Si celebra oggi la Giornata mondiale dell’Orso polare, istituita per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficilissimi condizioni in cui è costretto a vivere questo animale, quotidianamente minacciato dall’inquinamento e dal riscaldamento globale. Gli orsi polari sono mammiferi marini che per vivere hanno bisogno di ghiaccio, su cui passano la maggior parte del tempo, così da spostarsi liberamente in vasti territori e mettersi alla ricerca di cibo. Ma l’inarrestabile processo di fusione delle calotte polari e la progressiva scomparsa di habitat ideali per gli orsi polari, stanno mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza di questa specie. I ghiacciai dell’Artico, infatti, si stanno riducendo del 13% ogni dieci anni e con essi sta scomparendo l’habitat in cui si muove, si riproduce e caccia l’orso polare, il più grande carnivoro terrestre e anche uno degli animali più minacciati dagli impatti del cambiamento climatico.
L’orso polare è stato inserito nella lista rossa dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) tra le specie vulnerabili. Questa classificazione tiene conto di diversi criteri, tra cui la riduzione degli individui in età riproduttiva, la frammentazione della popolazione e la riduzione complessiva della popolazione nelle ultime generazioni. Gli orsi hanno una riproduzione che richiede tempi lenti, infatti, raggiungono la maturità sessuale intorno ai 5 anni, ma iniziano a riprodursi intorno agli 8/9 anni. I cuccioli vengono poi svezzati intorno ai 3 anni, quindi la femmina ha un nuovo parto non prima di quel momento. Diventa quindi di fondamentale importanza tutelare le mamme e i loro cuccioli, soprattutto nei primi momenti di vita che sono i più critici. I cuccioli di orso polare nascono tra novembre e gennaio in tane nascoste sotto la neve. Alla nascita sono ciechi, pesano poco più di un chilo e hanno solo un leggero strato di pelo per proteggerli dal freddo. Le mamme e i loro cuccioli rimangono nella tana fino alla primavera, quando i piccoli sono finalmente abbastanza grandi per sopravvivere alle condizioni climatiche dell’Artico.
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