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L'acqua è la risorsa più importante sulla Terra; è capace di cambiare il nostro pianeta dal punto di vista geologico e paesaggistico ed è grazie alla sua presenza ed abbondanza che è stata possibile la nascita della vita. L’acqua è il composto chimico più abbondante sulla Terra, si trova in tutti gli ambienti ed è parte integrante di tutti gli organismi viventi. Il nostro pianeta è occupato per circa il 70% dalle acque mentre solo il 30% è occupato dalle terre emerse. Vista dallo spazio la Terra appare come un pianeta azzurro. 

Così come l’idrosfera comprende tutte le acque allo stato liquido del pianeta, in qualunque luogo e in qualunque forma si presentino, o la biosfera è costituita dall’insieme di tutti gli organismi viventi, a qualunque regno essi appartengano e in qualunque luogo essi vivano, così la criosfera comprende tutto il ghiaccio che si trova sulla Terra.  

Quando si pensa al ghiaccio, l’immagine che viene alla mente è quella delle candide distese scintillanti di un ghiacciaio, ma il ghiaccio sulla Terra si trova in molte altre forme, a volte anche molto “nascoste”, e, sorprendentemente, anche in aree geografiche “insospettabili”, come il centro dell’Africa! 

La quasi totalità del ghiaccio terrestre è costituita da ghiaccio di ghiacciaio o da ghiaccio marino. Grandi quantità di ghiaccio di congelamento si trovano anche nelle zone di permafrost, intrappolate nel terreno e nelle fratture delle rocce, ma, non essendo direttamente osservabili, è molto difficile quantificarne il volume e l’estensione. Anche le grotte possono contenere depositi di ghiaccio, a volte con caratteristiche di ghiaccio di ghiacciaio, più spesso come ghiaccio di congelamento: si tratta in genere di quantitativi abbastanza piccoli, ma che rappresentano un preziosissimo archivio di dati sul clima del passato. 

Dove si trova

I ghiacciai possono esistere solo a due condizioni: la prima, abbastanza ovvia, è che le temperature annue siano al di sotto dello zero per un certo periodo dell’anno, in modo che il ghiaccio possa conservarsi, la seconda, meno intuitiva, ma altrettanto indispensabile, è che cada un quantitativo di neve sufficiente alla formazione di una certa massa di ghiaccio. Infatti, così come un calore eccessivo non permette la conservazione di un ghiacciaio, così la scarsità di precipitazioni impedisce che un ghiacciaio possa nascere, anche dove le temperature siano abbondantemente sotto lo zero.

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Il ghiaccio sulla Terra

Un’importante distinzione viene fatta tra il ghiaccio che copre terre emerse e il ghiaccio marino, che galleggia sulla superficie dei mari polari. Per parlare di ghiacciai è necessario che il ghiaccio sia in movimento sotto la spinta del suo stesso peso: il ghiaccio marino o gli iceberg, quindi, pur essendo talvolta in movimento, non costituiscono un ghiacciaio, poiché i movimenti sono passivi, generati da correnti marine, moto ondoso o venti. Pur essendo costituiti dal medesimo materiale, i ghiacciai terrestri sono molto diversi tra loro, per estensione, spessore del ghiaccio, posizione geografica e regime climatico, situazione topografica, forma.

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Quanto ghiaccio

La maggior parte del ghiaccio terrestre che possiamo osservare si trova in grandi masse di ghiaccio “quasi” puro (con le debite considerazioni fatte più sopra): le calotte glaciali e i ghiacciai, nelle loro diverse tipologie, le piattaforme di ghiaccio e le banchise di ghiaccio marino. É abbastanza facile stabilire la superficie delle aree coperte da ghiaccio: si calcola che questo copra circa 15 milioni di km2, pari a un decimo della superficie delle terre emerse. È più difficile, invece, calcolare il volume del ghiaccio stesso, perché occorre conoscerne lo spessore su tutta l’area coperta…

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Freddi mari polari

Il ghiaccio marino ha un’origine completamente diversa da quella dei ghiacciai. Si forma, infatti, per congelamento diretto dell’acqua di mare, quando la temperatura dell’aria rimane al di sotto di – 1.8°C per qualche giorno. La sua formazione, stagionale, è spettacolare: dapprima si formano aghi e lamelle di ghiaccio, che, galleggiando, danno alla superficie marina un particolare aspetto “oleoso”, il cosiddetto grease ice, il ghiaccio “grasso”

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Il permafrost

Quando le temperature medie annue dell’aria sono sotto lo zero per periodi lunghi, l’acqua che si trova nel terreno è sempre allo stato solido, e il terreno risulta permanentemente gelato. In questo stato, prende il nome di permafrost (cioè, ghiaccio permanente). Il terreno, indurito e privo di acqua liquida, è costituito da particelle minerali (particelle di terreno, granuli e detriti rocciosi di varie dimensioni) cementate tra loro da ghiaccio. La profondità a cui giunge il ghiaccio dipende dalla rigidità del clima, ma può essere di parecchie decine di metri.

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I ghiacci continentali

Le calotte glaciali, o ice sheet (dall’inglese “coltri di ghiaccio”), chiamate anche, con un termine norvegese, inlandsis, ghiacci continentali, sono estensioni di ghiaccio con una superficie superiore a 50.000 km2, dove il ghiaccio seppellisce e maschera il rilievo sottostante, che non ne influenza l’andamento. La superficie è in genere blandamente convessa, come una sorta di cupola molto piatta, da cui possono emergere le cime più elevate del rilievo sottostante, che prendono il nome di nunatak, termine Inuit che significa “montagna isolata”.

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Le piattaforme

Quando un ghiacciaio raggiunge il mare, si allunga in una lingua galleggiante. La confluenza di diverse lingue galleggianti origina la formazione di una piattaforma glaciale: una sorta di tabulato pianeggiante che galleggia sul mare ancorandosi alla terraferma tramite le lingue che lo alimentano. La più estesa piattaforma glaciale è la Piattaforma di Ross, in Antartide, con uno spessore medio di 300 m e una superficie di 530.000 km2, pari a quella della Francia, delimitata verso il mare da pareti di ghiaccio alte fino a 200 m. 

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Gli iceberg

Gli iceberg (da ice, ghiaccio e berg, montagna, montagne di ghiaccio) si formano in due condizioni: quando ghiacciai terrestri scendono fino al mare o a un lago, la parte finale della lingua di ghiaccio, a contatto con l’acqua, inizia a galleggiare. Con un fenomeno detto calving, si formano grandi fratture nella massa di ghiaccio, con conseguente distacco di porzioni più o meno grandi. La forma di questo tipo di iceberg è in genere irregolare, con una superficie frastagliata e tormentata…

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I ghiacci montani

Si tratta, per definizione, di corpi di ghiaccio che si trovano in ambiente di montagna. Possono essere classificati in molti modi, tenendo conto della posizione geografica, della forma, della temperatura. Le dimensioni non sono un criterio distintivo: si possono avere piccolissimi ghiacciai, come quello appenninico del Calderone, sul Gran Sasso d’Italia, poco più di un sottile lembo di neve vecchia (attualmente considerato praticamente “estinto”), oppure giganteschi “fiumi” di ghiaccio, lunghi diverse decine, persino centinaia di km, con spessori di ghiaccio di oltre 1000 m, come i grandi ghiacciai dell’Alaska.

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L’Antartide

La “calotta antartica” è in realtà costituita da due calotte distinte, una occidentale, più piccola, ancorata ad un gruppo di isole, e una orientale, vastissima, che costituisce da sola il 78% di tutti i ghiacciai della Terra, che ricopre il continente antartico elevandosi in corrispondenza di numerosi domi a quote superiori ai 4000m. Le due calotte sono separate dalla catena Transantartica, con cime che superano i 4.000 m. La calotta occidentale ha uno spessore massimo di 3,5 km e la sua base è situata prevalentemente al di sotto del livello del mare, mentre quella orientale, spessa fino a 4,5 km, è in prevalenza al di sopra del livello marino. 

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La calotta groenlandese

La Groenlandia, la “terra verde”, fu così chiamata da Eric il Rosso nel X secolo, per invogliare i Vichinghi a colonizzarla. In quell’epoca, in effetti, la Groenlandia era in parte verde, ma la successiva avanzata dei ghiacci costrinse i coloni ad abbandonare l’isola: soltanto gli Inuit sopravvissero alla Piccola Età Glaciale. La calotta glaciale groenlandese occupa i sette ottavi dell’isola, con una superficie di 1,73 milioni di km2 e un volume di 2,6 milioni di km3, e lascia libera solo una ristretta fascia costiera montuosa che delimita e “contiene” la calotta. 

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I ghiacciai delle Alpi

I ghiacciai delle Alpi coprono, complessivamente, meno dello 0,02% dei ghiacciai della Terra, ma sono molto importanti perché qui sono nati i primi studi di glaciologia e su questi ghiacciai possediamo molte informazioni sulle variazioni nel tempo. Il Catasto Internazionale del 1989 censisce 5.154 ghiacciai sulle Alpi, con una superficie di poco meno di 3000 km2, di cui i maggiori si trovano sul versante settentrionale, dove sono frequenti grandi ghiacciai vallivi. I maggiori ghiacciai si trovano in Svizzera, nelle Alpi Bernesi, dove si trova, tra gli altri, il più grande ghiacciaio delle Alpi, l’Aletschglätscher.

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I catasti dei ghiacciai

In Italia, il Comitato Glaciologico Italiano, in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha pubblicato il Catasto dei Ghiacciai Italiani, tra il 1959 e il 1962, aggiornato poi nel 1989: è un documento fondamentale, che rappresenta la situazione dei ghiacciai italiani, ricco di dati e immagini storiche di grandissima importanza. In molti altri Paesi dove la ricerca in campo glaciologico ha radici antiche, risalendo al 1800, esistono analoghi inventari dettagliati dei ghiacciai nazionali: tra questi, per esempio, in Svizzera, Norvegia, Austria, ex Unione Sovietica, Canada. 

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L’acqua di fusione sulla superficie dei ghiacciai si raccoglie in piccoli corsi d’acqua stagionali, che si scavano un letto incassato nel ghiaccio, le cosiddette bediére (da un termine francese): il ghiaccio, infatti, è impermeabile, e non consente all’acqua di infiltrarsi in profondità. La parte più superficiale di ogni ghiacciaio, però, è attraversata da numerose fratture: attraverso queste, l’acqua di superficie può infiltrarsi e scorrere all’interno del ghiacciaio. L’acqua liquida è ovviamente più calda del ghiaccio con cui viene a contatto, e ne determina la fusione, creando un sistema di vuoti, cunicoli, pozzi, gallerie, del tutto simile ai sistemi di grotte in roccia: la differenza è che le grotte in roccia sono create da processi chimici (dissoluzione del calcare), mentre le grotte nel ghiaccio si formano per un processo fisico (fusione del ghiaccio). Le cavità glaciali si formano in tutti i ghiacciai abbastanza “caldi” perché possa essere presente acqua allo stato liquido.

La formazione delle grotte nel ghiaccio è molto rapida, e può essere osservata, per così dire, in “tempo reale”: le cavità si formano e si modificano nel corso di poche settimane, o pochi giorni, e questo offre l’opportunità di comprendere forme analoghe sviluppate, in tempi molto più lunghi, in roccia. Perché si formino grotte glaciali, è necessario che il ghiaccio, di per sé impermeabile, sia attraversato da fratture, che permettano all’acqua di scendere in profondità e, fondendo il ghiaccio circostante, di allargarle fino a formare pozzi e gallerie che possono raggiungere parecchi metri di diametro. In superficie, si osservano pozzi e inghiottitoi, chiamati mulini, poiché l’acqua vi turbina come in un mulino ad acqua, attraverso i quali l’acqua si inoltra nelle profondità del ghiacciaio. Spinta dalla gravità, l’acqua tende a seguire un percorso il più possibile verticale, scavando grandi pozzi e profonde forre nel ghiaccio, fratturato a causa delle enormi tensioni che si sviluppano all’interno della sua massa, che fluisce lentamente sotto la spinta del suo stesso peso. Oltre una certa profondità (che è di circa 150- 200 m ed è uguale per tutti i ghiacciai, indipendentemente dal loro spessore), il ghiaccio diviene plastico e si comporta come una barriera impermeabile, che impedisce all’acqua di approfondire ulteriormente il suo percorso. Si formano così gallerie orizzontali, completamente allagate, che portano l’acqua dai pozzi fino alla fronte, dove, grazie alla presenza di profondi crepacci, può raggiungere la base del ghiacciaio, per poi uscire nuovamente a giorno attraverso le “porte” del ghiacciaio, con gallerie che possono avere diametri di parecchi metri, da cui si riversano le turbolente acque grigiastre degli scaricatori glaciali. Le “porte del ghiacciaio” assumono spesso l’aspetto di grandi “bocche”, simili alla bocca di un forno, da cui vengono i toponimi di alcuni ghiacciai alpini (Ghiacciaio dei Forni, nel Gruppo dell’Ortles-Cevedale, Ghiacciaio del Forno in Val Bregaglia, Svizzera).

Evoluzione di una grotta

Un mulino si forma in un punto preciso del ghiacciaio, dove la fratturazione è favorevole, e, come tutto ciò che si trova sopra e dentro il ghiacciaio, viene poi lentamente trascinato a valle dal movimento del ghiaccio stesso: la primavera successiva, un nuovo mulino si formerà nel medesimo punto, e il vecchio mulino, privato dell’acqua catturata del suo compagno più giovane, piano piano si chiuderà, grazie al rigonfiamento plastico del ghiaccio, fino a scomparire nel giro di pochi anni, mentre nuovi mulini continuano a formarsi più a monte. Per questo motivo, i mulini si presentano quasi sempre a gruppi, allineati lungo precise direzioni, e sempre nello stesso punto del ghiacciaio.

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Due mondi da non confondere

Molte grotte carsiche, scavate in roccia, contengono ghiaccio al loro interno, in quantità che possono essere anche importanti. Non vanno quindi confuse con le grotte nel ghiaccio, interamente formate all’interno di un ghiacciaio. I meccanismi che portano alla formazione di ghiaccio in grotta sono molti e molto complessi. Ghiaccio stagionale si può formare in inverno per congelamento dell’acqua che percola attraverso le fessure, in prossimità degli ingressi, dove le temperature della grotta risentono delle rigide temperature esterne. 

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Speleologia nel ghiaccio

Fin dalle prime esplorazioni sui ghiacciai alpini, alpinisti e studiosi hanno osservato lo spettacolo, insieme affascinante e pauroso, degli inghiottitoi glaciali. I mulini erano visti come bizzarre anomalie naturali, che suscitavano curiosità e timore, per la profondità a volte insondabile e per la violenza con cui le acque sembrano essere risucchiate nel ventre del ghiacciaio: per più di un secolo molti si sono interrogati sull’origine di queste strutture e sull’invisibile percorso dell’acqua all’interno del ghiacciaio (le prime esplorazioni documentate risalgono alla fine del 1800, sulla Mer de Glace, in Francia), tuttavia è solo dagli anni ‘80 che il progresso tecnico permette l’esplorazione diretta, in sicurezza e con relativa facilità, degli inghiottitoi glaciali.

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Studio delle grotte nel ghiaccio

Tutto il corpo di un ghiacciaio è in continuo movimento verso valle e trascina in questo suo movimento tutto ciò che vi si trova in superficie e all’interno. Anche i sistemi di grotte glaciali si muovono quindi verso valle insieme al ghiacciaio che le ospita. Studiando i meccanismi di formazione di queste cavità è stato possibile osservare che un nuovo inghiottitoio si forma ogni anno nello stesso punto del ghiacciaio, al di sopra di un punto fisso rispetto al substrato. È come se in quel punto esistessero particolari condizioni, dovute, per esempio, alle caratteristiche del substrato…

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Criosfera

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Criosfera Junior

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