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Pipistrelli, i signori delle tenebre

30 ottobre 2023
15 min di lettura
30 ottobre 2023
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I pipistrelli sono chiamati chirotteri che significa “volatili con le mani”. In tutto il mondo si trovano circa 1100 specie diverse suddivisi in Microchirotteri e Macrochirotteri. I Microchirotteri sono circa 930 specie, generalmente di piccole dimensioni, distribuiti su tutto il pianeta, tranne che nelle regioni polari e su alcune isole oceaniche e sono prevalentemente entomofagi (mangiatori di insetti). I Macrochirotteri, invece, sono di taglia maggiore, sono circa 186 specie distribuiti in prevalenza nelle regioni tropicali, escluse le Americhe e sono principalmente frugivori (mangiatori di frutti). In Italia i pipistrelli rappresentano il gruppo di mammiferi con più specie, ne sono state segnalate 34 differenti.

Volare con le mani
Le caratteristiche che li differenziano dagli altri mammiferi sono sicuramente le braccia e le mani trasformate in un perfetto organo di volo. L'ala dei chirotteri deriva, infatti, dalla trasformazione dell'arto anteriore e in particolare dalla mano, che possiede ossa metacarpali e falangi molto allungate. Le ossa del braccio (l'omero) e dell'avambraccio (radio e ulna sono quasi del tutto fuse nei pipistrelli) formano il telaio osseo su cui si tende la membrana alare, chiamata patagio. Esistono altri mammiferi, come lo scoiattolo volante, capace di lanciarsi dagli alberi, allargando i quattro arti in modo da tendere la membrana cutanea che si trova tra i polsi e le caviglie. In questo caso, però, si tratta di una “planata” e non di volo attivo come quello dei pipistrelli, unici mammiferi al mondo con questa caratteristica.

Vedere con le orecchie
I “super poteri” di questi particolari mammiferi non si limitano di certo alla straordinaria capacità di volare!
È una falsa credenza che i pipistrelli siano ciechi. Ci vedono esattamente come noi umani, ma hanno "scelto" di essere attivi di notte per usufruire di una risorsa scarsamente sfruttata da altri animali: gli insetti volatori notturni. Difficile quindi orientarsi e cacciare al buio della notte prede così piccole e veloci, affidandosi soltanto alla vista!
Oggi sappiamo che i chirotteri emettono dalla laringe ultrasuoni, che vengono liberati attraverso il naso o la bocca. Sono capaci, poi, di analizzare l'eco che ritorna e di capire se si tratta di una preda o di qualcos'altro.
Il primo ricercatore che fu in grado di comprendere appieno questa capacità è stato l'italiano Lazzaro Spallanzani alla fine del XVII secolo e Ludwing Jurine, un dottore di Ginevra. Spallanzani fece degli esperimenti con pipistrelli accecati, i quali erano in grado lo stesso di orientarsi perfettamente e di evitare gli ostacoli. Jurine provò invece a chiudere le orecchie di questi animali e in quel caso avevano molte difficoltà nell'evitare gli ostacoli. Entrambi i ricercatori non erano in grado di dare delle spiegazioni adeguate a questi fenomeni.
Molto tempo dopo, nel 1920, il fisiologo inglese Hartridge ipotizzò, pensando alle ecosonde che le navi utilizzano per individuare sottomarini, che i pipistrelli usassero gli ultrasuoni per orientarsi grazie all'eco. Solo nel 1938 si ebbe la prova di questa supposizione, grazie all'americano Donald Griffith che utilizzò un apparecchio che rendeva gli ultrasuoni dei pipistrelli udibili anche all'orecchio umano. I chirotteri, infatti, sono capaci di creare una sorta di “mappa uditiva” dell'ambiente in cui si trovano e di memorizzarlo, proprio come noi memorizziamo un quadro.
Se si osserva un pipistrello prima che si metta in volo, si vedrà che gira la testa con la bocca aperta velocemente in ogni direzione. In questo modo, infatti, esplora l'ambiente con gli ultrasuoni, raccoglie l'eco con le orecchie piegate in avanti e memorizza. Se il pipistrello si orienta in uno spazio, bastano solo due o tre suoni, se trova invece una preda, il numero delle frequenze aumenta di molto.
Come mai i pipistrelli utilizzano proprio gli ultrasuoni?
Il motivo è che l'alta frequenza consente la produzione di echi in grado di riconoscere anche piccoli corpi come gli insetti cacciati. Ad esempio, un impulso di 50000 Hz corrisponde ad una lunghezza d'onda di circa 6 mm, cioè proprio le dimensioni di un insetto. Se invece l'impulso fosse di 260 Hz, la lunghezza d'onda sarebbe di 1 m e questo darebbe la possibilità all'insetto di spostarsi senza essere percepito tra un'onda e l'altra.

Fame da pipistrello
Si dice “foraggiamento” l'attività con cui i Chirotteri ricercano e catturano la preda. L'enorme dispendio di energia che il volo comporta, rende i pipistrelli degli eccezionali divoratori di cibo. Infatti, in una notte di caccia devono assumere una quantità di prede pari ad un terzo o metà della loro massa corporea. Un pipistrello dal peso di 20 g, ad esempio, mangia 7-10 g di prede. Un uomo di 80 kg, se mangiasse come un pipistrello, dovrebbe cibarsi in un giorno da 27 a 40 kg di cibo! Per questo motivo i pipistrelli rivestono un ruolo importantissimo negli ecosistemi, infatti, sono pochi gli uccelli notturni che si alimentano di insetti. I Chirotteri, inoltre, sono degli alleati perfetti nel controllo di molti insetti “nocivi” per l'uomo. Un pipistrello può catturare in una notte fino a 2000 prede, soprattutto zanzare! Quindi, favorendo l'incremento di numero dei pipistrelli, è possibile limitare l'uso di insetticidi chimici, a vantaggio della salute umana e dell'ambiente.

Madri affettuose
Tra tutti i mammiferi, i pipistrelli sono sicuramente i più sociali. In Australia è stata osservata una colonia di Miniotteri formata da circa 44 mila femmine. Anche in Italia i pipistrelli formano una cosiddetta “nursery” per allevare i piccoli. Maschi e femmine si uniscono in autunno e nel rifugio invernale. Questo istinto di aggregazione è probabilmente un'astuzia della natura per garantire la sopravvivenza, infatti, in questo modo i pipistrelli si ritrovano facilmente durante il periodo dell'accoppiamento e garantiscono l'allevamento dei piccoli. Le femmine partoriscono una sola volta all'anno e un piccolo per volta.
Nella nursery ogni mamma si prende cura del proprio piccolo, ma è la colonia intera che, aggregandosi o diradandosi, protegge i neonati dagli sbalzi di temperatura. I pipistrelli italiani iniziano ad accoppiarsi verso metà agosto o inizio settembre, subito dopo l'allevamento dei piccoli. Il ciclo sessuale dei maschi non coincide però con quello delle femmine. Le femmine si accoppiano con i maschi anche in questo periodo, ma le loro uova non sono ancora mature e quindi non sono fertili. Le femmine possono, però, conservare gli spermatozoi, che ricevono il nutrimento dall'utero, fino alla successiva primavera. Le uova delle femmine sono mature solo in primavera, quando i pipistrelli lasciano la tana invernale. In tutti i mammiferi l'uovo viene fecondato dopo l'accoppiamento e l'embrione inizia subito a svilupparsi. I pipistrelli sono un'eccezione nel mondo animale, infatti, dopo l'accoppiamento, le femmine tengono gli spermatozoi in una piccola tasca che si trova negli organi sessuali femminili. Solo alla fine del letargo, uno degli spermatozoi conservati entra nell'uovo femminile e l'embrione inizia a svilupparsi.

Termoregolazione
Gli uccelli e i mammiferi mantengono una temperatura corporea costante attraverso meccanismi di termoregolazione. Per quanto riguarda i pipistrelli, la temperatura corporea durante l'attività notturna varia tra i 35°e i 40°C. Durante il riposo diurno, invece, risparmiano energia e la loro temperatura si abbassa fino 15°-20°C. Se le condizioni atmosferiche, come notti fredde e piovose, non permettono i voli notturni, i pipistrelli si raffreddano ancora di più ed entrano in uno stato semiletargico che viene chiamato torpore e che consente un ulteriore risparmio energetico.
Durante l'inverno i Chirotteri vanno in un vero e proprio letargo e la temperatura corporea viene portata sui valori di quella del rifugio in cui si trovano, generalmente compresa tra 2° e 10°C. I pipistrelli sono capaci di riscaldarsi autonomamente e usano la loro capacità di variare la temperatura corporea ogni volta che ne hanno bisogno. Ad esempio, quando ci sono i neonati, le mamme pipistrello mantengono la temperatura corporea alta anche durante il giorno per scaldarli, poiché i piccoli non sono ancora capaci di termoregolare.

Rifugi
Per riposare di giorno, per accoppiarsi, per partorire e allevare i piccoli, per trascorrere l'inverno in letargo, i Chirotteri utilizzano diversi tipi di rifugi, chiamati col termine inglese roost.
In genere i rifugi utilizzati da un pipistrello durante tutto l'anno sono localizzati entro poche decine di chilometri. Esistono, però, specie migratorie come il pipistrello di Nathusius e la nottola comune, che si spostano anche a distanze di oltre 1500 chilometri. In inverno durante il letargo i pipistrelli si rifugiano generalmente nelle grotte. Molte specie nella stagione più calda utilizzano le cavità degli alberi: nidi abbandonati di uccelli, spazi al di sotto di corteccia sollevata, vecchi alberi morti, ecc. Altre specie, in sostituzione di ambienti naturali distrutti o alterati dall'attività umana, si sono adattate a vivere in ambienti sotterranei artificiali come miniere, gallerie e costruzioni. Capita spesso che i pipistrelli utilizzino i cassonetti delle persiane avvolgibili delle case.

Pipistrelli in pericolo
Lo stato di conservazione di una specie è un indicatore della probabilità che quella specie continui a sopravvivere e purtroppo quello dei Chirotteri non è uno stato di conservazione buono. L'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali, il più importante organismo internazionale che si occupa di conservazione, dopo aver esaminato circa 778 specie, ne ha inserite circa la metà nella Lista Rossa delle specie minacciate. Questo stato di conservazione precario riguarda anche i Chirotteri italiani; infatti, molte specie rischiano l'estinzione nel medio o breve termine. I pipistrelli in Italia sono considerati specie protette dal 1939 (Articolo 38 della Legge sulla Caccia 5/6/1939 n°1016), dopo che è stata riconosciuta la loro importanza nel tenere sotto controllo il numero di insetti dannosi.
Questo provvedimento, però, impediva solamente l'uccisione o la detenzione di questi animali, ma non si preoccupava di tutelare gli ambienti in cui vivono. Le principali cause di declino delle popolazioni di pipistrelli, infatti, sono attribuite proprio all'alterazione e distruzione degli habitat, che non risultano più adeguati a fornire siti di rifugio e foraggiamento e al disturbo antropico diretto. Per questo i pipistrelli sono stati inseriti come specie protette nelle principali Direttive e Convenzioni europee, come la Convenzione di Berna e di Bonn, e la Direttiva Habitat per la conservazione della natura (Decreto del Presidente della Repubblica n°357 dell'8 settembre 1997). Purtroppo, le disposizioni di tutela dei pipistrelli in Italia sono spesso ignorate poiché i problemi di conservazione non sono noti alla maggior parte della gente. Pertanto, sono indispensabili per la loro salvaguardia iniziative di informazione e sensibilizzazione nei riguardi di questi piccoli e graziosi mammiferi.

Distruzione e alterazione degli ambienti di foraggiamento
Durante l'epoca romana, le nostre principali aree di pianura, come ad esempio le zone intorno a Torino, Milano e l'Emilia Romagna, si presentavano completamente ricoperte da lussureggianti foreste di latifoglie, composte da diversi strati di vegetazione, fino ad arrivare alla volta dominata da querce alte anche 45 metri (più o meno l'altezza di un palazzo di 13 piani!). Le foreste erano, però, frammentate da spazi con vegetazione erbaceo-arbustiva, create da incendi naturali o dalla caduta di grossi e vecchi alberi. C'erano anche fiumi, liberi di cambiare naturalmente il proprio corso e paludi su cui volavano grossi sciami di insetti legati all'acqua. È facile intuire quanto tutto questo fosse ideale per le popolazioni di Chirotteri.
In Italia con l'inizio della “centuriazione” romana, questi ambienti lasciarono il posto a campi agricoli e pianure bonificate. La centuriazione era un sistema con cui i romani organizzavano il territorio agricolo, cioè in parcelle individuate con regolarità geometrica, che venivano assegnate a privati per essere disboscate e coltivate. In seguito, durante il medioevo, i monaci bonificarono gran parte delle aree palustri. Con l'arrivo del progresso tecnologico, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i trattori e le macchine agricole permisero la coltivazione di ampie superfici di terreno in modo molto veloce ed efficace.
Furono eliminati gli ultimi relitti di vegetazione spontanea rimasta, che intralciavano il movimento delle macchine agricole, e le popolazioni di numerose specie di insetti forestali iniziarono a diminuire. Di pari passo diminuì l'allevamento di bestie da soma e di conseguenza le specie di insetti a loro legate. L'introduzione degli insetticidi nella moderna agricoltura ha condizionato la possibilità di alimentarsi per molte specie di chirotteri. Infatti, i pipistrelli non solo hanno meno disponibilità di prede, che vengono sterminate dagli insetticidi, ma trovano anche insetti contaminati. I pipistrelli, quindi, si trovano ad assumere insetticidi attraverso gli insetti di cui si alimentano e ad accumularli nelle proprie riserve di grasso. Al risveglio dal letargo, quando il pipistrello consuma in pochissimo tempo le riserve di grasso accumulate per riprendere l'attività, i veleni accumulati entrano nel circolo sanguigno, provocandone spesso la morte.

Distruzione e alterazione dei siti di rifugio
I siti naturali dei pipistrelli per il riposo diurno sono cavità degli alberi, gallerie scavate nei tronchi dalle larve di insetti del legno, grotte e fessure nelle pareti rocciose. Valide alternative ai rifugi naturali sono le miniere abbandonate, interstizi di edifici, sottotetti e solai, o ancora spazi sotto i ponti. Sia i rifugi artificiali, sia quelli naturali sono però soggetti a continuo degrado a causa di: disboscamenti, asportazione di alberi morti, visite turistiche o speleologiche all'interno delle grotte, che disturbano il risposo dei Chirotteri. Quando i pipistrelli sono in letargo, l'innalzamento della temperatura ambientale dovuta alla presenza umana, può provocare il processo di risveglio, e in questo modo il grasso accumulato viene parzialmente consumato. Se il risveglio avviene più volte durante il letargo, in primavera gli esemplari rischiano di non avere più riserve sufficienti per il risveglio definitivo e quindi possono morire. Per quanto riguarda i vecchi edifici e le miniere, spesso vengono demoliti o destinate a nuovi usi e così si perdono altri rifugi.