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Che lingua parla la scienza? 2° parte

22 maggio 2020
16 min di lettura
22 maggio 2020
16 min di lettura

Un vecchio detto popolare afferma che “la mela non cade mai troppo lontano dall’albero”.
Apparentemente sembra una sacro santa verità: il prodotto di qualcosa o qualcuno, sarà pur sempre simile a chi l’ha generato. Come abbiamo potuto osservare nello scorso speciale però, per quanto riguarda i termini scientifici non sembra essere sempre così vero. Molte volte infatti il significato del termine viene modificato o addirittura sostituito con qualcosa di completamente diverso, acquisendo così un significato che ci può portare a idee sbagliate del mondo che ci circonda. Uno dei termini più comunemente utilizzato e allo stesso tempo frainteso è ad esempio “biologico”.

Cibo Naturale – Organico

Oggi esiste infatti una costellazione di termini che viaggiano insieme alla parola “biologico”, come “privo di sostanze chimiche”, “naturale” e “organico”.
Spesso si collega questo aggettivo all’idea che questi prodotti abbiano proprietà nutrizionali migliori rispetto ai prodotti derivanti dall’agricoltura tradizionale in quanto privi di pesticidi e pertanto più sicuri.
Analizzando questi aspetti, il chimico Dario Bressanini spiega nel suo blog per Le Scienze, come questi siano fallaci. Egli illustra infatti come la raccolta di tutti gli studi pubblicati inerenti al confronto dei contenuti nutrizionali tra agricoltura tradizionale e biologica dal 1958 ad oggi non abbiano dimostrato, salvo alcuni particolari casi, sostanziali differenze nutrizionali. Allo stesso modo, molte persone pensano che l’agricoltura biologica non faccia uso di pesticidi. In realtà non si può fare uso di pesticidi di sintesi, ma ne utilizza alcuni di origine naturale. Questi però, pur non essendo sintetici, possono comunque avere un impatto ambientale non trascurabile. Ne sono un esempio i sali di rame che sono tossici e risultano di difficile eliminazione una volta accumulati nel terreno, ma che vengono utilizzati come fungicidi. L’utilizzo di questo termine per indicare quei cibi privi di sostanze “sintetiche” o “chimiche” come sinonimo di “sicuri”, “sani” e non nocivi a prescindere è pertanto errato. Al contrario le cose possono essere “sintetiche”, ma sicure e talvolta possono essere anche una scelta migliore. Basti pensare all’insulina che viene prodotta principalmente da batteri OGM e salva moltissime vite ogni anno, nonostante gli OGM siano sempre molto discussi. Ma cosa sono gli Organismi Geneticamente Modificati?
Per capirle meglio cosa sono dobbiamo prima approfondire due concetti.

Gene

Il primo è il concetto di Gene che, nel 1909 fu coniato da W.L. Johannsen, botanico e genetista danese il quale lo definì come “unità ereditaria localizzata nei cromosomi che, attraverso l’interazione con ambiente interno ed esterno, controlla lo sviluppo di un carattere o fenotipo. Può autoreplicarsi ed essere trasmesso ai discendenti”. Anche egli non era bravissimo con le spiegazioni semplici per cui proviamo a fare un piccolo passo indietro. Il nostro manuale delle istruzioni, quello che riguarda la costruzione e il funzionamento del nostro corpo da quando siamo un semplice embrione fino a diventare adulti, è depositato in ogni nucleo di ogni nostra cellula. Nell’uomo è costituito da 46 volumi, i cromosomi, divisi in capitoli, i geni. Questi capitoli sono scritti con 4 lettere fondamentali complementari a due a due (A complementare a T, C complementare a G) che, combinate tra loro, formano una sequenza chiamata DNA. Questo è una molecola formata da due filamenti: uno, costituito da una lunga sequenza formata dalle lettere sopra citate, e l’altro costituito dalle esatte complementari. Questa sequenza, che può essere più o meno lunga, forma un Gene. Proprio come i capitoli di un libro sono di lunghezza variabile, così anche il numero di lettere che compone un gene varia a seconda delle istruzioni in esso riportate. Queste informazioni servono a seconda di come sono scritte a determinare, ad esempio, il colore dei nostri occhi o dei nostri capelli. In ogni capitolo vi sono le istruzioni per costruire o far funzionare un pezzettino del nostro corpo. Proprio come due paragrafi con lo stesso titolo possono descrivere lo stesso argomento seppur con un testo completamente diverso, così fannoanche geni per la stessa funzione, es. colore degli occhi, possono determinare il colore degli occhi pur scrivendolo in modo diverso: azzurri, castani, verdi. Le diverse versioni dello stesso gene (capitolo) sono chiamate alleli. Un grosso fraintendimento riguardo i geni sta nel fatto che vengono sempre riferiti come “geni per…”. Tra i vari esempi vi è quello del Corriere della sera che intitola un suo articolo “Scoperto il gene che ci fa innamorare” trasformando il titolo tratto da Le Scienze, che iniziava un suo articolo con “Scoperta associazione tra il gene OXTR (che regola l’ossitocina) e l’amore materno”. Come questi, si trovano facilmente su internet riferimenti a “geni della fedeltà” o “della felicità”. Quando una variazione genetica è correlata con qualcosa, è il “gene per” quel qualcosa. Il linguaggio suggerisce che “questo gene provochi, ad es., malattie cardiovascolari”, quando la realtà di solito afferma che “le persone che hanno questo allele sembrano avere un’incidenza leggermente più alta di malattie cardiache, ma non sappiamo perché e forse ci sono vantaggi che compensano queste malattie cardiache che non abbiamo notato perché non li stiamo cercando”.

Evoluzione

Il secondo concetto da chiarire dopo quello di gene è il concetto di Evoluzione. In senso classico, con questo termine si intende “un cambiamento più o meno direzionale di un oggetto, situazione, movimento, etc., che implica una miglioria funzionale, strutturale, etc.”. Per quanto riguarda l’applicazione alla biologia, questo termine acquista una specificità maggiore indicando “un cambiamento casuale determinato da una o più sostituzioni nucleotidiche che portano ad un cambiamento geno-fenotipico testato per selezione naturale”. Per spiegare questa definizione dobbiamo ricorrere a quanto appena appreso riguardo ai geni. Come ogni buon libro, infatti, anche l’intero libretto delle istruzioni (cromosoma) di una cellula viene totalmente riscritto ogni volta che questa viene duplicata in modo da dotare anche la nuova nata di tutte le indicazioni che le servono per crescere e operare al meglio. Nei vecchi monasteri medievali vi erano gli amanuensi che trascrivevano interi i libri, nello stesso modo il codice genetico viene trascritto attraverso un processo chiamato PCR. Ogni tanto, però, capita che questi microscopici amanuensi commettano un piccolo errore di trascrizione e sbaglino a scrivere una parola. In questi casi il capitolo può rimanere comprensibile, e quindi non comportare nessun cambiamento nelle istruzioni, oppure può risultare deleterio comportando la mancata comprensione di quel capitolo da parte della cellula, e quindi la morte della stessa se non dell’intero organismo. Può anche accadere che il capitolo venga utilizzato con un significato leggermente diverso con una sorta di “sinonimo” della parola originaria. In quest’ultimo caso il cambiamento può portare a una miglioria della funzione svolta da quel gene, ad esempio correre più veloce, saltare più in alto o avere delle foglie più larghe. In questo caso gli organismi che hanno questa modifica sopravvivranno meglio rispetto a quelli che non l’hanno e con il passare dei millenni, in tempi geologici, verrà tramandato solo il nuovo gene più funzionale rispetto al vecchio. In alcuni casi questo cambiamento all’apparenza migliore porta a un peggioramento della funzione e di conseguenza viene perso in seguito alla morte di quell’organismo. Charles Darwin definì la forza che seleziona quali errori sono utili e quali no chiamandola “Selezione Naturale”. Infatti, con il passare dei millenni questa forza ha “stabilito” quali errori di trascrizione erano utili e quali no. Attraverso le generazioni discendenti da un antenato comune, la somma di questi errori ha quindi portando alla scrittura di capitoli completamente nuovi che trattano però lo stesso argomento. Grazie alla somma di questi errori una piccola scimmia antropomorfa che viveva in Africa, si è giunti alla comparsa sulla terra dall’Homo habilis e, passando dall’ Homo erectus, fino ad arrivare all’Homo sapiens: Noi.

OGM

Bene, fatte queste due premesse possiamo tornare alla domanda precedente: cosa sono gli Organismi Geneticamente Modificati?
Da tempi immemori l’uomo coltiva la terra e addomestica gli animali. Il primo animale domestico conosciuto sembra essere il cane, addomesticato circa nel 14000 a.C., presso le popolazioni di cacciatori-raccoglitori nell’ Europa settentrionale e qualche migliaio di anni dopo in Asia nord-orientale. Ancora prima è da datare la scoperta dell’agricoltura, circa 23000 a.C. L’uomo primitivo iniziò la semina spinto dalla lunga osservazione dei cicli vitali delle piante: la conservazione di una parte dei semi raccolti e la loro successiva piantagione costituirono il primo passo nella coltivazione della terra. Da quel momento ha inizio la storia degli OGM. In un primo momento questo processo era inconscio, ma con il passare dei secoli è diventato sempre più predominante, nonché trainante, sia nell’allevamento che nell’agricoltura. Il meccanismo alla base del OGM è quello che spinse l’uomo ad avere frutta più grande o cani più veloci. Attraverso una scelta dei frutti più belli e più grandi e degli animali che soddisfacevano meglio le sue esigenze, quindi più docili e grassi, l’uomo ha plasmato gli organismi secondo le sue esigenze. Questo è il meccanismo che l’uomo primitivo ha sfruttato inconsapevolmente per modificare gli animali e le piante. L’uomo ha svolto in questo modo la funzione della Selezione Naturale. Egli ha deciso quali “sinonimi” si addicevano meglio alle sue necessità, abbandonando quelli che non gli garantivano la sussistenza. La selezione da parte della natura però è su scala geologica, implicando quindi tempi lunghissimi. e Per quanto quella attuata dall’uomo primitivo fino a oggi sia più rapida, rimane comunque molto lenta. Di conseguenza, abbiamo imparato a velocizzare questo processo grazie alle innovazioni tecnologiche avvenute tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo e siamoin grado di scrivere le “parole giuste” da inserire all’interno di un organismo. In questo modo riscriviamo i capitoli, utilizzando dei sinonimi, nello stesso modo in cui i nostri antenati modificavano i loro animali e le loro piante secondo le loro esigenze. L’opera della “Selezione Naturale” viene effettuata testando questi sinonimi migliaia e migliaia di volte prima di rendere utilizzabili questi prodotti che quindi risultano sicuri e non nocivi. –In realtà, citando Dario Bressanini, “il mais OGM resistente agli insetti risulta essere più sano per l’uomo perché contiene meno tossine (fumonisine), che invece sono presenti in misura maggiore nel mais italiano sia convenzionale, che biologico.” Inoltre gli OGM possono aiutare i Paesi poveri a migliorare la loro produzione agricola riducendo le perdite dei raccolti, aumentando i profitti degli contadini e diminuendo fortemente l’uso di pesticidi per milioni di piccoli agricoltori. Un esempio è il cotone Bt resistente agli insetti che ha avuto una diffusione e un impatto notevole sui Paesi in via di sviluppo che hanno deciso di coltivarlo. La coltivazione convenzionale del cotone fa largo uso di pesticidi, con effetti spesso deleteri per l’ambiente e per gli agricoltori. La Banca Mondiale ha dichiarato che è stato un successo su tre fronti: ha aumentato i profitti dei raccolti riducendone le perdite e contemporaneamente l’utilizzo di pesticidi che minavano la salute degli agricoltori.
Allo stesso modo, come il cotone e il mais hanno “imparato” a difendersi dagli insetti, così l’insulina viene sintetizzata grazie alle istruzioni impiantate all’interno di alcuni batteri che quindi hanno “imparato” a sintetizzarla. Come lei sono molte le sostanze che usiamo comunemente che vengono sintetizzate e che ci rendono la vita più semplice, basti pensare ai farmaci, a tutte quelle sostanze presenti in natura solo in quantità esigue o che necessitano di tempi geologici per formarsi. Queste ultime poi trovano un’ ulteriore diffidenza legata all’incomprensibilità della lunghezza dei tempi necessari alla loro formazione. Molte persone capiscono che servono periodi molto lunghi ma le cifre sono così enormi che spesso risultano troppo astratte per esserci comprensibili.

Tempi geologici

Per la nostra mente, abituata a oggetti finiti e definiti, una delle cose più difficili da comprendere sono i numeri così grandi, o meglio le reali proporzioni tra essi. In questo caso tra tempi geologici. Questa difficoltà risiede nella loro dimensione estremamente grande rispetto al nostro termine di paragone: la vita umana. Nell’uso comune si sa che, ad esempio, la terra si è formata circa 4,5 miliardi di anni fa, che gli squali solcano gli oceani da circa 400 milioni di anni e che i nostri antenati più primitivi, i primi appartenenti al genere Homo, abbiano fatto i primi passi circa 2,5 milioni di anni fa. Numeri molto grandi certo, ma astratti. Usiamo allora unità di misura più tangibili: se, ad esempio, un anno fosse lungo un centimetro, per vedere la nascita della nostra cara Terra dovremmo coprire una distanza pari a circa 45 mila chilometri, circa la lunghezza dell’equatore; per poter nuotare con uno dei primi squali dovremmo viaggiare per circa 4000 chilometri, circa 4 volte il viaggio da Aosta a Bari; per poter osservare come vivevano i dinosauri dovremmo viaggiare per 2300 chilometri, come se andassimo in macchina da Lecce a Londra; se infine volessimo andare a vedere uno dei nostri antenati più antichi, uno dei primi uomini che hanno messo piede sulla Terra, dovremmo percorrere circa 25 chilometri. Sembra essere un viaggio abbastanza breve, ma se si considera ottimisticamente l’attuale traguardo dei 100 anni di vita, dovremmo percorrere 25.000 metri per raggiungere i primi uomini.
Tutti questi termini sono “caduti ben lontano dall’albero” da cui si sono staccati e rappresentano uno dei problemi che allontanano la scienza da chi ne è estraneo. Se ci affidiamo ai termini come vengono utilizzati nel linguaggio comune rischiamo infatti di guardare “al dito che indica la luna e non alla luna stessa”, comprendendo così erroneamente gli avvenimenti e di conseguenza provocando un distacco da tutto ciò che orbita in campo scientifico. In questo modo incappiamo infatti in una finta libertà di opinione data dall’incatenamento auna definizione errata che ci porta verso un’opinione sbagliata a priori. Capendo invece cosa intendono dire realmente, possiamo farci un’idea dei fatti e delle ricerche riportate su giornali e telegiornali, evitando di essere condizionati dall’interpretazione fallace fatta da qualcun altro. A quel punto possiamo decidere in modo autonomo se quello che viene riportato dai media è conforme al nostro pensiero o meno, se preferiamo un prodotto invece che un altro o se una ricerca può avere connotazioni negative secondo una logica più corretta.

Bibliografia

A cura di Davide Poli