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L’idrogeno che serve per produrre energia è l’idrogeno molecolare, gassoso con formula H2. È una molecola nota da più di 200 anni e quando brucia libera energia producendo soltanto acqua. Però sulla Terra non esistono giacimenti di idrogeno molecolare, così come invece accade per i combustibili fossili: è una molecola abbondante in natura ma solo combinata con altri atomi a formare, ad esempio, acqua o metano. Per il semplice fatto che sulla Terra non c’è, l’idrogeno non è una fonte primaria di energia e se lo si vuole usare è necessario produrlo, consumando energia. In ogni caso, solo quando sarà prodotto in modo sufficientemente economico potrà essere utilizzato come vettore energetico e solo dopo aver risolto i problemi legati al fatto che è un gas difficile da trasportare, immagazzinare e usare.

L’idrogeno naturale è un gas incolore, inodore e non è velenoso. È molto leggero, addirittura 14,4 volte più leggero dell’aria. Per questo motivo, l’idrogeno allo stato elementare non si trova sulla Terra, perché si disperde nello spazio, mentre è l’elemento più abbondante nell’Universo. Si stima che nella crosta terrestre rappresenti solo lo 0,9% rispetto all’insieme di tutti i componenti. Allo stato elementare si trova, per esempio, nelle emanazioni vulcaniche, nelle fumarole, nelle sorgenti petrolifere. L'idrogeno è presente, combinato con altri elementi, in molti composti come l’acqua, le sostanze minerali, gli idrocarburi e le molecole biologiche. Pertanto, se si vuole avere l’idrogeno naturale, è necessario estrarlo dalle sostanze che lo contengono, consumando molta energia. L’idrogeno non è, per tale ragione, una fonte primaria di energia, ma un "vettore energetico", ovvero una forma di energia che non si trova direttamente in natura (come accade, invece, per il gas naturale, il petrolio o il carbone).

Allo stato gassoso è un buon combustibile: quando viene bruciato produce una quantità di calore, espressa in Joule al chilogrammo, che è 2,6 volte superiore rispetto a quella prodotta bruciando il metano.

Quando viene a contatto con la maggior parte dei metalli elementari forma idruri, ossia dei composti solidi, rendendoli così più fragili.

Se lo si raffredda alla temperatura di –253 gradi centigradi, l'idrogeno diventa liquido e, in questo stato, non reagisce più in modo chimico con i metalli. Per questo motivo, mentre allo stato gassoso è difficoltoso utilizzare tubature metalliche per trasportarlo, è più facile se lo si trasforma in liquido. 

Produzione da fonti fossili

Le tecnologie di produzione dell’idrogeno a partire dai combustibili fossili sono mature e ampiamente utilizzate, anche se vanno ottimizzate da un punto di vista economico, energetico e di impatto ambientale.
Tali processi prevedono la produzione del gas idrogeno attraverso successivi stadi di raffinazione e di frazionamento delle molecole degli idrocarburi fino alla completa eliminazione del carbonio.

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Produzioni da biomasse

Nella produzione di idrogeno da biomasse nessuno dei processi proposti ha ancora raggiunto la maturità industriale. Una delle tecniche utilizzate per ottenere idrogeno dalle biomasse è quella della pirolisi, un processo che per mezzo della decomposizione termica, spezza le molecole complesse delle sostanze organiche in elementi semplici, separati.

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Produzione dall’acqua

L’idrogeno può essere prodotto dall’acqua scindendo la molecola della stessa nei suoi componenti (idrogeno e ossigeno) attraverso diversi processi, tra i quali quello più consolidato è l’elettrolisi.
L’elettrolisi consiste nella scissione dell’acqua mediante l’utilizzo di energia elettrica secondo la reazione: acqua più energia elettrica uguale idrogeno più ossigeno.

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Un po’ di storia

L’utilizzo dell’idrogeno come combustibile era già conosciuto nella metà del secolo scorso. Infatti, fino agli anni Cinquanta, nelle grandi città italiane e, ancora oggi in alcune città europee, viene distribuito il cosiddetto “gas di città” per il riscaldamento delle case. Questo gas è costituito da una miscela di idrogeno (circa il 50%) e ossido di carbonio, ottenuto facendo reagire il carbone con vapore d’acqua.

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Oltre a dover essere prodotto, l'idrogeno deve essere trasportato e conservato nei luoghi di consumo. Queste attività si rivelano particolarmente difficoltose, a causa delle caratteristiche di questo gas. Esso, infatti, è infiammabile, poco denso e si disperde nell’aria con molta facilità.

La conservazione e il trasporto sono quindi aspetti che rendono ancora difficile l’utilizzo dell’idrogeno su vasta scala. Negli ultimi anni sono stati studiati e messi a punto diversi sistemi di stoccaggio sempre più efficienti e adatti a tutte le applicazioni.

L’idrogeno può essere accumulato e trasportato in forma gassosa, liquida oppure adsorbito su materiali speciali; ogni forma presenta aspetti favorevoli e svantaggi e tutte, se pur in gran parte già utilizzate, richiedono significativi sforzi di ricerca e sviluppo per un impiego su larga scala affidabile e economicamente competitivo (quindi, per esempio, per costruire una rete adeguata al rifornimento degli autoveicoli).

L’accumulo di idrogeno compresso

Il modo più semplice ed economico per accumulare idrogeno è di utilizzarlo sotto forma di gas compresso a pressione di 200-250 bar (e oltre). Le bombole con gas compresso rappresentano il sistema di trasporto più semplice ma limitato dal fatto che l’idrogeno necessita di contenitori molto voluminosi, fino a tre volte più grandi rispetto a quelli utilizzati per il metano e dieci volte rispetto a quelli per la benzina.

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L’accumulo di idrogeno liquido

Per ovviare alla necessità di utilizzare grandi contenitori si può ricorrere all’idrogeno liquido, dato che in questo stato occupa un volume minore rispetto al metano. Ma anche questo metodo presenta delle difficoltà: l'idrogeno diventa liquido a -253 gradi centigradi e per mantenerlo in questo stato occorrono serbatoi speciali e un grande dispendio di energia. 

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L’accumulo chimico

Altre tecnologie sfruttano la capacità dell’idrogeno di legarsi a composti chimici o a metalli per facilitarne l’accumulo e il trasporto.  L’idrogeno può legarsi chimicamente con diversi metalli e leghe metalliche formando idruri, composti in grado di intrappolare idrogeno a pressioni relativamente basse (il gas penetra all’interno del reticolo cristallino del metallo) e di rilasciarlo ad alte temperature.

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Accumulo in nanostrutture

Una tecnologia recentissima e ancora sperimentale per l’accumulo dell’idrogeno riguarda l’utilizzo di nanostrutture di carbonio (nanotubi e nano fibre di carbonio), strutture microscopiche di fibre di carbonio che permettono di immagazzinare al loro interno una certa quantità di idrogeno.

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La distribuzione

A seconda delle quantità interessate, l’idrogeno può essere trasportato per mezzo di autocisterne o con idrogenodotti. Fra le due possibilità, entrambe praticabili con le tecnologie attuali, esistono grosse differenze di costo e quindi solo analisi tecnico-economiche per le singole applicazioni possono determinare quale sia di volta in volta la soluzione migliore.

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Idrogeno Junior

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