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Ai nostri giorni il petrolio è la fonte energetica più importante e per alcune applicazioni è insostituibile, ma fino a quando riuscirà a far fronte alla crescente domanda di energia? Arriverà il giorno in cui la produzione di petrolio raggiungerà un picco per poi inesorabilmente diminuire con un conseguente aumento dei prezzi. 
La distribuzione dei principali bacini petroliferi nel mondo non è uniforme, ma non è nemmeno casuale. Dipende, infatti, dalle condizioni geologiche necessarie alla formazione di grandi giacimenti e dalle difficoltà di esplorazione e di ricerca in aree isolate e poco conosciute, come le zone caratterizzate da condizioni ambientali particolarmente severe (le vaste aree della Siberia, le aree di foresta pluviale del Sud America e aree offshore profonde). La storia geologica del nostro Paese è molto complessa e ha dato alla penisola un assetto strutturale e sedimentario complicato e assai poco “tranquillo”. Questo non ha favorito la formazione di grandi ed estesi bacini petroliferi ma ha creato localmente situazioni favorevoli alla formazione di numerose province petrolifere di una certa importanza, anche se di non grande estensione.

Gli idrocarburi non convenzionali sono una famiglia costituita da composti molto diversi tra loro, ma tutti accomunati da una densità e una viscosità elevate.

Si considerano “greggi pesanti” gli oli con densità API (American Petroleum Institute) inferiore a 25°, mentre gli oli definiti viscosi hanno una viscosità >50 cP (centiPoise; 10 Poise = 1 Pascal/s). Gli idrocarburi con viscosità >10.000 cP e densità <10° API (quindi più densi dell’acqua) vengono definiti “extrapesanti”. Quest’ultima categoria comprende anche i bitumi estratti da sabbie e argille o scisti bituminosi. Gli idrocarburi pesanti sono anche caratterizzati da un contenuto importante in elementi estranei, come zolfo (presente con percentuali fino al 6-8%), azoto e metalli pesanti, in particolare nichel e vanadio: tutti questi componenti possono creare problemi in fase di raffinazione e lavorazione e causare inquinamenti ambientali. Gli idrocarburi non convenzionali si trovano in genere a profondità modeste (<1.000 m), raramente al di sotto dei 3.000 m, poichè le alte temperature riducono la viscosità; molto spesso i reservoir sono arenarie ad elevata porosità. In genere, gli idrocarburi pesanti sono sempre presenti sul fondo dei reservoir, dove costituiscono una parte importante delle riserve, ma possono anche ritrovarsi concentrati quando gli idrocarburi, migrando dalla roccia madre dove sono stati prodotti (nella cosiddetta “finestra ad olio” tra i 3.500 e i 4.500 m di profondità), vengono sottoposti a processi di degradazione e alterazione (per esempio ad opera di batteri) o a processi di evaporazione e dilavamento delle frazioni più leggere e pregiate. Molto spesso si ritrovano in grandi quantità in bacini fluviali superficiali (come, per esempio nel bacino dell’Orinoco, in Venezuela), ed è proprio in questi luoghi che si concentrano le ricerche.

Le sabbie bituminose

Con il termine di “sabbie bituminose” (bituminous sand, tar sand e oil sand) si intendono depositi sabbiosi non cementati ad elevata porosità che contengono oli viscosi non mobili. Il più grande accumulo conosciuto si trova nella regione di Alberta (Canada), con accumuli di olio che superano i 60 m di spessore, a profondità comprese tra 0 e 600 m, in sabbie porose. L’olio prodotto è ad alto contenuto di zolfo, con viscosità elevatissima (2 x 106 cP).

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Gli scisti e le argille bituminose

Le argille ricche di sostanza organica sono le più comuni rocce madri e molte argille (oil shale) possono contenere elevate quantità di sostanza organica non ancora trasformata completamente in idrocarburi (kerogene), dispersa in piccole particelle o concentrata in lenti e lamine sottili: il kerogene è tipico delle rocce madri che non sono mai state sepolte a profondità sufficienti alla generazione di idrocarburi. 

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Riserve stimate

Le stime di quanto si trova nel sottosuolo non sono facili, ma si ritiene che nelle rocce sedimentarie del mondo ci siano probabilmente 1,8 x 1012 m3 (circa 12 x 1012 barili) di petrolio liquido. Gli idrocarburi liquidi, pur appartenendo tutti alla medesima famiglia, sono di diversa natura, costituiti da composti con diverse caratteristiche chimiche e fisiche: oli, oli pesanti, bitumi e oli molto pesanti.

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Dove si trovano

Lo sfruttamento su larga scala degli idrocarburi non convenzionali è iniziato negli anni ’80. Le ricerche sono partite (in realtà ben prima degli anni ’80) in California, Venezuela e Canada, considerati i Paesi pionieri della ricerca in questo campo. Il Canada, per esempio, ha investito moltissimo in questo tipo di ricerca fin dagli anni ’70.

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Un po’ di storia

Asfalti, bitumi e oli pesanti non sono una scoperta recente, anzi, si può dire che siano stati i primi idrocarburi ad essere utilizzati dall’uomo. Fin dai primordi della storia dell’uomo, sono stati infatti utilizzati per gli usi più svariati: come materiale sigillante e impermeabilizzante per imbarcazioni e tetti delle case, come colla, come combustibile per lucerne e lampade, come medicamento per ferite. 

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La produttività di un giacimento petrolifero dipende da diversi fattori, come la permeabilità delle rocce del reservoir, la pressione all’interno del giacimento o la viscosità e la densità degli idrocarburi che contiene: a causa di questi fattori limitanti, non è possibile estrarre tutti gli idrocarburi presenti in un reservoir, ma soltanto una percentuale di questi. Il “fattore di recupero” è un importante indice che permette di valutare la percentuale di idrocarburi che possono essere estratti in modo economicamente vantaggioso. Forse non molti sanno che con le più conosciute ed economiche tecnologie attualmente in uso la percentuale di recupero è sorprendentemente bassa: raramente supera il 50%. Questo significa che nei giacimenti conosciuti è rimasta più o meno la stessa quantità di idrocarburi finora estratta nella storia dello sfruttamento petrolifero: una quantità enorme, che, se resa in qualche modo disponibile, ci permetterebbe di spostare nel tempo il temutissimo momento in cui le riserve di combustibili fossili inevitabilmente finiranno.

Inoltre, fino ad ora gli idrocarburi sono stati disponibili in quantità sufficienti a far fronte alle richieste, e soltanto quelli di migliore qualità, i più leggeri e fluidi, sono stati estratti e utilizzati: una grandissima parte degli idrocarburi non ha le caratteristiche idonee ai trattamenti di raffinazione, essendo troppo densi, troppo pesanti, troppo viscosi o ricchi di sgradite impurità, come lo zolfo o i metalli pesanti. Tuttavia, la nostra economia e la nostra produzione energetica sono necessariamente ancora basate sui combustibili fossili, e la necessità di disporre di questa (per il momento) irrinunciabile fonte energetica ha intensificato i programmi di ricerca e sviluppo, inducendo gli istituti di ricerca e le principali compagnie petrolifere a dedicare attenzione a quello che alcuni già definiscono (scherzosamente, ma non troppo!) il “fondo del barile”.

Le tecnologie per l’estrazione

Il concetto base per il recupero degli oli non convenzionali è che occorre far muovere gli idrocarburi, densi e poco mobili, verso il pozzo di estrazione. Questo viene ottenuto in diversi modi: aumentando la permeabilità della roccia del reservoir, creando artificialmente gradienti di pressione nel giacimento, oppure aumentando la mobilità degli oli riducendone la viscosità.

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Trattamenti per idrocarburi speciali

In Estonia, le oil shale vengono bruciate direttamente per il funzionamento di centrali termoelettriche, ma questo è uno dei pochi esempi di utilizzo diretto degli oli non convenzionali. Normalmente gli idrocarburi pesanti non possono essere utilizzati negli impianti di raffinazione convenzionali: sono troppo densi e viscosi, e contengono elevate quantità di sostanze come zolfo o metalli pesanti. Richiedono un trattamento preventivo, detto upgrading, che li trasformi in idrocarburi più leggeri, depurandoli nel contempo dalle sostanze più nocive.

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Potenziali sviluppi

I costi di estrazione e trattamento degli idrocarburi non convenzionali sono intorno ai 10 - 20 $ al barile in più rispetto agli idrocarburi convenzionali: di questi costi, circa la metà sono relativi al miglioramento delle qualità degli idrocarburi (upgrading). Non si tratta, quindi, di una fonte economicamente vantaggiosa e il suo impiego non è destinato a far scendere il prezzo del petrolio. Tuttavia, si tratta di una riserva abbondante che garantirà nel prossimo futuro una produzione costante di idrocarburi.

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Petrolio Junior

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