Da ‘Blade Runner’ a ‘Matrix’, da ‘WALL-E’ a ‘Io, Robot’, l’intelligenza artificiale, sia essa sotto forma di androidi, algoritmi, software o cyborg, è entrata a fare parte del nostro immaginario da diversi decenni.
Già negli anni ’40 Isaac Asimov, famoso soprattutto per i suoi libri di fantascienza, scriveva le tre, attualissime, leggi della robotica:
- Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
- Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
- Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
Da allora l’innovazione tecno-scientifica è andata avanti a passi da gigante, portando a due accadimenti fondamentali per lo sviluppo dell’AI:
- la potenza di calcolo è cresciuta esponenzialmente;
- abbiamo a disposizione una grande quantità di dati.
Dati e deep learning
Ormai è sulla bocca di tutti: siamo entrati a pieno titolo nell’era dei big data, in cui la produzione, la condivisione e l’elaborazione di informazioni sulla nostra salute, sulle nostre abitudini, sulle nostre vite, è sempre più veloce. Ogni mese su Fb vengono condivisi circa 30 miliardi di post. Ogni minuto su YouTube vengono caricate 48 ore di nuovi video. E se per decodificare il genoma umano prima servivano 10 anni, adesso basta una settimana. Ma cosa c’entrano i big data e la potenza di calcolo con l’intelligenza artificiale?
Partiamo da una definizione, fondamentale per capire il mondo dell’AI, quella di deep learning. Un sistema di deep learning è una rete neurale composta da molti strati. In altre parole, è una connessione di molte unità, che si collegano e comunicano tra loro simulando il funzionamento del cervello umano. Come accade anche in natura, questi “neuroni artificiali” ricevono un segnale in entrata e trasmettono un segnale in uscita, propagando in questo modo il messaggio attraverso i vari strati della rete. Il sistema non è programmato, e impara procedendo per tentativi. Per imparare, quindi, al sistema servono tanti – tantissimi – esempi e con l’immensa molte di dati che produciamo, oggi questo è possibile. L’intelligenza artificiale ovviamente non è tutta uguale e si distingue in due approcci fondamentali: model based e model free. Per capire di cosa stiamo parlando (potete leggere questo articolo su Il Tascabile), possiamo pensare a come funziona la mente umana, che normalmente nel prevedere fenomeni e operare scelte si affida a dei modelli per interpretare la realtà. Il che è una cosa differente dal memorizzare tutte le informazioni che raccogliamo e analizzare le probabilità che una cosa accada, che è il meccanismo alla base dei sistemi di deep learning.