo della scienza e hanno fatto la loro strada nel linguaggio di tutti i giorni e, purtroppo, sono quasi sempre utilizzate in modo scorretto. In questo modo il mondo della ricerca viene frainteso creando così un distacco sempre maggiore tra quello che vogliono dire gli scienziati e quello che viene anche solo riportato da giornali e telegiornali.
Tra questi, una delle espressioni che ha fatto più strada è il termine “Teoria”.

Teoria

È uso comune, infatti, associare il termine “teoria” a un’ “idea” o a una “supposizione”.
In realtà le teorie scientifiche sono interi sistemi di idee verificabili e potenzialmente confutabili tramite prove a portata di mano o tramite esperimenti. Nel 1962 lo scienziato Thomas S. Kuhn pubblicò un breve saggio  destinato a diventare uno dei più importanti testi di filosofia e storia della scienza del XX secolo, “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”. Secondo Kuhn le teorie sono basate su risultati scientifici universalmente riconosciuti che forniscono modelli e soluzioni per una data comunità di scienziati per un periodo di tempo: i paradigmi. Questi principi di fondo vengono applicati per spiegare i meccanismi e le problematiche che si presentano nella comprensione del mondo che ci circonda e ogni volta che vengono applicati efficacemente si riconfermano corretti. Col passare del tempo queste teorie possono però presentare delle anomalie legate alla difficoltà degli scienziati di applicarle ai fenomeni che non rientrano nei modelli del paradigma. In questo caso vengono messe in discussione le assunzioni di base del quadro teorico di riferimento, andando a studiarne tutti quegli aspetti che lo rendono errato. Un esempio lo possiamo osservare semplicemente osservando il sole. Fino al 1500 osservando il moto del sole e della luna che si muovevano nel cielo era idea comune che la terra fosse al centro dell’universo (primo paradigma: teoria Geocentrica). Questo modello era in grado di spiegare sufficientemente bene tutti i moti celesti osservati e risultava conforme con la visione cosmologica delle Sacre Scritture, oltre che coerente con il senso comune (affermazione del paradigma che rimane lo stesso: Geocentrismo). Nel corso dei secoli alcuni filosofi (es. Aristarco, Eraclide ) avanzarono l’ipotesi che la rotazione delle stelle potesse essere apparente e dovuta al moto della Terra (difficoltà nell’applicare il paradigma al problema contemporaneo). Sulla base delle conoscenze scientifiche del tempo però le teorie vennero confutate. Con il progredire delle tecnologie e delle conoscenze poi, un astronomo polacco di nome Niccolò Copernico (da cui prende il nome la Rivoluzione Copernicana) descrisse i moti celesti ponendo al centro dell’universo il sole e dimostrando così le teorie avanzate dai filosofi greci in cui non erano i corpi celesti a ruotare attorno alla terra ma il sole al centro del sistema di orbite dei pianeti (cambio del paradigma: teoria Eliocentrica). Con il variare delle necessità e delle conoscenze, le soluzioni tecnologiche così come le teorie subiscono dei cambiamenti talvolta anche radicali. Ciò non significa che le idee precedenti fossero sempre totalmente sbagliate, ma solamente che erano basate su conoscenze e tecnologie meno progredite di quelle attuali. Basandosi pertanto su nuove prove, vengono formulate nuove teorie che spiegano tutti quegli ambiti in cui il vecchio sistema falliva. Alcune teorie scientifiche elaborate nel XIX e XX secolo (tra cui l’evoluzione, la relatività ristretta e la meccanica quantistica) sono ritenute tutt’ora corrette. A tal proposito bisognerebbe però aprire una piccola parentesi.

Prova

La “prova” in senso scientifico è forse il concetto più ampiamente frainteso fra tutti i termini usati in ambito scientifico. Essa ha una definizione tecnica: è “una dimostrazione logica che determinate conclusioni derivano da certe ipotesi”, la quale è fortemente in contrasto con quanto viene utilizzato in una conversazione casuale, che è più simile a, semplicemente, “forte evidenza per qualcosa.” C’è quindi una discrepanza tra come gli scienziati parlano e quello che la gente riesce a percepire perché i ricercatori tendono ad avere in mente una definizione ben più forte, delineata e precisa. Dalla definizione di uso comune la scienza però non dimostra nulla! Così, quando viene chiesto: “Qual è la prova che ci siamo evoluti da altre specie?” o “Si può davvero dimostrare che il cambiamento climatico è causato dall’attività umana?” legati al termine di uso comune si tende a esitare, piuttosto che rispondere con sicurezza: “Certo che possiamo. Il fatto che la scienza sia in continua evoluzione è uno degli aspetti chiave della sua efficacia.” Tramite il miglioramento e l’aggiornamento dei “vecchi” paradigmi essa sviluppa infatti teorie sempre più affidabili e complete del mondo. Il concetto di prova in senso scientifico è dunque molto forte e riscontra un grosso problema con l’affermazione “Solo una teoria”. Affermato in tal modo, implica che una vera e propria teoria scientifica sia una piccola cosa, non supportata da dati e dimostrazioni scientifiche. Cosa mai più lontana dal vero. Alcune volte si può sentire esclamare “…Ah ma è solo una teoria!” nei confronti, ad esempio, della Teoria dell’Evoluzione. Al contrario, però, mi sembra che nessuno dubiti della teoria sulla Gravità di Isaac Newton provando a volare in cielo come Superman. Insomma, il termine “teoria”, in senso scientifico, è tutt’altra cosa rispetto a quello utilizzato in senso comune, inteso come “idea”.
Accade spesso di assistere all’utilizzo errato di questi termini, e insieme a essi viene associata un’altra espressione fraintesa nella vita di tutti i giorni: l’aggettivo “Chimico”.

Chimico e sintetico

Qualche settimana fa, infatti, sono andato al supermercato e, arrivato di fronte al banco dei dolcificanti, ho assistito ad una discussione tra due ragazzi riguardo a quale tipo di vanillina acquistare :
– “Quale devo prendere secondo te?”
– “Prendi quella naturale! Quella estratta dalle bacche di vaniglia, perché quella “chimica” fa male! Quella naturale, in teoria, è più sana!”.

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Pianta di vaniglia

Nell’uso comune, infatti, l’aggettivo “chimico” viene utilizzato per indicare tutto ciò che è “sintetico” e quindi di origine industriale o prodotto dall’uomo. Nella maggior parte dei casi ha una connotazione negativa nei confronti della sostanza a cui è attribuita.. Ma che cos’è la chimica? Per definizione è “Quella scienza, o più precisamente quella branca delle scienze naturali, che studia la composizione della materia ed il suo comportamento in base a tale composizione”. Quindi, secondo definizione, è tutto chimico. Ma allora cosa intendeva quel ragazzo? Andiamo a indagare meglio sulle reali differenze tra ciò che viene definito “chimico”, inteso come “sintetico”, e ciò che viene definito “naturale” osservando come esempio la vanillina che troviamo al supermercato. Quella di origine “naturale”, ossia estratta dalle bacche della vaniglia, contiene la molecola della vanillina insieme ad una serie di altre molecole presenti in percentuali bassissime con un gusto molto simile ma leggermente diverso. Questa leggera differenza viene percepita molto poco dalle nostre papille gustative se non come “sfumatura di…” spesso utilizzato dai critici culinari.
La vanillina sintetica invece viene “costruita” in laboratorio partendo da altre molecole e ha come prodotto finale la stessa identica molecola presente nelle bacche di vaniglia, con lo stesso identico gusto. L’unica differenza è che non sono presenti tutte quelle molecole di contorno in percentuali bassissime citate dai critici in quanto, chi la produce, sintetizza solo quella molecola e non le altre. L’unica diversità tra queste due molecole risiede quindi nella fatica per produrle o estrarle.
È come se comprassimo una casa e avessimo, compreso nel prezzo, un bel giardino con la staccionata in legno dipinta di bianco o se, comprando la stessa identica casa, avessimo il giardino ma non la staccionata. Comprando le assi di legno e la vernice bianca potremmo costruire la stessa identica staccionata con l’unica differenza che nel primo caso era stata prodotta da qualcun altro, il carpentiere o la pianta di vaniglia, mentre nel secondo la dobbiamo costruire noi. Cosa cambia se non la fatica? Oltre a ciò il prodotto sintetizzato dall’uomo, essendo puro, è particolarmente adatto a chi presentasse un’intolleranza o un’allergia verso uno dei composti di contorno presenti in piccolissime percentuali e che quindi ne precluderebbero l’uso. Questo per la vanillina come per ogni altro prodotto di sintesi.
Nel 2007, la signora Mayu Yamamoto vinse il premio Ig Nobel (conferito a quelle ricerche strane, divertenti e perfino assurde, che però stimolano l’interesse del pubblico alla scienza, alla medicina e alla tecnologia) proprio per aver estratto la vanillina dallo sterco di mucca dimostrando così che, nonostante la scarsa utilità della ricerca che le ha appunto permesso di vincere il premio, la molecola diventa esattamente uguale a quella estratta dalla pianta.
Possiamo pensare, infatti, ad una qualsiasi molecola come un insieme di mattoncini Lego. Unendoli secondo un determinato ordine possiamo costruire, ad esempio, un’automobilina. Smontando poi quest’auto, possiamo riutilizzare questi mattoncini per costruire, ad esempio, una casetta. Allo stesso modo le molecole (la casetta o l’auto) sono formate da atomi (i vari mattoncini). Così come smontiamo e rimontiamo i mattoncini lego possiamo smontare e rimontare le molecole ottenendo molecole esattamente identiche a quelle “naturali”.
Solo conoscendo il vero significato delle espressioni scientifiche possiamo farci una opinione più corretta di ciò che accade attorno a noi e decidere in modo più consapevole cosa acquistare o cosa pensare di un determinato fatto senza farci condizionare da preconcetti o da opinioni fallaci altrui.
In realtà, questi sono solo alcuni dei termini che hanno acquisito un significato diverso da quello originale. Nel prossimo speciale andremo a investigare su altre espressioni che, come nel telefono senza fili, hanno acquisito un significato tutto nuovo man mano che sono state riportate di persona in persona.

A cura di Davide Poli