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L’elogio della polpetta

26 ottobre 2022
19 min di lettura
26 ottobre 2022
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Impariamo a trasformare gli sprechi in risorse!

Quante volte ci è capitato di aprire il frigorifero e trovare un paio di uova e uno yogurt scaduti da qualche giorno, un ciuffo di insalata ormai appassito, mezza bottiglia di una bevanda sgasata, un cartone del latte aperto da troppi giorni…almeno così ci indica la confezione. Passati alla dispensa troviamo una confezione di spaghetti cinesi comprata anni prima dopo aver frequentato un corso di cucina orientale, un pacco di farina scaduta, preso quando pensavamo di sostituire le merendine confezionate con una torta fatta in casa, alcune patate con i germogli ormai pronte per la semina. Qual è la fine di questi alimenti, che ormai consideriamo immangiabili? La spazzatura, ovviamente! Al cibo che buttiamo in casa dobbiamo poi aggiungere gli avanzi che lasciamo al ristorante, al bar, nella mensa aziendale e così via…Tutto questo si traduce in spreco alimentare: ogni anno ogni cittadino europeo getta nella pattumiera circa 95 kg di cibo! Andiamo a vedere in dettaglio come, quanto e dove si sperpera cibo e a capire come possiamo ridurre gli sprechi alimentari.

Cos’è lo spreco alimentare

Quando si parla di spreco di cibo, bisogna distinguere tra perdite (food losses) e sprechi alimentari (food waste). Per perdita alimentare si intende la perdita di massa o qualità nutrizionale del cibo originariamente destinato al consumo umano, solitamente causata da inefficienze nella filiera. Quando invece il cibo viene scartato presso il punto di vendita e di consumo finale si parla di spreco alimentare1. Qualunque sia il nome che usiamo per parlare degli alimenti che finiscono nella spazzatura, bisogna sapere che questo cibo ha richiesto energia, terra, acqua, carburante, risorse naturali, lavoro umano e denaro per essere prodotto, trasportato, trasformato, confezionato, conservato, venduto, acquistato, nuovamente trasportato e conservato a casa. La produzione alimentare, inoltre, ha un impatto sull’ambiente in quanto comporta emissioni di CO2 in atmosfera, che contribuiscono al cambiamento climatico, e l’immissione di sostanze inquinanti nei diversi comparti ambientali, ad esempio i fertilizzanti, che inquinano i suoli e le acque. E non finisce qui! Il cibo sprecato, infatti, si trasforma in rifiuti, che richiedono ulteriori risorse per essere gestiti e smaltiti.

1 FAO. 2011. Global food losses and food waste – Extent, causes and prevention.

I numeri dello spreco

Ogni anno circa un terzo di tutto il cibo che viene prodotto nel mondo viene sprecato: si parla di 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti che, invece di finire dove dovrebbero, ovvero nei nostri piatti, vengono buttati in pattumiera. Gli abitanti del Nord America e dell’Oceania sono quelli che sprecano più cibo (circa 300 kg/anno) seguiti subito dopo dagli europei (280 kg/anno). Quanto cibo hanno inizialmente a disposizione americani ed europei, prima di sprecarlo? Gli americani dispongono mediamente di 900 kg di cibo all’anno: di questi ne mangiano 600 kg e ne sprecano 115 kg, comprandoli per poi buttarli in pattumiera. E i 185 kg mancanti all’appello? Quelli si perdono per strada, nella lunga filiera che va dal produttore alla distribuzione, senza che neanche ci si renda conto dell’entità dello spreco. Lo stesso accade per gli abitanti dell’Europa, che hanno a disposizione 840 kg di cibo all’anno, di cui solo 560 kg vengono mangiati, mentre 95 kg finiscono tra i rifiuti dopo l’acquisto e i restanti 185 kg persi lungo la filiera. In Africa e nel Sud Est asiatico il cibo a disposizione per ogni abitante è molto meno, circa 460 kg all’anno: nonostante ciò spariscono tra i rifiuti rispettivamente 120 e 170 kg a testa all’anno. Di questi rispettivamente 6 e 11 kg sono sprecati dal consumatore finale, mentre i restanti si perdono lungo la filiera. La percentuale di spreco alimentare rimane altissima anche nei Paesi in via di sviluppo, con la differenza che in questi Paesi lo spreco si concentra lungo la filiera, non al momento del consumo, cosa che invece accade nei Paesi industrializzati. Nei Paesi industrializzati, infatti, si spreca perché si produce e si acquista troppo cibo, che spesso viene gettato via prima ancora che si deteriori. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, il cibo si spreca per mancanza di infrastrutture, strumenti per la conservazione del cibo e mezzi di trasporto adeguati.

Dal campo alla tavola: la filiera dello spreco

Lo spreco nei campi

Dove iniziamo a sprecare? Sin dall’inizio! Lo spreco, infatti, comincia sul campo, sin dalle prime fasi della filiera agroalimentare. Spesso il cibo non viene raccolto o non riesce ad arrivare sulle nostre tavole. Perché? Le ragioni sono molteplici. Sicuramente i fattori climatici e ambientali, la diffusione di malattie e i parassiti sono una delle cause di perdite alimentari in questa prima parte della filiera. Per continuare ad analizzare le cause delle perdite, bisogna poi fare una distinzione tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, dove le diverse tecniche di preparazione del terreno, semina e coltivazione determinano rese completamente differenti, che rappresentano la prima causa di perdite.
Nei Paesi in via di sviluppo le perdite di cibo sono da attribuire a un’agricoltura spesso poco efficiente: l’agricoltore si trova ad affrontare un intenso lavoro nei campi e a ottenere basse rese perché mancano le competenze tecniche e le disponibilità finanziarie, le pratiche di raccolto sono spesso inefficienti e arretrate, le infrastrutture disponibili spesso sono inadeguate e la scarsa disponibilità di mezzi di trasporto rende difficoltoso lo spostamento delle derrate alimentari. Inoltre la mancanza di strutture adeguate per l’immagazzinamento e la conservazione degli alimenti raccolti comporta il deperimento del cibo o l’attacco da parte degli insetti.
Nei Paesi a più alto reddito, invece, la migliore dotazione tecnologica, le infrastrutture più efficienti, le competenze agronomiche e le tecniche agricole più avanzate, le condizioni ambientali spesso più favorevoli fanno registrare un livello di perdite nettamente inferiore. Nonostante ciò spesso accade che gli agricoltori lascino sul campo, o decidano di destinare all’alimentazione animale, le coltivazioni originariamente finalizzate al consumo umano. Perché? Le motivazioni sono diverse:

  • l’offerta è superiore alla domanda;
  • non vengono rispettati gli standard qualitativi per il consumo umano, imposti dalla normativa nazionale e internazionale o definiti dai distributori (tendenzialmente dalla grande distribuzione)
  • non sono soddisfatti i requisiti estetici, inerenti la forma e la dimensione dei prodotti agricoli, richiesti dalla clientela. Si parte dal presupposto che nessuno comprerà mai una mela un po’ ammaccata da una grandinata o una melanzana bitorzoluta…i prodotti, quindi, restano sul campo, poiché verrebbero comunque scartati nelle successive fasi della filiera.
  • l’invasione del mercato da parte di prodotti di bassa qualità venduti a prezzi bassi fa concorrenza agli altri prodotti, che devono quindi adeguarsi a un prezzo che non ripagherà i costi di produzione. Di conseguenza frutta e verdura restano nei campi.

Lo spreco dell’industria alimentare
La seconda tappa del viaggio che il nostro cibo compie prima di arrivare sulle nostre tavole è l’industria. Il cibo passa prima dalle industrie di trasformazione poi da quelle di confezionamento. Entrambe contribuiscono allo spreco alimentare, vediamo in che modo.
Prima di tutto si spreca a causa della lontananza delle industrie di trasformazione rispetto ai luoghi di produzione: il lungo trasporto degli alimenti dai campi può comportare il deterioramento delle derrate alimentari, che vengono così scartate prima del processo di lavorazione. Durante la lavorazione dei prodotti, si spreca ad esempio perché il mercato richiede solo alcune parti di cibo, ad esempio i filetti di pesce o le cosce e i petti di pollo. Nei Paesi in via di sviluppo (ma in parte anche nei Paesi industrializzati) la dotazione tecnologica spesso è insufficiente e non sempre in grado di garantire la corretta conservazione dei prodotti alimentari, soprattutto per quanto riguarda i cibi freschi.
Infine, errori durante le procedure di trasformazione alimentare causano difetti in termini di peso, forma o confezionamento del prodotto. Nonostante questi difetti non influiscano sulla sicurezza o sul valore nutrizionale dei prodotti, questi vengono scartati.
Nella fase di confezionamento il danneggiamento della confezione, per qualunque motivo, quasi sempre comporta lo scarto dell’intero prodotto, soprattutto quando si tratta di succhi, marmellate, yogurt, conserve varie. Vengono poi scartati tutti quei prodotti che non rispettano gli standard estetici richiesti dal mercato. A produzione ultimata, infine, i prodotti sono soggetti a controlli di qualità: se non superano l’esame, diventano rifiuti.
Lo spreco nella fase di distribuzione e vendita
Trasporto, distribuzione e stoccaggio non sono certo esenti da sprechi. In questa fase si spreca a causa di ordini inappropriati e di previsioni errate della domanda di prodotti alimentari, si tratta, infatti, di operazioni molto complesse, influenzate da molteplici fattori, quali il clima, la stagione, il lancio di nuovi prodotti, promozioni e festività. La conseguenza è l’accumulo dei prodotti negli scaffali, dove poi scadono o vanno incontro al naturale deperimento (principalmente nel caso di frutta e verdura).
Si aggiungono poi:

  • i limiti della tecnologia impiegata per la conservazione dei prodotti, in particolare quelli freschi;
  • i danni riportati sul prodotto e sul packaging in fase di trasporto e stoccaggio, che li rendono non conformi alla vendita;
  • la scarsa formazione professionale degli addetti alle vendite, i quali a volte non espongono la merce in maniera adeguata sugli scaffali e non seguono le dovute procedure di rotazione degli stock;
  • le campagne di ritiro di alcuni prodotti dal commercio, conseguenti alla verifica della non corrispondenza a determinati livelli qualitativi e di sicurezza;
  • gli standard di vendita, che escludono dalla distribuzione i prodotti che non soddisfano i requisiti estetici o che presentano difetti del packaging;

Inoltre, alcune strategie di marketing, come le opzioni “prendi due paghi uno” o “prendi tre paghi due”, che hanno lo scopo di vendere i prodotti vicini alla scadenza o di ridurre gli stock di magazzino, determinano lo spostamento del problema, perché lo spreco passa dalla distribuzione al consumatore finale.
Quanto detto finora per questa fase della filiera vale per i Paesi industrializzati. Nei Paesi in via di sviluppo, infatti, la distribuzione all’ingrosso è assente o comunque spesso inefficiente. Gli sprechi, quindi, sono riconducibili alle caratteristiche dei mercati: piccoli, affollati, con scarse condizioni igieniche e con apparecchiature di raffreddamento e conservazione del cibo inefficaci.
Lo spreco nella fase di consumo domestico e ristorazione
E quando il cibo è arrivato nelle nostre case, lo spreco continua. Perché? Le cause dello spreco alimentare domestico sono molteplici e sono legate:

  • alla mancata pianificazione degli acquisti, che a volte induce ad acquistare eccessivi quantitativi di alimenti per cogliere offerte promozionali;
  • alla scarsa conoscenza dei prodotti, ad esempio il consumatore compra cibi che poi non sa come preparare oppure non sa come creare piatti con gli avanzi o gli ingredienti disponibili;
  • all’inadeguata conservazione dei prodotti, che porta al deterioramento prima del tempo;
  • alla confusione sulle indicazioni riportate sull’etichetta riguardo alla scadenza dei prodotti. Infatti, c’è una bella differenza tra la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” (riferita alla qualità dell’alimento) e “da consumarsi entro” (riferita alla sicurezza dell’alimento): la presenza o meno dell’avverbio “preferibilmente” cambia le cose e di grosso. Se c’è significa che dopo quella data l’alimento è ancora commestibile e mangiandolo non si rischia alcun mal di pancia. Certo potrebbe aver perso gusto, aroma, colore, consistenza e l’apporto di nutrimenti potrebbe essere diminuito, ma il cibo rimane sicuro.
  • scarsa consapevolezza dell’entità degli sprechi che ognuno produce e del loro impatto economico e ambientale.

Per quanto riguarda gli sprechi che si generano nel settore della ristorazione (come hotel, ristoranti, mense, ecc.), le cause dello spreco sono più o meno le stesse, ma hanno effetti ancora più rilevanti:

  • l’eccessiva dimensione delle porzioni di cibo servito che in parte viene lasciato nel piatto;
  • la difficile pianificazione degli acquisti alimentari, che si complica ulteriormente nel caso del servizio a buffet (che usualmente comportano la preparazione di un maggior quantitativo di cibo rispetto a quello necessario);
  • la scarsa diffusione delle pratiche che consentono ai clienti di portare a casa gli “avanzi” del proprio pasto.

E non finisce qui: gli impatti dello spreco alimentare sull’ambiente

Le enormi quantità di cibo prodotto, non consumato e gettato in pattumiera hanno forti impatti sull’ambiente che ci circonda. Quando buttiamo nella spazzatura un vasetto di yogurt scaduto, infatti, non sprechiamo solo cibo e denaro, ma anche preziose risorse, come ad esempio il suolo e l’acqua. Come riportato all’inizio di questo speciale, il cibo ha richiesto energia, terra, acqua, e risorse naturali per essere prodotto. Nonostante le pesanti conseguenze dello spreco alimentare siano riconosciute, nessuno studio ha ancora analizzato e quantificato con precisione gli impatti dello spreco alimentare da un punto di vista ambientale.
Secondo la FAO l’impronta di carbonio (emissioni di gas clima-alteranti) del cibo prodotto e non consumato è stimata in 3,3 gigatonnellate di CO2: lo spreco alimentare diventa così la terza fonte di emissioni al mondo, dopo gli stati Uniti e la Cina.Oltre alla CO2, enormi quantità d’acqua sono necessarie a produrre il cibo che mangiamo ogni giorno. Si stima che l’impronta idrica a livello globale sia pari a 250 km3, tre volte il volume del Lago di Ginevra. Per quanto riguarda il suolo, lo spreco alimentare comporta un consumo di terra pari a 1,4 miliardi di ettari, ovvero quasi il 30% dell’area coperta da terreni agricoli nel mondo.

Alimenta le buone abitudini

Allora che si fa? Ricordiamoci che, prima di essere consumatori, siamo cittadini e che con le nostre scelte possiamo cambiare le tendenze. Possiamo provare a ridurre i nostri sprechi modificando il nostro stile di vita, ponendo più attenzione ai nostri gesti quotidiani, anche quando facciamo la spesa. Si tratta di cambiare il nostro modo di acquistare cibo…come possiamo farlo? Di seguito qualche consiglio:

  • Prima di andare a fare la spesa, facciamo una lista di ciò che effettivamente ci serve e compriamo solo quello! Non facciamoci attirare da offerte a prezzi imbattibili e da prodotti al 3X2…se compriamo di più con l’idea di risparmiare ma poi finiamo per gettarne via la gran parte, infatti, ci ritroveremo ad aver speso di più. Limitando i nostri acquisti a ciò che realmente ci serve riusciremo a tenere sotto controllo i prodotti in frigorifero, riducendo così i nostri sprechi.
  • Preferiamo i produttori locali e l’agricoltura sostenibile e di piccola scala. L’agricoltore che vende direttamente al consumatore, infatti, non getta via i prodotti solo perché non soddisfano gli standard estetici del mercato. Inoltre, chi produce in modo sostenibile e su piccola scala usa meno risorse (acqua, concimi, ecc.) e produce solo ciò che sarà in grado di vendere. Loro non sprecano e di conseguenza neanche noi consumatori che decidiamo di acquistare i loro prodotti! Un esempio sono i Mercati della Terra.
  • Compriamo più ingredienti e meno cibi pronti, trasformati e lavorati. In questo modo, oltre a sapere esattamente cosa mangiamo, contribuiremo a ridurre gli sprechi dell’industria alimentare.
  • Impariamo a cucinare con ciò che consideriamo un avanzo. Tutte le cucine del mondo prevedono ricette anti spreco, basti pensare alle polpette, le frittate, i timballi, ecc., che uniscono gli “avanzi” di cucina in gustosi piatti.
  • Riponiamo ogni alimento nel posto giusto in frigorifero: frutta e verdura nei cassetti, pesce e carne cruda al primo piano; carne cotta al secondo; affettati e formaggi più in alto; conserve aperte e uova ancora più su. In questo modo gli alimenti si conserveranno più a lungo.
  • Congeliamo gli alimenti che avanzano scrivendo sul contenitore la data. Ricordiamoci, inoltre, che gli alimenti scongelati e poi cotti possono essere ricongelati.
  • Prima di buttare via qualcosa, apriamo, odoriamo, assaggiamo e poi decidiamo se è veramente il caso di non mangiarlo.

Per ridurre gli sprechi occorre inoltre promuovere interventi di educazione e informazione rivolti ai consumatori, con particolare riferimento alla cultura alimentare, alla preparazione del cibo e alle corrette modalità di conservazione degli alimenti.

Iniziative antispreco

Food sharing, campagne di sensibilizzazione, corsi di cucina con gli avanzi. Fioriscono ovunque le iniziative contro lo spreco alimentare, che coinvolgono amministrazioni, associazioni ed esercizi commerciali, dalla grande distribuzione al singolo bar o ristorante per evitare lo spreco di cibo: ecco in rassegna alcune idee già messe in atto nel mondo per ispirarci, magiare meglio e non sprecare.

Last Minute Market

Last Minute Market (LMM) è una società spin-off dell’Università di Bologna, nata nel 1998 come attività di ricerca e dal 2003 diventata una realtà imprenditoriale presente su tutto il territorio nazionale, con progetti volti al recupero dei beni invenduti (o non commercializzabili) a favore di enti caritativi.

I Food Share

In Italia è attivo ormai da tempo I Food Share, una piattaforma on line che permette la condivisione del cibo in eccedenza. Chiunque può donare prodotti agroalimentari e metterli in condivisione per evitarne lo spreco. Possono aderire cittadini, grande distribuzione, piccoli esercenti, panificatori e aziende agricole.

Inglorious Fruits and Vegetables

L’anno scorso Intermarché, la grande catena di supermercati francese, ha messo in piedi la campagna The Inglorious Fruits and Vegetables con lo scopo di salvare dal bidone della spazzatura frutta e verdura che non corrispondono al canone di acquisto oramai preponderante del “bello = buono”.

Queste sono solo alcune delle iniziative che ci sono per ridurre gli spechi alimentari. Cerca quella che fa per te e inizia subito a ridurre i tuoi sprechi!

Fonti

A cura di Benedetta Palazzo