Per secoli, i tramonti hanno affascinato poeti, scrittori e pittori. E ancora emozionano ogni cuore romantico. Ma cosa accadrebbe se scoprissimo che quei cieli infuocati dipinti dai grandi maestri del passato non sono soltanto suggestioni artistiche, ma veri e propri documenti climatici? È quanto ha dimostrato un originale studio condotto da un gruppo di ricerca greco che ha analizzato centinaia di dipinti realizzati tra il 1500 e il 1900 per ricostruire l’impatto atmosferico delle eruzioni vulcaniche più imponenti della storia moderna. Quando un vulcano esplode con violenza, rilascia milioni di tonnellate di polveri in atmosfera. Le particelle più sottili espulse da un’eruzione vulcanica raggiungono gli strati più alti dell’atmosfera grazie all’estrema leggerezza e al fatto che portano una carica elettrostatica. Si comportano come minuscoli magneti che si spingono l’un l’altro sempre più in alto. Le ceneri cariche formano uno strato di atmosfera sporca che scherma la luce del sole, favorisce il raffreddamento del pianeta e modifica i normali processi di formazione delle nubi. Risultato? Precipitazioni anomale e forte instabilità climatica. Non mancano gli aspetti romantici. Queste particelle, sospese a grandi altitudini per mesi o addirittura anni, diffondono la luce solare in modo particolare: i raggi rossi e arancioni vengono intensificati, soprattutto al tramonto. Il risultato? Cieli più “rossi” del solito, visibili anche a migliaia di chilometri dall’eruzione. Ma se nel passato non esistevano satelliti o strumenti ottici per misurare la qualità dell’aria, come possiamo saperlo oggi? L’idea dei ricercatori è stata tanto semplice quanto geniale: osservare quei tramonti attraverso gli occhi dei pittori dell’epoca. Il team ha esaminato più di 500 dipinti di 181 artisti europei, tra cui Claude Lorrain, Caspar David Friedrich, J. M. W. Turner e Edgar Degas. Le opere raffiguravano tramonti, e molte di esse furono realizzate poco dopo grandi eruzioni vulcaniche come quelle del Tambora (1815), del Krakatoa (1883) o del Laki (1783). I ricercatori hanno analizzato le immagini digitali dei dipinti misurando il rapporto tra le componenti rosse e verdi (R/G) della luce. Un rapporto rosso/verde alto indica una dominante rossa più intensa, tipica dei cieli pieni di aerosol vulcanici. Il risultato? I rapporti Rossoverdi nei dipinti realizzati dopo un’eruzione erano in media del 30–40% più alti rispetto a quelli dei periodi “normali”. I valori ricavati dai dipinti hanno raggiunto picchi fino a 0.6 (in particolare dopo le eruzioni del Tambora e del Krakatoa) in linea con altre stime indipendenti ottenute da dati storici, misurazioni ottiche e carote di ghiaccio. Una delle rivelazioni più affascinanti dello studio è la precisione con cui gli artisti hanno colto e riprodotto i cambiamenti del cielo. I pittori del Romanticismo e dell’Impressionismo, in particolare, sembrano aver avuto una straordinaria capacità di osservazione: Turner, ad esempio, ha raffigurato cieli di un rosso intensissimo proprio negli anni successivi alle eruzioni del Babuyan nelle Filippine (1831) e del Coseguina in Nicaragua (1835), con un incremento del rapporto Rossoverde di quasi il 100% rispetto ai suoi lavori precedenti.
In particolare, dopo l’eruzione del Tambora, il vulcano indonesiano che nel 1815 provocò la più grande eruzione della storia, i cieli di Turner diventarono rossi, quasi viola in modo spettacolare. Questo studio non è solo una curiosità scientifica, ma un esempio straordinario di collaborazione tra discipline. L’arte diventa archivio visivo del clima, permettendoci di studiare le dinamiche atmosferiche di secoli fa con una precisione sorprendente. In un’epoca in cui l’attenzione per il cambiamento climatico è crescente, scoprire che i quadri dei grandi maestri possono fornire informazioni utili alla climatologia è quasi poetico.
 
                         
             
             
            