Il DNA fu isolato per la prima volta dal biochimico svizzero Friedrich Miescher nel 1869. Fu un’operazione geniale ma non complicata, si può estrarre DNA da una poltiglia di cellule qualsiasi, anche le proprie, anche in casa. La ricetta dell’esperimento è davvero molto semplice e si trova alla fine di questa storia.
La struttura del DNA fu rivelata soltanto un secolo più tardi, nel 1953 dall’americano James Watson e dall’inglese Francis Crick che per questo vinsero il Nobel nel 1962 insieme a Maurice Wilkins, un altro ricercatore.
No, non è andata proprio così.
Mentre Watson e Crick lavoravano alla struttura del DNA nel Dipartimento di Fisica dell’Università di Cambridge, una giovane collega di Wilkins faceva cristalli bellissimi al King’s College nell’Università di Londra: si chiamava Rosalind Franklin.
La cristallografia a raggi X è una formidabile tecnica di indagine che permette di studiare la disposizione degli atomi e delle molecole in un cristallo microscopico. Alcune sostanze formano cristalli spontaneamente, come il sale, lo zucchero o il quarzo, altre, come le proteine o il DNA, cristallizzano solo grazie a procedure raffinate e spesso molto lente. Il buon cristallografo deve avere una precisione estrema e una pazienza infinita, doti nelle quali Rosalind eccelleva. Nel 1951 riuscì a ottenere e a fotografare un cristallo di DNA. Quelle foto a raggi X erano straordinariamente definite e una in particolare, la numero 51, permise a Rosalind di dedurre che nel DNA c’erano due filamenti appaiati. Ma i rapporti della scienziata con Wilkins erano pessimi. Lei era donna, brillante, determinata e pure ebrea, troppo per quell’ambiente conservatore e maschilista. Nel libro La doppia elica del 1968. Watson racconta la scoperta da Nobel e a proposito di Rosalind scrive: “Il vero problema era Rosy. Non si poteva evitare il pensiero che la migliore casa per una femminista fosse nel laboratorio di un’altra persona.” Maurice Wilkins parlava di lei in termini poco lusinghieri e non esitò a sottrarle una copia della foto numero 51 per mostrarla a Watson e Crick. Quando questi videro l’immagine trasalirono: era la prova che la struttura avvitata a doppio filamento che avevano soltanto ipotizzato era corretta. Quando nel ‘53 Watson e Crick annunciarono al mondo la loro scoperta, Rosalind sinceramente compiaciuta si complimentò con loro. Non seppe mai del suo ruolo fondamentale nella descrizione della struttura del DNA. Morì nel 1958 a soli 37 anni per un tumore probabilmente causato dalla continua esposizione ai raggi X senza una protezione adeguata. I meriti della Franklin furono parzialmente riconosciuti molti anni dopo la sua morte. Nell’ultimo capitolo de La doppia elica, Watson scrive: “Quasi tutte le persone di cui si parla in questo libro sono vive […], se lo desiderano possono precisare avvenimenti e particolari […]. Ma una sfortunatamente non può più farlo: Rosalind Franklin […] eravamo giunti ad apprezzare profondamente la sua onestà e la sua generosità, rendendoci conto, troppo tardi, delle lotte che una donna intelligente deve affrontare per essere accettata nel mondo scientifico, che spesso considera le donne nulla più che un piacevole diversivo dal lavoro serio. [Rosalind] continuò a dare il meglio di sé fino a poche settimane prima di morire.”
Un libro biografico e un film con Nicole Kidman nei panni della scienziata raccontano la vicenda.
A cura di Andrea Bellati