Domenica 31 ottobre a Glasgow (Scozia) è iniziata la COP26, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, cui partecipano quasi 200 paesi del mondo, con l’obiettivo di impegnarsi in iniziative condivise per contrastare i cambiamenti climatici. L’incontro è stato avviato con una serie di dichiarazioni ufficiali da parte degli organizzatori e del governo del Regno Unito, che ha il compito di ospitare e coordinare le attività delle delegazioni. È stato un inizio formale, in attesa dell’arrivo di tutti i capi di stato e leader di governo, ma ha già consentito di farsi un’idea sulle sfide e i negoziati dei prossimi giorni.
Il primo discorso è stato quello di Boris Johnson, premier britannico, padrone di casa alla Cop26. Johnson ha ricordato che siamo a «un minuto dalla mezzanotte, nell’orologio dell’Apocalisse», e ha ribadito che «esistono le tecnologie e i soldi» per vincere il cambiamento climatico: «serve la volontà». Johnson si è poi rifatto anche alle parole dell’attivista Greta Thunberg, affermando che dopo l’Accordo di Parigi del 2015 il mondo ha fatto troppo «bla bla bla» sul fronte della lotta al cambiamento climatico: «Ora è il momento di agire». Patricia Espinosa, responsabile della Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici, ha detto che i governi alla COP26 hanno davanti due scelte: impegnarsi a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra oppure rassegnarsi all’idea che «l’umanità abbia di fronte un futuro desolante su questo pianeta. […] Ed è per questi motivi e per altri ancora che dobbiamo fare qualche progresso qui a Glasgow: dobbiamo renderlo un successo».
Nonostante i discorsi incoraggianti dei vari membri dell’ONU e dei leader dei diversi Paesi partecipanti, le premesse non sono molto incoraggianti. Il G20, l’incontro tra i 20 paesi economicamente più avanzati (e tra i più inquinanti al mondo) tenutosi a Roma, è stato segnato dalla mancanza in presenza dei presidenti di Cina e Russia, due fra i maggiori emettitori di CO2 a livello globale. Inoltre, questo G20 non ha portato a chiari e netti impegni sul fronte del clima.
Commentando l’avvio della COP26, il primo ministro britannico Boris Johnson ha affermato che: «Se Glasgow fallisce, fallisce l’intero progetto». Ha aggiunto che i leader mondiali devono passare dall’esprimere «le loro aspirazioni, all’azione», perché l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 °C contenuto nell’Accordo di Parigi del 2015 rischia di non essere raggiunto.