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Se si osserva una carta dei fondali del Mediterraneo si viene colpiti dall'incredibile complessità dei rilievi: dorsali montuose che percorrono pianure abissali, rilievi che si alzano isolati dai fondali, vere e proprie montagne sottomarine, valli e profondi canyon costruiscono un paesaggio accidentato e complesso come quello visibile in superficie. Grande è la curiosità di sapere cosa si nasconda sotto la superficie marina, di scoprire in che modo le morfologie delle coste proseguano sott'acqua e di conoscere i processi che hanno portato a modellare i paesaggi sottomarini.

La geologia marina tenta di rispondere a questi interrogativi. È una branca di studi complessa, perché le osservazioni dirette da parte dell'uomo sono difficili e necessariamente limitate a poche decine di metri di profondità. Ci si serve quindi di apparecchiature sofisticate che permettono di osservare i fondali con "occhi" diversi (con onde acustiche, utilizzando apparecchi sonar, o con onde sismiche, che permettono di investigare anche quello che si trova al di sotto del fondale, all'interno della crosta terrestre). Con attrezzature complesse e costose è anche possibile prelevare campioni dei materiali che giacciono sui fondali e spingersi anche all'interno di questi, per prelevare "carote" di sedimenti: queste costituiscono un preziosissimo archivio di dati geologici e climatici sull'evoluzione del fondale e delle zone circostanti. Insieme allo studio delle testimonianze raccolte sulla terraferma, questo ha permesso di ricostruire la storia geologica del Mediterraneo e la sua conformazione attuale. Conoscere i processi geologici in atto al di sotto dei fondali permette di comprendere e prevedere i possibili problemi geologici e, in piccola misura, anche di prendere provvedimenti per tenerli sotto controllo.

Tanti bacini

Il Mediterraneo costituisce lo 0.7% della superficie di tutti i mari. È un mare chiuso fra terre emerse, con soltanto un "punto di contatto" e di scambio con l'Oceano Atlantico in corrispondenza dello Stretto di Gibilterra. Ha una superficie di 2.5 milioni di km2, che si estende per 4.000 km da Gibilterra al Bosforo, mentre le sue coste non distano mai più di 400 km. Per questo fin dall'antichità il Mediterraneo è stato uno dei mari più frequentati e navigati e sulle sue sponde sono fiorite molte delle più importanti civiltà.

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Una lunga storia

La storia geologica dell'area mediterranea è molto lunga e ha inizio più di 180 milioni di anni fa, quando la frammentazione di Pangea creò un mare interno che si andava via via allargando tra quelli che diventeranno il continente europeo e il continente africano. Il Mediterraneo vero e proprio iniziò a delinearsi solo molto più tardi, 50-60 milioni di anni fa, quando la collisione tra la zolla africana e quella europea lo separò dall'oceano Atlantico, che a sua volta andava separando Africa e Europa dall'America settentrionale.

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Cerchiamo di capire cosa succede

Un frammento del continente europeo si staccò dal resto dell'Europa, iniziò ad allontanarsi verso E ruotando in senso antiorario e si aprì un nuovo mare. Di questo frammento, che i geologi chiamano Blocco sardo-corso, facevano parte la Corsica, la Sardegna e una piccola parte della Calabria. Lo spostamento di questo frammento di Europa fece nascere i bacini del Mediterraneo occidentale: il Mare di Alboràn, il bacino algerino-provenzale e una parte del Mar Tirreno. Si tratta quindi di bacini relativamente giovani, con un'età di circa 30 milioni di anni. Questo movimento si arrestò circa 16-18 milioni di anni fa, nel Miocene inferiore.

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Ancora un po' di storia

A partire da 10-12 milioni di anni fa, la serie di stretti che permettevano la comunicazione con l'Atlantico iniziò a chiudersi, sotto la spinta dell'Africa contro l'Europa. Poiché all'epoca il clima era abbastanza arido, l'evaporazione superava gli apporti di acqua da parte dei fiumi e il Mediterraneo poteva sopravvivere soltanto grazie agli scambi con l'Atlantico. La progressiva riduzione di questi scambi portò ad un graduale abbassamento del livello del mare. Circa 6 milioni di anni fa (nel Messiniano), le comunicazioni con l'oceano si chiusero definitivamente e l'abbassamento del livello del Mediterraneo culminò nella cosiddetta "crisi di salinità". Il Mediterraneo evaporò quasi completamente, trasformandosi in un arido paesaggio di profondi canyon desertici e di piccoli bacini ipersalati, dove si raccolse il 6% dei sali contenuti in tutti gli oceani.

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I diversi bacini minori in cui è possibile suddividere il Mediterraneo sono il risultato di processi geologici diversi, che si ripercuotono sulle morfologie dei fondali. La piattaforma continentale è un "bordo" sommerso che delimita i continenti, separandoli dal dominio marino in senso stretto attraverso una scarpata alla profondità di 150-200 m. Possiamo immaginarla come un'estensione dei continenti al di sotto del livello marino. La piattaforma continentale non è una caratteristica tipica dell'area mediterranea. Infatti, essa è estesa solo nell'Adriatico settentrionale, al largo delle coste tunisine, tra la Sicilia e Malta, al margine della Corsica e della Sardegna e nel Mar Egeo. Questo fa sì che manchi il "raccordo" tra continenti e fondali marini, con un passaggio dagli uni agli altri spesso rapido e improvviso che porta alla brusca caduta delle batimetrie.

Il Mare di Alboran

Si estende dallo stretto di Gibilterra al bacino delle Baleari. Ha una profondità massima di 1.500 m, che scende a 1.800 m nella Fossa di Alboran, che lo separa dal bacino algerino. Al centro si trova una piccola isola vulcanica, alta 10 m, che si eleva da fondali profondi 1.500 m. È la parte del Mediterraneo che subisce l'influenza diretta dell'Atlantico, perché qui si mescolano le acque del mare con quelle oceaniche: le sue acque sono mediamente più fredde e meno salate e sono ricche di organismi di provenienza atlantica.

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Il bacino algerino-provenzale

È il più vasto bacino del Mediterraneo occidentale: limitato a W dal Mare di Alboran, si estende con forma triangolare dal Golfo di Valencia al Mar Ligure. La sua profondità massima è di 2.800 m, raggiunta al largo delle coste occidentali della Sardegna. È caratterizzato, nella sua parte più occidentale, dal grande conoide sommerso del fiume Ebro, dove la piattaforma continentale raggiunge i 60 km di larghezza. Lungo le coste settentrionali, fino a Genova, la piattaforma continentale è praticamente assente, larga non più di 3-9 km: qui il fondale scende rapidamente a profondità superiori ai 2.000 m ed è caratterizzato dall'essere inciso da numerosi e profondi canyon sottomarini.

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Il Mar Tirreno

Il Mar Tirreno è una depressione a forma grossomodo triangolare tra la Sardegna e l'Italia peninsulare ed è il più giovane dei profondi bacini del Mediterraneo. Con una profondità di 3.800 m, è il più profondo dei bacini occidentali. Dal punto di vista geologico, si tratta di un piccolo oceano (il più giovane del pianeta), poiché sul suo fondale si trovano due piccole piane abissali costituite da crosta oceanica. Morfologicamente si presenta come un profondo bacino, delimitato da ripide e profonde scarpate, solcato da profonde valli sommerse.  

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L'Adriatico

Il bacino adriatico ha delle caratteristiche geologiche e morfologiche del tutto particolari: più di un terzo dei suoi fondali non supera infatti la profondità di 50-60 m, al contrario dei bacini ionici, dove si osservano le maggiori profondità del Mediterraneo. Il bacino dell'Adriatico si trova tra la catena appenninica e l'area dei Balcani: è una zona in forte compressione, con il margine della placca europea che scende al di sotto della placca di Adria. È un mare poco profondo, rapidamente riempito dai sedimenti che provengono dall'erosione delle due catene che si fronteggiano e in un prossimo futuro geologico è destinato a scomparire.

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Lo Ionio

Il Mar Ionio occupa la parte centrale del Mediterraneo meridionale. Qui si raggiunge la massima profondità del Mediterraneo (5.093 m nella Fossa Ellenica). E' caratterizzato da profonde fosse (Fossa Ellenica, Fossa di Erodoto al largo della Libia, fossa di Malta e di Pantelleria), estese piane abissali profonde verso E da piane a profondità ridotta verso W, come la largo della Sicilia e nella Piana della Sirte, al largo della Libia. Il Mar Ionio è caratterizzato dalla subduzione della placca africana al di sotto dell'arco calabro: questo ne fa una delle aree geologicamente più attive del nostro Paese. Geologicamente parlando l'arco calabro, pur appartenendo geograficamente alla catena appenninica, è una piccola porzione della catena alpina, come la Corsica e la Sardegna.  

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L'Egeo

Analogamente al Mar Ionio, anche il Mar Egeo deve la sua origine e le sue caratteristiche morfologiche alla subduzione della placca africana, in questo caso al di sotto della Grecia. Anche questa è un'area di intensi fenomeni vulcanici e sismici (famosa è la caldera dell'isola di Santorini). È caratterizzato dalla presenza di oltre 200 isole ed è suddiviso in diversi bacini minori, come il sottobacino di Creta, delimitato da una fossa profonda 2.500 m.

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Il Mar di Levante

È la porzione più orientale del Mediterraneo. È caratterizzato da fondali profondi in media 2.000 m, con una profondità massima di 4.834 nella Fossa di Plinio e di 3.720 m nella Fossa di Stenone, a N. A S è caratterizzato dal gigantesco conoide formato dal fiume Nilo, che porta i sedimenti continentali a ricoprire la piana abissale del Levante.

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Le principali province vulcaniche italiane si situano nell'area campana del Vesuvio-Campi Flegrei e nell'antistante isola di Ischia, nell'arcipelago delle Eolie, nella area dell'Etna, nel Canale di Sicilia. I tre "giganti" Marsili, Vavilov e Magnaghi sono solo tre dei numerosi vulcani presenti sui fondali del Tirreno. Le isole vulcaniche del Mediterraneo sono soltanto la parte visibile in superficie di edifici vulcanici molto più grandi e le manifestazioni vulcaniche sono presenti anche sui fondali marini che le circondano.

L'origine geologica delle diverse provincie magmatiche attive non è la stessa e diverse sono le caratteristiche chimiche dei materiali che le costituiscono, così come diverse sono le caratteristiche delle manifestazioni vulcaniche. L'attività vulcanica dell'area vesuviana è legata alla subduzione della litosfera adriatica al di sotto dell'Appennino, mentre quella dell'isole Eolie è legata alla subduzione della placca africana al di sotto dell'arco calabro. In questo caso, i magmi prodotti sono viscosi e ricchi di silice, cosa che dà origine ad un vulcanismo di tipo esplosivo, spettacolare (come nel caso di Stromboli), ma anche pericoloso (come nel caso di un "risveglio" del Vesuvio). L'attività magmatica dell'Etna, dei vulcani presenti nel Canale di Sicilia (Linosa e Pantelleria) e dei vulcani del Tirreno è invece dovuta alla fratturazione della crosta terrestre, con risalita di magmi che provengono da zone profonde. Si tratta di magmi di composizione basaltica, caratterizzati dall'essere molto fluidi: le manifestazioni vulcaniche sono quindi più "tranquille", con effusioni laviche caratterizzate da colate molto fluide e ridottissima attività esplosiva.

Isole Eolie

Nel gruppo delle Eolie, attualmente i vulcani considerati attivi sono Stromboli, Vulcano e Lipari. L'isola più antica è Filicudi (formatasi 1 milione di anni fa), mentre le altre hanno un'età compresa tra 10.000 e 400.000 anni. Alicudi e Filicudi hanno cessato la loro attività decine di migliaia di anni fa, mentre Salina e Panarea sono rimaste attive fino a meno di 13.000 anni fa. L'isola di Stromboli è costituita da un cono vulcanico alto 924 m sul livello del mare. In realtà, è soltanto la sommità di un edificio vulcanico più vasto, la cui base si eleva da una profondità di 1.500-2.000 m. Lo scoglio di Strombolicchio rappresenta i resti del condotto centrale di un apparato vulcano molto più antico e molto più grande. Stromboli è conosciuta fin dall'antichità come il "faro del Mediterraneo", a causa della sua attività praticamente continua.

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Etna

L'attività dell'Etna è iniziata 600.000 anni fa e il più grande vulcano attivo d'Europa è nato sul fondale di un grande golfo: queste prime fasi sottomarine sono testimoniate dal ritrovamento di particolari formazioni laviche, le cosiddette lave a cuscino o a pillow (dall'inglese "cuscino"). Il progressivo accumulo del materiale emesso, unito al generale sollevamento dell'area, ha portato poi all'emersione dell'apparato vulcanico. In un futuro, forse anche i grandi apparati di Marsili, Magnaghi, Vavilov o altri edifici vulcanici sottomarini potrebbero emergere dalle acque del Tirreno a formare una serie di isole, analogamente a quanto accaduto all'Etna.

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I vulcani del Canale di Sicilia

Nel Canale di Sicilia si trovano alcune isole di origine vulcanica che tuttora mostrano segni di attività. Pantelleria è occupata da una grande caldera, la Montagna Grande, alta 836 m. Le sue rocce più antiche hanno un'età di 325.000 anni e da almeno 3.000 anni l'attività vulcanica è quiescente. Linosa è costituita da colate basaltiche eruttate tra 1 e 0.5 milioni di anni fa e non vi si registra attività vulcanica da almeno 10.000 anni. Una singolarità geologica del Canale di Sicilia è rappresentata dall'Isola Ferdinandea, la cui storia geologica è interessante quanto il caso diplomatico che la sua nascita scatenò, nel 1831.

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Eruzioni sottomarine

La parola "eruzione" ci porta immediatamente alla mente immagini di fontane di lava incandescente e colonne di ceneri e vapori che si innalzano verso il cielo. Ma come avviene un'eruzione sottomarina? La pressione esercitata dall'acqua fa sì che l'attività non sia in genere di tipo esplosivo, mentre il rapido raffreddamento dovuto al contatto con l'acqua fredda determina le caratteristiche morfologiche delle colate. La lava incandescente emessa subisce infatti un raffreddamento molto rapido in superficie: si forma così una sorta di grossa "goccia" di lava, la cui superficie si indurisce istantaneamente, formando una "crosta" vetrosa. Questo è quello che i geologi chiamano un cuscino, o pillow, di lava. La continua fuoriuscita di lava provoca la rottura della crosta del primo cuscino, che si apre lasciando fuoriuscire nuova lava, che va a formare un secondo cuscino.

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Fondali pericolosi?

Un'eruzione sottomarina, a meno che non avvenga a bassa profondità, raramente presenta manifestazioni in superficie e di solito avviene in modo "tranquillo" e silenzioso. La pericolosità diretta per l'uomo è relativamente bassa, a meno di trovarsi a passare esattamente al di sopra del punto di eruzione e se questo si trova a bassa profondità. Danni diretti potrebbero verificarsi a strutture antropiche sommerse, come cavi o condutture, ma l'eventualità che queste siano poste nei pressi di un vulcano sottomarino in eruzione sembrano piuttosto remote. Gravi danni subirebbe la fauna marina nelle vicinanze dell'eruzione, sia a causa dell'aumento di temperatura, sia a causa di possibili emissioni gassose tossiche per la vita marina: in questo caso, oltre al danno ambientale, potrebbero esserci anche gravi ripercussioni sull'industria della pesca. I possibili danni provocati da un'eruzione sottomarina nel Mediterraneo appaiono comunque assai limitati.

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Mar Mediterraneo

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