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Facciamo impallidire anche il corallo!

10 febbraio 2020
16 min di lettura
10 febbraio 2020
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Il delicato equilibrio della barriera corallina

“Guardando la barriera corallina si rimane affascinati dall’enorme varietà delle forme di vita animali e vegetali che la popolano. Eppure, paradossalmente, proprio questa vita in apparenza inesauribile rende difficile comprendere come tutto dipenda da un fragile strato superficiale di minuscoli organismi, i polipi madreporari, intenti a moltiplicarsi senza posa, costruendo infaticabili i loro scheletri di calcare su cui cresceranno i loro simili o dove altri esseri troveranno cibo e rifugio, impegnati nell’eterna lotta per la sopravvivenza.”
Angelo Mojetta, biologo marino e autore di numerosi libri e articoli scientifici

Preziosi costruttori di biodiversità

La barriera corallina, chiamata anche “reef”, costituisce uno degli ecosistemi più ricchi di biodiversità dell’intero pianeta, nonostante occupi solo lo 0,17% della superficie della Terra.
E’ un’estesa e imponente formazione calcarea di origine animale dai mille colori e dalle svariate forme. I responsabili di questo complesso bioma sono gli antozoi madreporari, conosciuti con il nome di “coralli costruttori”. I coralli o madrepore sono costituiti da piccoli polipi di dimensioni variabili (da pochi millimetri ad alcuni centimetri), circondati da un calice calcareo che presenta forma differente nelle diverse specie. All’interno di ogni polipo vivono delle alghe unicellulari dinoflagellate chiamate “zooxantelle”, che conferiscono una colorazione bruno-verdastra.

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La colorazione bruno-verdastra dei coralli è dovuta alla presenza delle zooxantelle.

Questa particolare associazione è detta “simbiosi mutualistica”, il che significa che entrambe le specie hanno un vantaggio nel vivere insieme. Le alghe infatti, grazie alla fotosintesi clorofilliana, forniscono al polipo energia sotto forma di zuccheri, producono ossigeno ed eliminano anidride carbonica (che potrebbe formare acido carbonico e danneggiare lo scheletro calcareo dei polipi). In cambio, il polipo offre protezione alle microscopiche e numerosissime alghe ospiti. In generale i coralli sono molto dipendenti da questa relazione simbiotica, ricevendo fino al 90% del fabbisogno energetico attraverso questo processo. Ogni centimetro quadrato di madrepora arriva a contenere circa un milione di alghe zooxantelle. Le barriere coralline sono costituite dal carbonato di calcio (CaCO3) utilizzato dai polipi dei coralli per edificare la propria struttura di sostegno; i polipi assorbono questa sostanza dal mare e la fissano allo scheletro esterno.
Le formazioni coralline si sviluppano in massima parte tra la superficie dell’acqua e i trenta metri di profondità.
Sono tre le condizioni ambientali necessarie al suo sviluppo:
Solo in queste precise condizioni il corallo può crescere e riprodursi. Alcune specie (esempio: il corallo cervello) crescono da 5 a 25 millimetri l’anno, altre (esempio: il corallo corna di cervo) crescono molto più velocemente, fino a 10-20 centimetri l’anno. La barriera corallina è un ecosistema in continua crescita perché sui polipi vecchi che muoiono ne crescono di nuovi, cosicché la parte superficiale è costituita da coralli vivi.

  • la temperatura media dell’acqua durante l’inverno deve essere sempre maggiore di 20°C;
  • la salinità deve rimanere costante;
  • deve essere assicurata la presenza di molta luce.

Solo in queste precise condizioni il corallo può crescere e riprodursi. Alcune specie (esempio: il corallo cervello) crescono da 5 a 25 millimetri l’anno, altre (esempio: il corallo corna di cervo) crescono molto più velocemente, fino a 10-20 centimetri l’anno. La barriera corallina è un ecosistema in continua crescita perché sui polipi vecchi che muoiono ne crescono di nuovi, cosicché la parte superficiale è costituita da coralli vivi.

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Barriera corallina in ottimo stato di salute.

Corallo pallido? Colpa dello stress!

Bleaching è il termine utilizzato ormai comunemente per definire lo sbiancamento dei coralli. In caso di stress ambientale (come l’aumento di temperatura) i polipi del corallo buttano fuori le alghe che vivono in simbiosi con essi, le zooxantelle, che danno il colore ai coralli grazie al loro pigmento fotosintetico. Le zooxantelle simbionti sono molto pigmentate per cui quando le alghe vengono espulse, i polipi del corallo risultano trasparenti e rimane visibile solo lo scheletro bianco di carbonato di calcio. La conseguenza di tale fenomeno è la perdita di colore fino allo sbiancamento totale delle colonie di corallo. A volte in alcuni coralli lo sbiancamento ha una colorazione tendente al bluastro, giallo o rosa anziché bianco brillante. Questo è dovuto alle proteine prodotte in alcune specie di corallo, che colorano i tessuti, diventando il pigmento dominante quando mancano le zooxantelle.
Se la causa dello stress dura pochi giorni, il corallo ritorna velocemente allo stato normale, se invece continua per un periodo prolungato il corallo muore; può anche capitare che una volta iniziato lo sbiancamento, i polipi continuino l’espulsione delle zooxantelle anche se le cause dello stress sono state rimosse. Infatti, anche se il corallo è sbiancato non è detto che sia morto: se cessano le condizioni che hanno determinato il fenomeno, le alghe ricolonizzano i polipi e la situazione ritorna allo normalità. Se lo stress dura molti giorni consecutivi, può passare parecchio tempo prima che la concentrazione dei simbionti torni ad essere normale e può addirittura morire. Il corallo che non riesce a sopravvivere, inizia ad essere distrutto, soprattutto dall’azione del mare, ma anche della fauna ittica, come ad esempio i pesci pappagallo che si nutrono del corallo. In poche settimane il corallo cosi si sgretola. Inoltre il numero di colonie di corallo diminuisce significativamente se lo sbiancamento ne causa la morte prima che abbiano raggiunto l’età riproduttiva, ad esempio le acropore hanno bisogno di circa 4-5 anni per raggiungere la maturità. Cambiamenti nelle condizioni di riproduzione sono gli effetti che probabilmente condizionano di più la distribuzione e l’abbondanza delle formazioni coralline.
La causa più conosciuta dello sbiancamento del corallo sembra proprio essere l’innalzamento della temperatura del mare. Aumenti di temperatura anche solo di 1-2°C per 4-8 settimane, possono portare allo sbiancamento poiché i coralli vivono già vicini alla soglia termica massima. L’aumento di temperatura fino ad oggi è stato la causa più evidente in assoluto del bleaching a livello globale, tuttavia possono esserci anche altri motivi che influiscono sullo sbiancamento del coralli. Infatti, si è riscontrato lo stesso fenomeno anche in presenza di altri fattori: aumento radiazione solare che innalza la temperatura più del normale, elevate radiazioni UV, cambiamenti nella composizione chimica dell’acqua (specialmente del grado di salinità a seguito ad esempio di forti piogge) o della sua opacità, cambiamenti di correnti che, a causa dell’accumulo di sedimenti, possono deviare l’acqua più calda della laguna verso il reef, malattie del corallo, emersione prolungata durante basse maree eccezionali, alti tassi di sedimentazione e cicloni tropicali.

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Fenomeno di sbiancamento del corallo in una acropora.

Perché l’alta temperatura fa sbiancare il corallo?

Da recenti studi sembra che una temperatura troppo alta faccia collassare l’impianto fotosintetico delle zooxantelle, facendo aumentare la produzione di ossigeno che danneggia le strutture cellulari del corallo. Quindi, per evitare alte concentrazioni di ossigeno e di conseguenza il danneggiamento dei tessuti, i polipi del corallo sono costretti ad espellere le zooxantelle. Variazioni genetiche tra i vari tipi di zooxantelle influiscono sulla resistenza allo stress delle temperature del corallo e quindi sullo sbiancamento.

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Il corallo morto assume una colorazione bianca.

Lo sbiancamento del 1998

Nel 1998 lo sbiancamento dei coralli assunse proporzioni catastrofiche a causa del passaggio del Niño (un fenomeno caratterizzato da anomali spostamenti di acqua negli oceani) che fece aumentare la temperatura media di 2°C in alcune zone dell’Oceano Indiano, in particolare nelle isole Maldive.
Oltre il 90% degli animali simbionti con le alghe, coralli compresi, fu interessato da uno sbiancamento, soprattutto nelle profondità tra gli 8 e i 20 metri e in particolare in alcune zone dell’atollo di Malè Nord alle Maldive. Il fenomeno dello sbiancamento fu talmente evidente in quell’anno che chi nuotava sulla barriera corallina maldiviana diceva di avere l’impressione di “passeggiare sulle Alpi innevate”. In quel periodo la temperatura superficiale dell’acqua era di circa 32°C, registrabile fino ai 15 metri di profondità. La concomitante mancanza di vento peggiorava la situazione perché non si aveva un raffreddamento delle acqua superficiali. In particolare i dati raccolti evidenziano che i coralli ramificati nei primi 10 metri di profondità hanno subito nel 1998 perdite vicine al 90%. La copertura corallina totale che prima era vicina al 40% è diminuita fino al 2-3%. E’ come se improvvisamente una foresta millenaria fosse andata a fuoco: il danno non è solo ecologico e biologico con diminuzione della biodiversità, ma è anche socio-economico, per tutte quelle popolazioni la cui sopravvivenza è legata alla barriera corallina.

Le Maldive e conseguenze dello sbiancamento

I fondali delle Maldive possiedono le più ricche strutture coralline di tutto l’Oceano Indiano e vengono chiamate atolli, cioè formazioni coralline che delimitano una laguna circolare centrale ( la parola “atollo” deriva dal maldiviano “atholu” che significa “isole disposte ad anello”). Queste costruzioni madreporiche sorgono solitamente in acque oceaniche profonde in corrispondenza di antiche isole vulcaniche sommerse. Qui si trovano oltre 66 generi e più di 100 specie diverse di madrepore, e qui vive circa un terzo dei pesci corallini presenti in tutto l’Oceano Indiano. Il motivo di tanta ricchezza dipende dalla varietà di ambienti presenti alle Maldive: vicino alle barriere che si alzano da 2000-3000 metri sino alla superficie, si trovano tranquille lagune delimitate da bianchissime spiagge. I reef sono continuamente interrotti da crepacci che si trasformano in tunnel e canyon e forniscono l’habitat ideale in grado di soddisfare le esigenze di ogni singola specie e delle comunità che queste formano.

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Rannalhi, Atollo Malè Sud, Maldive.

Lo sbiancamento del 1998 ha assunto una grande importanza per le Maldive, infatti, la popolazione maldiviana è di circa 270.000 abitanti e l’economia del Paese è basata principalmente sull’industria del turismo. La barriera corallina maldiviana è una delle più belle al mondo ed è quindi, la maggior attrazione turistica di questo Paese. Grazie ad essa il numero di visitatori negli ultimi trenta anni è aumentato in maniera quasi esponenziale, e il “turismo dei coralli” contribuisce al 30% del Prodotto Interno Lordo. In particolare Il flusso turistico dall’Italia costituisce il 21.2% del totale con circa 130.000-140.000 turisti l’anno. Fortunatamente subito dopo il passaggio del Niño del 1998, la ricolonizzazione del reef è ricominciata molto presto e già l’anno dopo era possibile osservare insediamenti di corallo, inizialmente di tipo incrostante e in seguito di tipo ramificato. Dopo il 1998 però, alcune specie di corallo comuni alle Maldive, sono diventate rare.

La difesa del corallo

Molti coralli hanno all’interno differenti tipi di zooxantelle e hanno la capacità di cambiare la percentuale di una specie piuttosto che un’altra. Il pigmento del corallo ha, tra le varie funzioni, anche quella di proteggere le zooxantelle da eccessi di luminosità. In molti coralli del Pacifico occidentale si trovano i granuli pigmentati fluorescenti che servono per favorire l’ambiente per le zooxantelle, concentrando la luce dove manca e riparando le alghe quando sia ha un’eccessiva luminosità. Questo permette che i coralli, con un’alta concentrazione di granuli pigmentati fluorescenti, siano meno vulnerabili allo sbiancamento in caso di alte temperature. La capacità di sopravvivere al fenomeno del bleaching varia tra le differenti specie di corallo: alcuni grandi coralli massicci come il Porites lobata, possono sopravvivere anche in presenza di alte temperature e molti degli effetti conseguenti, altri invece risultano più sensibili come l’Acropora spp. e non sopravvivono allo sbiancamento. Alcuni studi recenti hanno dimostrato che le specie che sono costantemente sottoposte a piccoli stress riescono a sviluppare una resistenza al fenomeno dello sbiancamento.

Trapianto di corallo nel mondo

Per salvare le barriere coralline, molti scienziati stanno mettendo in pratica in diverse zone del mondo, il trapianto di corallo. In Giappone, ad esempio, nella laguna di Sekisei si cerca di far ricrescere i coralli, mettendo delle larve di corallo su appositi dischi di ceramica. I subacquei dispongono i dischi di ceramica vicino ad una formazione corallina sopravvissuta, dove si stabiliranno le larve del corallo. I dischi verranno poi spostati in una zona di laguna protetta dove possono crescere le colonie. Questa è una vera e propria nursery che serve per la coltivazione del corallo usato appositamente per i trapianti, allo scopo di evitare il prelievo di corallo dalle barriere e il loro danneggiamento. Si cerca in questo modo di facilitare la riproduzione naturale dei coralli, offrendo un rifugio alternativo per lo sviluppo delle larve che in natura avviene dentro le fessure della roccia. Una volta che gli organismi iniziano a crescere, vengono trapiantati sulla barriera.
In Israele invece si raccolgono coralli da altre barriere coralline, si rompono in pezzetti di mezzo centimetro di diametro e si incollano su un qualsiasi substrato, dove crescono per circa una anno protetti da una rete sottomarina. Solo a quel punto i coralli sono trapiantati sulla barriera priva di vita. La nursery per “baby coralli in Israele conta più di 10.000 coralli a diversi stadi di crescita e circa 3000 colonie sono già state trapiantate nel Mar Rosso e in altri mari in Asia e in America.
In Australia i ricercatori prendono coralli pronti per la riproduzione e li portano in laboratorio. Qui i coralli al momento opportuno rilasciano uova e spermatozoi e i biologi marini incrociano i gameti per aumentare la diversità genetica delle larve. Le larve sono dapprima fatte crescere in grosse vasche, in seguito su una barriera artificiale e poi trapiantate sulla barriera corallina australiana.
Dove invece i soldi per le ricerche sottomarine sono scarsi, come nelle Filippine, sono i pescatori disoccupati, guidati dai biologi marini, a staccare pezzi di corallo sano e spostarlo dove la barriera è sofferente. Nonostante questi differenti approcci per tentare di ripopolare le barriere coralline nel mondo, se non verranno eliminate le cause del deterioramento e della morte dei coralli, il trapianto non potrà portare ad una soluzione definitiva.

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Corallo in buona salute.

La ricchezza delle barriere coralline

Le funzioni del bioma “barriera corallina” sono molteplici. Le barriere, infatti, sono un luogo ideale per la nascita e per la crescita degli avannotti (cioè i giovani pesci prima del periodo adulto), che costituiranno le popolazioni di pesci adulti pescate negli oceani di tutto il mondo. Il 20-25% del pesce pescato dai Paesi in via di sviluppo (circa 10 milioni di tonnellate l’anno) vive sulle barriere coralline. Le popolazioni del Pacifico traggono il 90% del loro fabbisogno proteico dalla pesca sulla barriera. In Asia, la vita di un miliardo di persone dipende dal pesce che abita il reef. Si è calcolato che, con una corretta gestione, un solo chilometro quadrato di barriera potrebbe fornire circa 15 tonnellate l’anno di pesce e altro cibo. Anche in campi come la medicina, i coralli potrebbero essere utili. I primi studi sui coralli, infatti, dimostrano che metà dei nuovi farmaci antitumorali potrebbero provenire da questi organismi marini. Un’altra importante funzione dei coralli è quella di protezione delle coste. La struttura della barriera corallina, infatti, attenua la violenza delle onde e degli uragani tropicali. Senza questa protezione le coste sarebbero danneggiate e anche gli allevamenti di pesce e gamberetti, che si stanno diffondendo nei Paesi tropicali, sarebbero distrutti. La vera ricchezza della barriera corallina è però la biodiversità. Fino ad oggi sono state classificate circa 4000 specie di pesci e 800 di coralli, e si calcola che da 1 a 9 milioni di specie tra vertebrati e invertebrati vivono o sfruttano in qualche modo la barriera. Oggi non è ancora possibile stimare economicamente il valore naturalistico di questo ecosistema, ma i ricercatori sono sicuri che la perdita di specie, che per la barriera è stata calcolata in un milione di specie nei prossimi 40 anni, avrà ripercussioni sulla stabilità degli ecosistemi e di conseguenza sulla vita degli uomini.

A cura di Tiziana Bosco