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Alieni urbani

28 marzo 2021
5 min di lettura
28 marzo 2021
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Quando portate a spasso il cane nei giardini sotto casa o durante una passeggiata in un parco in città, vi siete mai chiesti a quale specie appartengono gli alberi che vi circondano? E’ molto probabile che siate passati accanto a qualche acero americano (Acer negundo) o robinia (Robinia pseudoacacia), che abbiate osservato le fioriture dei ciliegi tardivi (Prunus serotina) o qualche bell’esemplare di quercia rossa (Quercus rubra) o cedro dell’Himalaya (Cedrus deodara). Questi sono soltanto alcuni esempi di specie aliene (dette anche specie alloctone o esotiche), ovvero vegetali (o animali) introdotti accidentalmente o deliberatamente dagli esseri umani in luoghi al di fuori del loro habitat naturale originario. In molti casi le specie alloctone si adattano a stento al nuovo ambiente e si estinguono rapidamente, ma altre volte riescono a sopravvivere, riprodursi e insediarsi. A volte ci riescono talmente bene da diventare una vera e propria minaccia, arrecando gravi danni non solo agli ecosistemi ma anche alle attività agricole e zootecniche, causando una riduzione della biodiversità locale, provocando anche effetti sulla salute umana (es. allergie).

Le specie alloctone, a secondo del successo con cui si riproducono nel nuovo territorio di introduzione, possono essere classificate in casuali, naturalizzate e invasive. Casuali sono quelle specie esotiche che possono fiorire e anche riprodursi occasionalmente in un’area, ma non formano popolazioni in grado di auto-mantenersi nel tempo e dipendono pertanto da reiterate introduzioni per poter persistere. Naturalizzate sono quelle specie esotiche che si riproducono efficacemente senza l’intervento dell’uomo, formando popolazioni in grado di persistere nel tempo per parecchie generazioni. Invasive sono quelle specie esotiche che sono divenute naturalizzate e rappresentano, o hanno il potenziale per rappresentare, una minaccia per la biodiversità attraverso la capacità di riprodursi con successo, diffondendosi a considerevole distanza e colonizzando vaste aree in cui rimpiazzano la flora nativa (autoctona).

Molte specie esotiche invasive che ritroviamo nei parchi e giardini urbani sono state introdotte volontariamente per scopi ornamentali e florovivaistici legati al verde urbano. L’ambiente urbano, inoltre, rappresenta un luogo ideale per ospitare una vegetazione alloctona invasiva. Infatti, la continua presenza di aree disturbate per movimenti in terra, di manutenzioni stradali, cantieri, realizzazioni o sistemazioni di infrastrutture, manutenzioni di aree verdi, ecc., favorisce la diffusione di queste specie che, in tali condizioni di disturbo, trovano il loro optimum ecologico e competono con più successo rispetto alla nostra flora autoctona.

Tra le specie alloctone che rappresentano una minaccia sul territorio italiano si possono citare la vite del Canada (Parthenocissus quinquefolia), l’albero delle farfalle (Buddleja davidii), l’acero americano (Acer negundo), la quercia rossa americana (Quercus rubra), il fiore di loto (Nelumbo nucifera), il caprifoglio giapponese (Lonicera japonica), la palma cinese (Trachycarpus fortunei), la pueraria (Pueraria lobata), il poligono giapponese (Reynoutria japonica). La maggior parte di queste specie proviene dalle Americhe e dall’Asia. Gli organismi originari di aree molto distanti da noi, quindi, non si limitano a quelli che hanno costituito il nostro pasto di ieri sera – tacchino, fagiolini, pomodori e patate – né alla trota arcobaleno e ai germogli di soia che conserviamo in frigorifero per la cena di questa sera, ma sono ormai parte integrante dell’ambiente che ci circonda. Vediamo di seguito qualche esempio.

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La robinia, un albero deciduo proveniente dal Nord America, fu introdotta in Francia da Jean Robin nel 1601 come pianta ornamentale. In Italia è stata introdotta a partire dal 1662, quando iniziò a essere coltivata presso l’Orto Botanico di Padova. Fu subito apprezzata per le qualità ornamentali dei fiori e del fogliame, la rapida crescita e il  vigore del sistema radicale. Inizialmente la robinia è stata utilizzata a scopo ornamentale, piantata nei parchi e lungo i viali; in seguito è stata impiegata per il controllo dell’erosione del suolo e in opere di riforestazione. Oggi è diffusa ampiamente in gran parte d’Europa e in Italia rappresenta una delle specie invasive più diffusa in tutto il territorio. La robinia, infatti, modifica la struttura e la composizione della vegetazione delle aree invase: nei boschi causa perdita di biodiversità in quanto soppianta le specie legnose autoctone (es. pioppi e salici).

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Importato in Europa per la bellezza della sua fioritura, il ciliegio tardivo non è da meno della robinia. Dei suoi frutti sono ghiotti molti uccelli, che favoriscono così la diffusione dei semi e la nascita di nuove popolazioni, che hanno la meglio sulle specie autoctone (cioè originarie), con evidente perdita di biodiversità e degrado del patrimonio forestale. Attualmente è molto comune in Italia settentrionale ed è considerata una delle piante legnose più invasive in Pianura Padana.

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Il cedro dell’Himalaya, comune nei parchi e molto apprezzato per la sua bellezza, è un albero maestoso di dimensioni imponenti. Originario dell’Asia centrale, fu introdotto in Europa per scopi ornamentali. A differenza della robinia e del ciliegio tardivo, il cedro si è insediato “pacificamente”, senza creare impatti. Viene quindi considerato una specie esotica naturalizzata.

Gli interventi di mitigazione degli impatti, il ripristino dell’ambiente originario (per quanto possibile), gli interventi di eradicazione delle specie invasive e la prevenzione sono alcune delle strategie in atto per contenere questo fenomeno sempre più in espansione.

A cura di Benedetta Palazzo