Il riscaldamento globale arriva in fondo al mare e scombussola i delicati equilibri ecosistemici. L’aumento della temperatura dell’acqua, infatti, ha un forte impatto sulla biodiversità negli ecosistemi marini. Un gruppo di ricercatori australiani e neozelandesi ha individuato la soglia di rischio, affermando in un articolo pubblicato su PNAS che: “la ricchezza di specie marine si livella o diminuisce nelle fasce latitudinali con temperature medie annuali della superficie del mare superiori a 20°C”.
Gli autori dello studio hanno raccolto dati su un arco temporale che va dal 1955 al 2015, creando un database imponente, contenente circa 7 milioni di dati relativi a più di 48.000 specie animali marine. Grazie all’analisi di questi dati, i ricercatori hanno compreso che, a causa del riscaldamento globale, le specie animali che popolano gli ecosistemi marini si stanno spostando verso i poli, quindi verso acque più fredde. Questo spostamento interessa in particolar modo le specie di pesci che vivono in acque superficiali, mentre le specie che popolano i fondali marini hanno mostrato meno propensione allo spostamento di areale. La causa di questi spostamenti, però, non è soltanto l’aumento della temperatura dell’acqua. Un contributo decisivo arriva dagli eventi climatici estremi, come per esempio ondate di calore marine (per ondata di calore marino si intende un aumento di temperatura dell’acqua in maniera estrema per almeno 5 giorni consecutivi).
Lo studio sottolinea un dato importante per capire l’urgenza di agire per mitigare questi cambiamenti in atto. Gli oceani si riscaldano più lentamente rispetto alla superficie terrestre. Il riscaldamento globale dei mari, nel 2020, secondo dati NOAA ha toccato i +0,76°C rispetto alla media dei 100 anni precedenti. Le stime sul global warming terrestre variano, ma sono tutte superiori a 1°C. Ciò nonostante, le specie animali marine stanno reagendo prima e in modo più drastico di quelle terrestri.